Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23967 del 15/11/2011

Cassazione civile sez. II, 15/11/2011, (ud. 21/09/2011, dep. 15/11/2011), n.23967

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.F. (C.F.: (OMISSIS)) e D.G.

(C.F.: (OMISSIS)), rappresentati e difesi, per procura

speciale a margine del ricorso, dall’Avvocato Bartolini Carlo,

elettivamente domiciliati in Roma, via Ludovisi n. 35, presso lo

studio dell’Avvocato Massimo Lauro;

– ricorrenti –

contro

R.M. (C.F.: (OMISSIS)) e RI.NE. (C.F.:

(OMISSIS)), rappresentati e difesi, per procura speciale a

margine del controricorso, dall’Avvocato Tardella Carlo, presso lo

studio del quale in Roma, via Sabotino n. 22, sono elettivamente

domiciliati;

– controricorrenti –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma n.

1896 del 2009, depositata in data 6 maggio 2009;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21

settembre 2011 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti;

sentiti gli Avvocati Carlo Bartolini e Carlo Tardella;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

PATRONE Ignazio che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

R.M. e Ri.Ne. convennero in giudizio, dinnanzi al Pretore di Tivoli, F.F. e D.G., per ivi sentir dichiarare l’intervenuta usucapione di una striscia di terreno di circa 130 mq., ubicata al confine tra i fondi di rispettiva proprietà.

I convenuti si costituirono chiedendo di essere autorizzati a chiamare in garanzia i propri danti causa C.G. e C.. Questi ultimi si costituirono chiedendo il rigetto della domanda dei chiamanti, deducendo che la vendita era avvenuta a corpo e non a misura.

Il Tribunale di Roma rigettò la domanda, compensando tra le parti le spese del giudizio.

Avverso tale sentenza hanno proposto appello gli originari attori; si sono costituiti gli appellati F. e D., i quali hanno proposto appello incidentale condizionato, chiedendo di essere autorizzati a notificare la comparsa ai C.. Questi ultimi si sono costituiti e hanno chiesto il rigetto di tutte le domande.

La Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 6 maggio 2009, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato l’acquisto della proprietà della indicata porzione di terreno di 85 mq. per intervenuta usucapione in favore degli appellanti R. e Ri.; ha condannato F. e D. alla rifusione delle spese in favore degli appellanti, mentre ha compensato le spese tra gli appellati e i chiamati in causa.

Per quanto ancora rileva, la Corte d’appello ha ritenuto che dovesse essere mantenuta ferma la statuizione di compensazione delle spese del giudizio di primo grado tra appellanti e appellati principali; ha invece ritenuto che gli appellati dovessero essere condannati alla rifusione delle spese del giudizio di appello in quanto, pur se F. e D. non avevano contrastato nel merito l’appello, chiamando in manleva i propri danti causa, gli stessi, a fronte delle risultanze di primo grado, avrebbero potuto porre fine alla vicenda con una transazione con gli appellanti principali.

Per la cassazione di questa sentenza, F.F. e D. G. hanno proposto ricorso affidato ad un unico motivo, cui R.M. e Ri.Ne. hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, i ricorrenti deducono violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., dolendosi della condanna alle spese del giudizio di appello emessa nei loro confronti e formulando il seguente quesito di diritto: “proposta domanda di usucapione di immobile, non contestata dalla parte convenuta e respinta dal giudice di primo grado con compensazione delle spese processuali; riproposta l’anzidetta domanda in sede di appello nuovamente non contestata dalla parte appellata ed accolta dal Giudice di secondo grado, la parte appellata è esente dalla condanna alle spese di secondo grado ai sensi dell’art. 91 c.p.c., non essendo tenuta per evitarla, contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale di Roma, ad un comportamento positivo additivo, quale l’assunzione dell’iniziativa e la successiva stipulazione di una transazione con la parte appellante per porre fine alla vicenda, atteso che la soccombenza costituisce applicazione del principio di causalità, per il quale è onerata delle spese la parte che, con il suo comportamento antigiuridico per la trasgressione delle norme di diritto sostanziale, abbia provocato la necessità del processo”.

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

Occorre premettere che i ricorrenti, pur denunciando un vizio di violazione di legge, si dolgono in realtà della motivazione con la quale la Corte d’appello, ancorchè abbia dato atto che essi avevano assunto una posizione di non contrasto rispetto all’appello proposto nei loro confronti, ha tuttavia posto a loro carico l’onere delle spese del giudizio di appello.

Scrutinata con riferimento al denunciato vizio di motivazione, la censura si rivela fondata.

Premesso che l’accertamento dell’intervenuto acquisto della proprietà di un bene per usucapione postula di necessità la proposizione di una domanda giudiziale alla quale possa fare seguito l’emissione di una sentenza accertativa che poi dovrà essere trascritta a favore del soggetto che ha usucapito e a carico di quello che ha subito l’usucapione, l’atteggiamento della parte che, costituendosi in giudizio, non contesti la domanda – tanto più quando l’atteggiamento di non contestazione venga praticato in appello pur dopo l’esito favorevole alle proprie posizioni in primo grado – merita una considerazione particolare da parte del giudice del merito allorquando, riconosciuto l’acquisto per usucapione della proprietà del bene oggetto di causa senza che su tale domanda la controparte abbia svolto contestazioni di sorta, debba procedere alla regolamentazione delle spese del giudizio. In tale caso, invero, la parte convenuta con la domanda di usucapione (o, come nella specie, appellata a seguito di rigetto della domanda di usucapione in primo grado) se non contesta la domanda rivolta nei propri confronti non pone in essere una opposizione alla domanda che, come rilevato, deve necessariamente essere proposta ai fini della trascrizione.

Della peculiarità del caso e del comportamento processuale delle parti appellate la stessa Corte d’appello ha dato atto e tuttavia ha ritenuto che le parti odierne ricorrenti dovessero essere condannate alla rifusione delle spese del giudizio di appello (laddove in primo grado le spese erano state compensate e tale statuizione risulta tenuta ferma nella sentenza di appello) sulla base del rilievo che gli appellati avrebbero potuto porre fine alla vicenda giudiziaria con una transazione con gli appellanti. In tale affermazione, che costituisce la ratio decidendi della sentenza impugnata sul punto della regolamentazione delle spese del giudizio tra gli odierni controricorrenti (allora appellanti principali) e gli odierni ricorrenti (allora appellanti incidentali), deve ravvisarsi il denunciato vizio di motivazione, atteso che, in un giudizio di usucapione, non può predicarsi la necessità di una iniziativa extraprocessuale finalizzata alla conclusione di una transazione al fine di esonerare la parte convenuta, che non abbia in alcun modo contestato la domanda, dall’onere delle spese. Appare infatti evidente la estraneità di una simile condotta al comportamento processuale in relazione al quale va valutata la soccombenza o no nel giudizio.

La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in relazione alla statuizione di condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di appello, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma perchè provveda a nuova valutazione in ordine alla regolamentazione delle spese del giudizio tra le parti.

Al giudice di rinvio è demandata altresì la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione, il 21 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2011

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