Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23968 del 12/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 12/10/2017, (ud. 12/09/2017, dep.12/10/2017),  n. 23968

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6452/2016 proposto da:

FLLI BELTRAMI SRL, in persona dell’amministratore unico e legale

rappresentante Z.A., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO

VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO

SCOGNAMIGLIO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

MARCO BENITO SALOMONE, ALDO ANGELO DOLMETTA, ALBERTO TEDOLDI, LIVIO

TARTAGLIONE, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A-LEASING SPA, in persona dell’Amministratore Delegato Rag.

C.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCELLO VASCELLARI

giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2658/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 13/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/09/2017 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. MISTRI Corrado, che ha chiesto

il rigetto del ricorso.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

l’opposizione al decreto ingiuntivo per Euro 840.653,95 conseguito, su ricorso 06/12/2010, da A-Leasing spa in danno di F.lli Beltrami srl fu respinta dal tribunale di Treviso con sentenza n. 1264 del 28/05/2014, ma la soccombente interpose appello;

la notifica del relativo atto di impugnazione al procuratore costituito in primo grado (avv. Nicola Vascellari) fu tentata – con avvio della relativa operazione a mezzo posta in data 30/12/2014, scadendo il termine ordinario o lungo il 13/01/2015 – al domicilio eletto come da mandato adietto al ricorso, ma non andò a buon fine, poichè l’ufficiale postale restituì il plico annotando l’avvenuto trasferimento del domiciliatario (avv. Maldari) dal luogo indicato (via dei Dall’Oro 29 Treviso); seguita solo un’informale comunicazione a mezzo posta elettronica, da parte di chi si addusse essere collaboratore dei procuratori dell’appellante, dell’atto di appello, la corte territoriale, nonostante l’avvenuta costituzione dell’appellato, dichiarò inesistente la notifica di quello e, quindi, inammissibile il gravame, condannando la F.lli Beltrami, appellante, alle spese;

questa ricorre oggi, affidandosi a tre motivi, per la cassazione di tale sentenza, pubblicata il 13/11/2015 col n. 2658; resiste con controricorso la A-Leasing spa; e, per l’adunanza in camera di consiglio non partecipata del 12/09/2017, il Pubblico Ministero deposita le sue conclusioni scritte (di rigetto del ricorso) ed entrambe le parti una memoria ai sensi, rispettivamente, del secondo e del terzo periodo dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1 (inserito dal del D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. f), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197).

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

la ricorrente si duole, riferendo tutte le censure dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4: a) col primo motivo, di violazione e falsa applicazione dell’art. 330 c.p.c. e del R.D. n. 37 del 1934, art. 82; b) col secondo motivo, di violazione e falsa od omessa applicazione degli artt. 160,156,161 e 291 c.p.c.; c) col terzo motivo, di violazione ed omessa applicazione della L. n. 890 del 1982, art. 9 e dell’art. 153 c.p.c., comma 2;

la prima censura è inammissibile, perchè la ratio decidendi non risiede affatto nell’erronea sussunzione della fattispecie processuale entro una piuttosto che altra delle ipotesi previste dall’art. 330 c.p.c., ma – come correttamente osserva la controricorrente – nell’esclusione del perfezionamento di una notifica quale che fosse: ciò che rende irrilevante pure la questione dell’imputabilità dell’errore (che le Sezioni Unite in genere escludono solo quando il procuratore eserciti le sue funzioni in circondario diverso da quello ove si svolge la lite e non abbia ottemperato all’onere di comunicare la variazione di domicilio professionale: Cass. Sez. U. 18/02/2009, n. 3818), del resto mai assurta, nella gravata sentenza, a fondamento della decisione;

la seconda censura è invece infondata;

ora, è vero che si è statuito (Cass. Sez. U. 15/07/2016, n. 14594) che, “in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa”; e non è meno vero che si è pure sancito (Cass. Sez. U. 20/07/2016, n. 14916), con riferimento alla notifica del ricorso per cassazione, ma in base a principi agevolmente riferibili ad ogni atto introduttivo di un grado di impugnazione, che “l’inesistenza della notificazione… è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità”; al riguardo, tali elementi sono stati identificati: “a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita; e restano, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa”; pertanto, ogni vizio relativo si riconduce all’ambito della nullità ed è suscettibile di sanatoria “con efficacia ex tunc, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata… o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ex art. 291 c.p.c.”;

e però nella specie si è avuto che, restituito il plico non notificato a mezzo posta, entro il termine prorogato in base a Cass. Sez. U. 14594/16, cioè il 15/01/2015(due giorni dopo la scadenza di quello ordinario, avutasi il 13/01/2015) l’atto è stato solo informalmente – e quindi in violazione delle regole sulla notificazione – trasmesso a mezzo posta elettronica da chi si è addotto essere una collaboratrice degli avvocati della parte appellante e pertanto in carenza del requisito sub “a)” sopra fissato da Cass. Sez. U. n. 14916/16, siccome scansionato in formato “pdf” (e quindi come immagine) senza alcuna osservanza della normativa sulla notificazione a mezzo posta elettronica, sicchè l’appellato si è poi costituito, ma appunto in via pregiudiziale eccependo la radicale irritualità dell’instaurazione del gravame per non riconducibilità ad alcuno valido schema legale della propalazione del relativo atto introduttivo operata da controparte;

pertanto, poichè nessuna attività rituale si è avuta entro il termine ordinario anche come prorogato della metà, la non sussumibilità dell’attività del tutto informale compiuta per portare a conoscenza del suo destinatario l’atto di appello in alcune delle forme legali di notificazione (sia sotto il profilo del soggetto agente – privo di mandato della parte appellante – che, soprattutto, per l’assoluta carenza dei minimali requisiti di forma anche solo per la notifica a mezzo posta elettronica certificata, risultando violate le disposizioni sul punto), riguardata alla stregua dell’irrilevanza della costituzione del destinatario in quanto avvenuta con eccezione in via pregiudiziale proprio del vizio di non configurabilità di una notifica (e al di fuori della sola ipotesi di nullità sanabile ricordata dalla richiamata pronunzia delle SS.UU.), porta alla conclusione che nessuno dei principi affermati da questa Corte e sopra ricordati può giovare, perfino ove potessero – in qualche modo e con ogni cautela – tra loro interagire, alla ricorrente, che li ha violati entrambi;

e tanto in applicazione del seguente principio di diritto: la notifica dell’atto di impugnazione non andata a buon fine per trasferimento del destinatario, seguita, quand’anche entro il termine originario maggiorato della metà, da una comunicazione informale a mezzo posta elettronica da parte di soggetto non munito di mandato, non è soltanto nulla, ma inesistente, neppure giovando al notificante la successiva costituzione del destinatario dell’atto, il quale esordisca eccependo il difetto di una notificazione definibile come tale, non essendo tale vizio suscettibile di sanatoria, con la conseguenza della decadenza dall’impugnazione per carenza di notifica del suo atto introduttivo;

infine, neppure il terzo motivo (a prescindere dai suoi profili di inammissibilità derivanti dal fatto che non si riscontra in ricorso in quali atti del grado di appello e con quali argomenti testuali la relativa questione sarebbe stata sottoposta alla corte territoriale) merita accoglimento, perchè ogni eventuale motivo di nullità dell’attività dell’ufficiale giudiziario o postale non avrebbe mai eliso l’onere per il notificante di instare per la rimessione in termini (ricorrendone, beninteso, i rigorosi presupposti) o – ad ogni buon fine – di riattivare sua sponte ritualmente il procedimento notificatorio entro il termine prorogato, stando alla richiamata Cass. Sez. U. 14594/16;

la gravata sentenza non merita quindi le censure mossele ed il ricorso va così, inammissibili il primo e il terzo motivo ed infondato il secondo, rigettato, con condanna della soccombente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, in base allo scaglione relativo al valore reale della causa, correttamente da individuarsi in base alla sorta capitale oggetto del monitorio opposto, di oltre Euro 840.000;

ancora, deve darsi atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

PQM

 

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 20.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2017

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