Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23968 del 22/10/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 23968 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

ha pronunciato la seguente

revocazione

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
S.I.M.I. ser.1., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a

margine del ricorso, dagli Avv. Franco Iadanza, Alessandro
Biamonte e Francesco Bellucci, con domicilio presso lo studio
dell’Avv. M. Cristina Marini in Roma, via P.G. da Palestrina,
n. 63;
– ricorrente contro
SOCIETA’ COOPERATIVA S. BIAGIO A R.L., in persona del legale
rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, in forza

di procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv.

4 «’934 r /13

Data pubblicazione: 22/10/2013

Gianluigi Oranges, con domicilio eletto presso lo studio di
quest’ultimo in Roma, via G.B. Vico, n. 22;
– controricorrente –

per la revocazione della sentenza della Corte di cassazione,

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24 settembre 2013 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;
uditi gli Avv. Alessandro Biamonte, Franco Iadanza e Gianluigi Oranges;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Costantino Fucci, il quale ha concluso
per l’inammissibilità e, in subordine, per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
l. – Con citazione notificata il 23 giugno 2000, la cooperativa S. Biagio a r.1., promittente venditrice di un complesso immobiliare posto in Napoli, via Pedamentina a San Martino,
agiva innanzi al Tribunale di Napoli nei confronti della
S.I.M.I. s.r.1., promissaria acquirente, per la risoluzione di
diritto,

ex art. 1457 cod. civ., del contratto preliminare 30

luglio 1999 e della scrittura integrativa, sostenendo che alla
scadenza del 31 gennaio 2000, termine essenziale di stipula
del contratto definitivo di vendita, la predetta società non
aveva provveduto al pagamento del prezzo. Precisava, inoltre,

Sez. Il, 30 aprile 2012, n. 6594.

che, nelle more tra il preliminare e la scadenza del termine
di conclusione del definitivo, la soc. S.I.M.I. era stata immessa nel godimento del complesso Immobiliare promesso in vendita, e che quest’ultimo era stato sottoposto a sequestro pre-

nale di Napoli in quanto ritenuto cosa pertinente ai reati di
cui agli artt. 648-bis cod. pen. e 20, lett. c), della legge
n. 28 febbraio 1985, n. 47, e solo di recente dissequestrato.
La S.I.M.I. s.r.1., nel resistere alla domanda, deduceva
quali cause a suo giudizio incolpevoli ostative
l’adempimento il sequestro preventivo penale dell’immobile e
impedimenti di carattere bancario, espressamente previsti nel
preliminare come fatti non imputabili alla promissaria acquirente, consistenti nel provvedimento del giudice penale che
aveva precluso alla S.I.M.I. e ai suoi soci qualsiasi tipo di
negoziazione bancaria e quindi anche il prelievo di somme. Eccepiva, quindi, che tali provvedimenti penali costituivano
facta principis, come tali escludenti l’imputabilità alla promissaria dell’inadempimento contrattuale, e proponeva domanda
riconvenzionale di esecuzione in forma specifica del contratto
ai sensi dell’art. 2932 cod. civ.
Il Tribunale, respinta quest’ultima domanda, dichiarava la
risoluzione del contratto.
2. – Tale decisione, impugnata dalla S.I.M.I., era confermata con sentenza del l ° ottobre 2008 dalla Corte d’appello di

ventivo penale ex art. 321 cod. proc. pen. dal GIP del Tribu-

Napoli, la quale condivideva l’opinione del giudice di prime
cure, che aveva basato il proprio convincimento sulla considerazione che nella fattispecie non si era verificata, in favore
della soc. S.I.M.I., l’ipotesi patologica rappresentata da “e-

maggiore indipendenti dalla volontà del promesso acquirente
(impedimenti bancari)”. Riteneva, inoltre, inammissibili, in
base al divieto di cui all’art. 345 cod. proc. civ., sia
l’eccezione di non automaticità della decadenza del beneficio
del termine, ai sensi dell’art. 1186 cod. civ., sia la domanda
subordinata di restituzione della caparra e degli acconti sul
prezzo già versati, l’una e l’altra proposte dalla parte appellante.
3. – Con sentenza n. 6594, resa pubblica mediante deposito
in cancelleria il 30 aprile 2012, la II Sezione civile di questa Corte ha rigettato il ricorso, articolato in sei motivi,
della S.I.M.I.
3.1. – In particolare, per quanto qui ancora rileva, la
Corte ha giudicato infondate le censure (il primo, il secondo,
il terzo, il quinto ed il sesto motivo) volte a contestare la
sentenza d’appello nella parte in cui aveva escluso che il sequestro preventivo penale dei conti correnti bancari della società costituisse una causa di impossibilità temporanea della
prestazione.

ventuali ritardi su (..) pagamenti dovuti a causa di forza

La Corte di cassazione ha così motivato il rigetto delle
censure:

AA .

. non pare dubbia la presenza di una causa e-

sterna (atto dell’autorità giudiziaria penale) incidente sul
momento strumentale dell’adempimento, quale, appunto, il repe-

base a quanto emerge dalla sentenza impugnata e alla stregua
degli stessi motivi di impugnazione proposti – che non lamentano una mancata ammissione di mezzi istruttori – è l’offerta
di prova in merito alla non imputabilità remota alla società
debitrice della predetta

causa arresti.

La sola e pacifica

circostanza del sequestro e del successivo dissequestro dei
conti correnti bancari (dopo la scadenza del termine fissato
per la stipula del contratto definitivo: v. narrativa della
sentenza d’appello, riproduttiva in parte qua

dello svolgimen-

to del fatto riportato nella decisione di primo grado), non
determina in automatico alcuna allegazione del dato mancante,
cioè del carattere non imputabile dell’impossibilità temporanea di adempiere, sotto la specie della diligenza impiegata in
concreto sia per evitare che sorgesse, sia per rimuovere tempestivamente l’ostacolo all’adempimento. Responsabilità penale
e responsabilità civile hanno, infatti, ambiti e presupposti
diversi, sicché la smentita della prima trae punto
l’esclusione della seconda, che se ne differenzia poiché per
sua natura eccede il minimo etico esigibile. L’obbligo di diligenza si assolve non in negativo, mediante la generica a-

– 5 –

rimento della provvista. Ciò che manca del tutto, invece, in

stensione dall’illecito, ma in positivo, attraverso una condotta esente da rischi estranei a quelli connaturati
all’impresa, lineare nella scelta degli obiettivi economici
perseguiti e, trattandosi di ente collettivo, prudente nella

dell’amministrazione e del controllo societario. Assente, nella specie, tale allegazione tematica decisiva, non avendo
l’odierna ricorrente offerto di provare nel giudizio di merito
nulla di quanto sopra, non sorge l’obbligo motivazionale di
cui la medesima parte lamenta, senza fondamento, l’omissione”.
4. – Per la revocazione della sentenza di questa Corte la
società S.I.M.I. ha proposto ricorso, con atto notificato il
10 dicembre 2012, sulla base di un motivo.
Ha resistito, con controricorso, la cooperativa S. Biagio.
La cooperativa controricorrente ha depositato una memoria
illustrativa in prossimità dell’udienza.
Considerato in diritto

l. – Con l’unico mezzo (violazione degli artt. 395, n. 4,
e 391-bis cod. proc. civ.) la ricorrente denuncia che
l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, circa il
difetto dell’allegazione del dato mancante, cioè del carattere
non imputabile dell’impossibilità temporanea di adempiere
(sotto la specie della diligenza impiegata in concreto sia per
evitare che sorgesse, sia per rimuovere tempestivamente
l’ostacolo all’adempimento), sarebbe frutto di un errore di

selezione delle persone fisiche depositarie

fatto, di una svista di carattere materiale, risultante dagli
atti o dai documenti di causa. Siffatta allegazione – al contrario di quanto ritenuto dalla Corte – sarebbe stata provata
e avrebbe formato oggetto di disamina, cosicché giammai la ri-

sione di mezzi istruttori. Infatti – si sostiene – “a pag. 7
del ricorso per cassazione è fatto riferimento ad una istanza
di dissequestro (culminata in un provvedimento di rigetto
del’aprile 2011) formulata nell’interesse degli indagati (elemento fattuale, invece, ritenuto insussistente sul piano materiale dalla sentenza oggi impugnata)”: e questa circostanza
sarebbe sintomatica, appunto, “di una diligenza ineccepibile
sul piano della volontà di rimuovere ‘tempestivamente’
l’ostacolo all’adempimento”.
2. – Non è configurabile il lamentato vizio revocatorio.
L’errore di fatto rilevante ai fini della revocazione della sentenza, compresa quella della Corte di cassazione, deve
essere essenziale e decisivo, nel senso che, in sua assenza,
la decisione sarebbe stata diversa (v., tra le tante, Cass.,

corrente avrebbe potuto e dovuto lamentare la mancata ammis-

Sez. VI-1, 25 marzo 2013, n. 7413).
Nella specie, la sentenza impugnata – dopo avere premesso
che il factum principis non basta, di per sé solo, a giustificare l’inadempimento e a liberare l’obbligato inadempiente da
ogni responsabilità, essendo necessario che l’ordine o il divieto dell’autorità sia configurabile come un fatto totalmente

oy

estraneo alla volontà dell’obbligato e ad ogni suo obbligo di
ordinaria diligenza – ha sottolineato che la società debitrice
non ha dato la prova del fatto che il sequestro dei conti correnti bancari non fosse stato determinato dal comportamento

persone fisiche depositarie dell’amministrazione e del controllo societario. La prova della non imputabilità remota alla
società debitrice della predetta causa arresti presupponeva secondo quanto inoppugnabilmente emerge dalla sentenza di questa Corte – che fosse dimostrata la diligenza impiegata in
concreto per evitare che sorgesse l’ostacolo all’adempimento.
Ora, il supposto errore che la ricorrente addebita alla
sentenza impugnata – non avere essa tenuto conto dell’elemento
fattuale rappresentato dall’istanza di dissequestro formulata
nell’interesse degli indagati, assuntivamente significativo di
una diligenza sul piano della volontà di rimuovere

tempestiva-

mente l’ostacolo all’adempimento – non tocca affatto il profilo della richiesta diligenza, a monte, nell’evitare che il sequestro sorgesse.
Il permanere di questa concorrente ratio decidendi impedisce la configurabilità stessa dell’errore revocatorio. Tra la
percezione asseritamente erronea da parte del giudice di legittimità e la decisione emessa non sussiste quel nesso causale tale che senza l’errore la sentenza sarebbe stata, per necessità logico-giuridica, diversa.

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colposo e scarsamente diligente tenuto dalla S.I.M.I. e dalle

E’ evidente, pertanto, che il ricorso mira, inammissibilmente, a reintrodurre il

thema decidendum originario, al fine

di sollecitare una revisione del precedente giudizio di legittimità.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e

condanna la

ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla
controricorrente, che liquida in complessivi euro 10.200, di
cui euro 10.000 per compensi, oltre ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II
Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 24 settembre 2013.

3. – Il ricorso è inammissibile.

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