Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2397 del 03/02/2021

Cassazione civile sez. III, 03/02/2021, (ud. 06/10/2020, dep. 03/02/2021), n.2397

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33653/2019 proposto da:

O.L., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato Caterina Bozzoli;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1567/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 10/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/10/2020 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – Con ricorso affidato a due motivi, O.L., cittadino (OMISSIS), ha impugnato la sentenza della Corte di Appello di Venezia, resa pubblica il 10 aprile 2019, che ne rigettava il gravame avverso la decisione di primo grado del Tribunale della medesima Città, che, a sua volta, ne aveva respinto l’opposizione avverso il diniego della competente Commissione territoriale del riconoscimento, in via gradata, dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

2. – La Corte territoriale riteneva condivisibile la decisione di primo grado e quanto affermato dalla Commissione territoriale, difettando qualsiasi elemento dal quale desumere i presupposti dell’invocata protezione internazionale, non essendo verosimile il racconto del richiedente e, anche “ammessa la sua verosimiglianza”, non sorretto da prove.

3. – L’intimato Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, depositando unicamente “atto di costituzione” al fine di eventuale partecipazione ad udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. – Con il primo mezzo – in relazione al mancato riconoscimento della protezione internazionale nelle forme dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria – è dedotta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2008, art. 8 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, nonchè “mancanza o apparenza della motivazione” e nullità della sentenza per violazione degli artt. 112,113 e 156 c.p.c., per aver la Corte territoriale omesso ogni riferimento ai fatti e alle prove dedotte da esso appellante, limitandosi genericamente a definire non credibile il suo narrato.

2. – Con il secondo mezzo è dedotta violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, in quanto la Corte territoriale “nulla ha dedotto in punto di mancato riconoscimento della protezione umanitaria pur in presenza di concreti e apprezzabili elementi di integrazione”.

3. – I motivi – da scrutinarsi congiuntamente in quanto connessi per il tenore delle rispettive censure (dovendo intendersi anche quella del secondo motivo volta, nella sostanza (Cass. S.U., n. 17931/2013), a denunciare una motivazione apparente) – sono fondati.

La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 (convertito, con modificazioni, nella L. n. 134 del 2012), deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., S.U., n. 8053/2014).

Si ha motivazione apparente allorquando il giudice di merito, pur indicando gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ne omette qualsiasi approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. (Cass. n. 2067/1998, Cass. n. 9097/2017).

Nella specie (cfr. sintesi al p. 2 del “Rilevato che”), la valutazione della Corte territoriale sulle domande di protezione internazionale avanzate dall’ O. si è limitata ad esprimere la propria adesione alla sentenza di primo grado e alle argomentazioni della Commissione territoriale, senza, tuttavia, riportarne il contenuto, prescindendo da qualsiasi riferimento ai fatti allegati dall’appellante – dei quali non si dà alcuna contezza, così come non si dà contezza specifica dei motivi di gravame -, tanto da adottare una motivazione del tutto astratta, siccome priva di ogni intelligibile aggancio con la fattispecie singolare portata alla sua cognizione.

Nè, del resto, una siffatta motivazione può ritenersi legittimamente resa “per relationem”, in assenza – come detto – di un comprensibile richiamo ai contenuti degli atti cui si rinvia, ai fatti allegati dall’appellante e alle ragioni del gravame, così da risolversi in una acritica adesione ai provvedimenti soltanto menzionati, senza che emerga una effettiva valutazione, propria del giudice di appello, della infondatezza dei motivi di gravame (tra le altre, Cass. n. 20883/2019).

4. – Il ricorso va, dunque accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, che si atterrà, nella delibazione del gravame, ai principi sopra enunciati e provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2021

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