Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23966 del 22/10/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 23966 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: NUZZO LAURENZA

Data pubblicazione: 22/10/2013

SENTENZA

sul ricorso 20520-2009 proposto da:
SCIAMANNA CARLO SCMCRL42M14H501I, CERVI ROSELLA
CRVRSL41T24H501X, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA FULCIERI PAOLUCCI DE CALBOLI 5, presso lo studio
dell’avvocato BUZZELLI DARIO, che li rappresenta e
difende;
– ricorrenti –

2013
1930

contro

MACERA ROSANNA MCRRNN52E49H501N, MACERA ROSALBA
MCRRLB48H42H501J, MACERA ROBERTO MCRRRT62P28H501F,
SCAROZZA GABRIELLA SCRGRL48M64H501N, SCAROZZA

fr

,

LOREDANA SCRLDN51B47H501E, elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA A. MALLADRA 31, presso lo studio
dell’avvocato PROIETTI GAUDENZIO, che li rappresenta
e difende;
– controricorrenti nonchè contro

SCIAMANNA ANNA, SABELLI ROBERTO, DE CHIARA FRANCESCO,
SCAROZZA GISELLA, SCIAMANNA MARISA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1308/2009 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/09/2013 dal Consigliere Dott. LAURENZA
NUZZO;
udito l’Avvocato Massimo IANNI FICORtLLI, con delga
depositata in udienza dell’Avvocato Dario BUZZELLI,
difensore dei ricorrenti che si riporta agli atti;
udito l’Avvocato PROIETTI Gaudenzio, difnsore dei
controricorrenti che si riporta agli atti;
,

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. COSTANTINO FUCCI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

p9

Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 6/24 aprile 1992 Macera Rosalba, Macera Rosanna, Macera Roberto, Scarozza

innanzi al Tribunale di Roma, Scarozza Gisella, Sciamanna Carlo, Cervi Rosella, De Chiara Francesco, Sciamanna Anna, Sabelli Roberto e Sciamanna Marisa esponendo:
il 1°.6.1990 era deceduta ab intestato, in Cave di Roma, Livia Chiacchiarelli(a sua volta erede, per testamento olografo, assieme ai figli Giovanna, Gisella e Maria
Teresa Scarozza, del marito Severino Scarozza) lasciando eredi la figlia Gisella Scarozza, i nipoti Rosalba, Rosanna e Roberto per rappresentazione della figlia Maria
Teresa, le nipoti Gabriella e Loredana Scarozza per
rappresentazione del figlio Giovanni;
in violazione dell’art. 732 c.c., la Chiacchiarelli aveva
alienato, con atto per notaio Varcasia del 20.10.1981, al
proprio nipote( figlio di Gisella)Carlo Sciamanna, in comunione legale con il coniuge Rosella Cervi, la nuda
proprietà di un immobile in Roma, alla via Attilio Mori
25 e, con successivo atto in data 19.6.1984 per notaio
Varcasia, ai coniugi Roberto Sabelli e Marisa Sciamanna
(anche lei figlia di Gisella), la nuda proprietà di 1/3
della quota a lei spettante quale disponibile dell’eredità

1

Gabriella e Scarozza Loredana convenivano in giudizio,

del marito Severino Scarozza.
Gli attori chiedevano: che fosse dichiarata la nullità di
tali atti, trattandosi di

vendite immobiliari simulate,

dissimulanti donazioni illegittime

e, comunque,

di

vendite a prezzo inferiore al loro valore nonché di
cessione di quota ereditaria erronea in quanto pari a
4/13 e non a 6/12, con violazione del diritto di prelazione quanto alla seconda vendita; che fosse, inoltre, ordinata la divisione ereditaria dei beni relitti compresi
quelli oggetto degli atti predetti.
Si costituivano i convenuti chiedendo il rigetto delle
domande.
Con sentenza non definitiva, depositata il 15.3.2001, il
Tribunale dichiarava la nullità degli atti di vendita
20.10.1981 e dell’atto di cessione 19.6.1984; dichiarava
assorbite le domande di riduzione e di riscatto avanzate
dagli attori; rimetteva il giudizio in istruttoria per la
domanda di divisione, rinviando al definitivo la pronuncia sulle spese.
Avverso tale sentenza proponevano appello, innanzi alla
Corte di Appello di Roma, Scarozza Gisella e gli altri
convenuti in primo grado chiedendo il rigetto della domande svolte dagli attori. Resistevano gli appellati
chiedendo,con appello incidentale condizionato
all’accoglimento di quello principale, che fossero accol-

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/(4

te le domande subordinate che il Tribunale aveva ritenuto assorbite.
Con sentenza depositata il 24.3.2009 la Corte di Appello

fra le parti le spese del grado.
La Corte di merito riteneva condivisibile le conclusioni
del Tribunale, secondo cui, essendo incontestato il
mancato pagamento del prezzo in occasione della stipulazione di detti atti, non vi erano

riscontri dei de-

dotti versamenti di somme, indicati in termini assolutamente generici e cronologicamente imprecisati.
Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso
Sciamanna Carlo e Cervi Rosella, formulando due motivi


con i relativi quesiti di dirittoilumz ,d’
Resistono con controricorso Macera Rosalba, Macera Rosanna, Macera Roberto, Scarozza Gabriella e Scarozza
Loredana. Gli altri intimati ( Scarozza Gisella, De Chiara Francesco, Sciamanna Anna, Sabelli Roberto e Sciamanna Marisa) non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
I ricorrenti deducono:
1)violazione e falsa applicazione degli artt. 1414 e 1417
c.c. anche in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto provata la simulazione
sulla base di elementi indiziari e presuntivi, disatten-

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rigettava l’appello e dichiarava interamente compensate

dendo le censure degli appellanti “sulla natura non confessoria delle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio formale” ed affermando che la prova della simula-

processo, in difetto di una “confessione piena e completa”, non considerando, inoltre, che l’azione proposta
dalle controparti, nella veste di coeredi, non era qualificabile quale domanda di riduzione ex art. 533c4n quanto mirava alla ricomposizione dell’asse ereditario ed alla
divisione in parti uguali , con la conseguenza che le controparti stesse i non potendo considerarsi terzi rispetto
ai negozi che si assumevano simulati, ma assumendo la
stessa posizione del de cuius, erano vincolate all’onere
della prova ex artt. 1471 e 2729 c.c.;
2)violazione e falsa applicazione degli artt. 430 e 2r/34
c.c. ,per avere la Corte ritenuto sussistente una confessione giudiziale, senza avvalorare le dichiarazioni aggiunte rese in sede d’interrogatorio formale da Rosella
Cervi,Gisella Scarozza e Carlo Sciamanna; il giudice di
appello aveva omesso di valutare nel loro complessivo
significato tali dichiarazioni che, non essendo state contestate da controparte, non potevano essere oggetto di libero apprezzamento da parte del Giudice, ostandovi il
disposto dell’art. 2734 c.c.; ne conseguiva che, sulla
base delle risultanze dell’interrogatorio formale, doveva

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zione poteva essere acquisita attraverso gli atti del

nersi provato che Livia Chiacchiarelli, titolare di una
modesta pensione di reversibilità, aveva imputato le
somme percepite dai nipoti Carlo, Marisa ed Anna Scia-

zione in questione, in conto del prezzo pattuito per gli
atti medesimi.
Il primo motivo è infondato. Contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, dalla sentenza impugnata risulta
che il giudice di prime cure, a seguito della declaratoria
di nullità degli atti di compravendita in questione, dichiarava “assorbite le domande di risoluzione e riscatto
avanzate dagli attori” i quali, in ogni caso, lamentavano
la lesione dei loro diritti di legittimari.
In tale situazione correttamente il giudice di appello ha
fatto riferimento, ai fini della prova della simulazione di
detti atti di alienazione, anche alle dichiarazioni rese in
sede di interrogatorio formale dai convenuti, laddove ha
ritenuto, in conformità alla sentenza di primo grado, che
l’incontestato mancato pagamento del prezzo in occasione della stipula degli atti, era suffragato dalla genericità
e dal difetto di riscontri di dette dichiarazioni in merito
,

al fatto che le dazioni di denaro alla de cuius, da parte
dei convenuti stessi, “fossero effettuate a titolo oneroso
in conto dei futuri atti di compravendita e di cessione di
quote”. Orbene, pur potendosi configurare la natura

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manna, antecedentemente alla stipula degli atti di aliena-

”complessa” della confessione dei convenuti, alla stregua
delle loro dichiarazioni aggiunte, non è dato ravvisare
alcuna violazione delle limitazioni della prova per testi e

essere dalla “de cuius”.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte,invero, l’erede
legittimario che chieda la dichiarazione di simulazione di
una vendita effettuata dal “de cuius”, siccome dissimulante una donazione, assume la qualità di terzo rispetto ai
contraenti, con conseguente ammissibilità anche della
prova presuntiva e per testi, senza limiti o restrizioni,
atteso che egli agisce a tutela di un proprio diritto, riconosciuto dalla legge, all’intangibilità della quota di riserva, proponendo la domanda di riduzione, nullità o inefficacia della donazione dissimulata.
E’ evidente, infatti, che la lesione della quota di riserva„ assurge a “causa petendi” (oltre al fatto della simulazione), sicché il legittimario, sebbene successore del
defunto, non può essere sottoposto alle limitazioni probatorie previste per le parti, ex art. 1417 c.c., quando
contestualmente all’azione di simulazione, proponga,
come nella specie, una domanda di riduzione o di nullità
o inefficacia della donazione dissimulata, diretta a far
dichiarare che il bene oggetto dell’atto simulato fa parte
dell’asse ereditario e che la quota spettantegli va deter-

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presunzioni in tema di simulazione del negozio posto in

minata tenendo conto de bene stesso; tale ipotesi è, infatti, diversa da quella in cui il legittimario proponga, in
via principale ed autonoma, solo la domanda di simula-

manda di riduzione in un futuro giudizio( Cass. n.
20868/2004; n. 24134/2009).
Ritiene il Collegio di aderire a tale orientamento giurisprudenziale, considerato che solo formalmente il legittimario potrebbe essere ritenuto, in quanto erede del defunto, partecipe della simulazione o tenuto a subirne gli
effetti derivanti dai vincoli probatori delle parti, trovandosi egli, in realtà, in una situazione di mera soggezione
rispetto alle possibili alienazioni simulatamente compiute dal proprio de cuius al fine di ledere la riserva.
Consegue da quanto sin qui rilevato l’infondatezza anche della seconda doglianza, avendo la Corte territoriale
fondato la decisione su una valutazione unitaria delle dichiarazioni rese dagli originari convenuti, in sede di interrogatorio formale, del tutto legittima ed esente da vizi
logici e giuridici, insindacabile, pertanto, in sede di legittimità ) laddove ha ritenuto inattendibile l’assunto difensivo secondo cui la Chiacciarelli avrebbe imputato le
imprecisate somme, percepite da parte dei convenuti i in
conto dei futuri atti di compravendita.
Va ribadito al riguardo che, in tema di confessione giu-

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zione, preordinata a consentire la proposizione della do-

diziale, il valore probatorio delle dichiarazioni, in essa
contenute, di fatti o circostanze idonee ad infirmare
l’efficacia del fatto confessato( nella specie omesso ver-

gli effetti ,sono, ai sensi dell’art. 2734 c.c., liberamente
apprezzate dal giudice, quando tali circostanze o fatti
aggiunti alla confessione siano contestati dalla controparte( Cass. n. 1174572003; n. 12803/2000),contestazione insita, nel caso in esame, nella domanda di nullità
dell’atto di vendita in quanto simulato.
Alla stregua di quanto osservato il ricorso va rigettato.
Consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali, in favore dei controricorrenti, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali in favore dei controricorrenti, liquidate in € 2.700,00 di cui E 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 24.9.2013

samento del prezzo della vendita) ovvero a modificarne

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