Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23965 del 15/11/2011

Cassazione civile sez. II, 15/11/2011, (ud. 20/05/2011, dep. 15/11/2011), n.23965

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26101-2009 proposto da:

POZZOZENGARO SRL (OMISSIS), in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. MERCALLI 6, presso lo

studio dell’avvocato LEVANTI ALESSANDRO MARIA, rappresentata e difesa

dall’avvocato PEDARRA GIUSEPPE, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.V.R. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PANARO 11, presso lo studio dell’avvocato

BARTIMMO VINCENZO, rappresentato e difeso dall’avvocato COLUCCELLI

LOREDANA, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 580/2009 della CORTE D’APPELLO di BARI del

12/05/09, depositata il 03/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato Pedarra Giuseppe, difensore della ricorrente che si

riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Vincenzo Bartimmo, (delega avv. Coluccelli Loredana)

difensore del controricorrente che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. ZENO IMMACOLATA che ha

concluso per l’inammissibilità ed il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con sentenza 24 ottobre 2005, il tribunale di Foggia accoglieva la domanda proposta da M.V.R. nei confronti Pozzozengaro srl e condannava la convenuta alla rimozione di una recinzione costruita sul fondo dell’attore e al risarcimento dei danni. Dichiarava la carenza di legittimazione passiva della società San Potito di Pozzozengaro Giuseppe e C snc. Pozzozengaro srl interponeva appello, che veniva respinto dalla Corte di appello di Bari, con sentenza 3 giugno 2009, sull’assunto che era stata indubitabilmente esperita azione ex art. 936 c.c.; che era stata acquisita prova della proprietà della porzione di suolo controverso;

che era da escludere la buona fede dell’esecutore delle opere, poichè il legale rappresentante della società aveva ammesso di essere consapevole dell’alterità della porzione di terreno.

Pozzozengaro srl ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 23 novembre 2009, al quale l’appellato ha resistito con controricorso.

Le parti hanno depositato memorie.

Il Collegio ha disposto che sia redatta in forma motivazione in semplificata.

Parte ricorrente ha articolato tre motivi di ricorso: con il primo lamenta violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 “in relazione agli artt. 824, 632 e 936 c.c.”.

Con il secondo espone violazione di legge in relazione agli artt. 936 e 1147 c.c..

Con il terzo denuncia violazione dell’art. 950 c.c..

Il ricorso è soggetto ratione temporis alla disciplina novellatrice di cui al D.Lgs n. 40 del 2006, atteso che la L. n. 69 del 2009, art. 47 con il quale è stato abrogato l’art. 366-bis cod. proc. civ., si applica, per effetto della disposizione transitoria contenuta nell’art. 58, comma 5, della medesima Legge, solo con riferimento alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione sia stato pubblicato successivamente alla data di entrata in vigore della legge (Cass. 26364/09; 7119/10).

I motivi di ricorso che concernono violazione di legge, in relazione all’art. 360, n. 3, non espongono il quesito di diritto che è indispensabilmente previsto, a norma dell’art. 366 bis c.p.c., a pena di inammissibilità, per l’illustrazione di ciascun motivo nei casi previsti dall’art. 360, comma 1, nn. 1), 2), 3), e 4).

E’ noto che il quesito di diritto deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità’ di comprendere l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata (SU 26020/08). Nella specie si può invero rilevare che in tutti i motivi vi è un periodo che esordisce con le parole “in conclusione” e che quindi sembrerebbe atteggiarsi a mò di richiesta finale, ma è sufficiente la lettura di questi periodi per comprendere che nessuno di essi riesce a soddisfare i requisiti minimi necessari per porre il giudice della legittimità in condizione di comprendere – in base alla sola sua lettura – l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice e di rispondere al quesito medesimo enunciando una “regula iuris”. (Cass 2658/08) da applicare nel caso concreto (Cass. 9477/09; Su 7433/09).

In particolare il primo quesito espone che “nel caso di specie non vi è traccia di questo diritto negli atti unilaterali, successione e donazione, ma negli atti pubblici di trasferimento è chiaramente evidenziato che trattasi di trasferimento del diritto di livello e non del bene che resta demaniale”.

Il secondo deduce che “i giudici di merito. Surqualificando l’azione ed estremizzando le conseguenze di cui all’art. 936 c.c., senza motivazioni ovvero con argomentazioni inidonee ed illogiche, hanno superato il principio che è escluso l’obbligo del terzo di eliminare le costruzioni eseguite in buona fede ovvero a scienza o senza opposizione del proprietario del fondo.” Il terzo conclude affermando che “i giudici di merito hanno dato per certo che il M. fosse proprietario di un fondo e che il confinante lo avesse occupato e che il confine era ben determinato” Come è palese, nessuno di siffatti quesiti è idoneo a soddisfare i requisiti previsti dalla normativa applicabile ratione temporis al ricorso. Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. deve infatti compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Cass. 19769/08).

Va aggiunto che il primo motivo si riferisce a questione inammissibile perchè nuova, attinente i diritti di livello, la quale non risulta scrutinata dai giudici di appello e di cui non si indica in ricorso quando sia stata sollevata, nè si lamenta l’eventuale omessa pronuncia.

Inoltre quanto al riferimento di due motivi all’art. 360, n. 5, si rileva la mancata indicazione del fatto controverso su cui cadrebbe il vizio di motivazione.

In proposito la giurisprudenza (SU n. 20603/07; Cass. 4309/08;

16528/08) ha chiarito che la censura ex art. 360, n. 5 deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, per consentire una pronta identificazione delle questioni da risolvere.

Anche questa omissione è sanzionata con l’inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c..

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite liquidate in Euro 2.500 per onorari, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile tenuta, il 20 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2011

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