Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23963 del 22/10/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 23963 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA

sul ricorso 26390-2007 proposto da:
KOSEWSKA

HANNA

KSWHNN59S47Z127Z,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA FONTANELLA BORGHESE 72,
presso lo studio dell’avvocato VOLTAGGIO PAOLO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
AGOSTINELLI MAURIZIO;
– ricorrente contro

CONSORZIO BONIFICA “FOCE ISARCO – MONTE”, C.F.
80000150211, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO

Data pubblicazione: 22/10/2013

POMA 2, presso lo studio dell’avvocato NANIA ROBERTO,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
JANES IGOR;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 103/2007 della CORTE D’APPELLO ht

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/09/2013 dal Consigliere Dott. FELICE
MANNA;
udito l’Avvocato MAURIZIO AGOSTINELLI difensore della
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato IGOR JANES difensore del resistente
che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

SEZ.DIST. 5t di BOLZANO, depositata il 21/05/2007;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 9.5.2003 il Consorzio di bonifica Foce IsarcoMonte conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Bolzano Hanna
Kosewska, proprietaria di un fondo confinante con la sponda * iiiistra di un

condannare alla rimozione di piante e manufatti di vario genere posti entro la
fascia di rispetto dal canale, intubato e interrato, in violazione dell’art. 133 del
R.D. n. 368 del 1904.
Nel resistere in giudizio la convenuta eccepiva l’incompetenza del giudice
adito, competente essendo il Tribunale regionale delle acque pubbliche ai
sensi dell’art. 140, lett. b) o ci) R.D. n. 1775/33, e la prescrizione della pretesa
azionata, risalendo tanto l’intubazione del canale quanto le altre opere
contestate alla fine degli anni 1970.
Accolta la domanda in primo grado, la Corte d’appello di Trento, sezione
distaccata di Bolzano, rigettava l’impugnazione proposta dalla Kosewska.
Riteneva la Corte territoriale che il giudice di primo grado avesse
giustamente respinto l’eccezione d’incompetenza, non essendo applicabile
nessuna delle due norme prospettate dall’appellante. Non la lett. b) del R.D. n.
1775/33, vertendosi non su questioni di carattere petitorio, ma sull’osservanza
della fascia di rispetto di mt. 2,50 dal ciglio della sponda sinistra del canale,
sponda esistente in natura e relativa fascia di rispetto da osservare comunque
e a prescindere d gll’ estensione della proprietà confinante. Non la lett. ci ) del
citato R.D., relativa alle controversie riguardanti l’occupazione di fondi e le
indennità di cui all’art. 46 legge n. 2359 del 1865 in conseguenza
dell’esecuzione o della manutenzione di opere idrauliche, di bonifica,
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canale integrato del comprensorio del Consorzio stesso, per sentirla

derivazione e utilizzazione di acque, ché nella specie si trattava non
dell’attuazione di provvedimenti ablativi, ma di una pretesa ripristinatoria
dello stato dei luoghi.
Infondata era altresì l’eccezione di prescrizione, in quanto la domanda

giuridica pubblica, ai sensi dell’art. 862 c.c., dell’ente attore. Ad ogni modo,
considerava la Corte distrettuale, anche a ritenere altrimenti, il diritto del
consorzio non si era prescritto. La pretesa della Kosewska di mantenere il
canale intubato e interrato nel tratto in contestazione derivava da un’espressa
autorizzazione consortile del marzo 1979, dietro il pagamento del canone
annuo di lire 25.000, canone corrisposto fino a tutto l’anno 2002, allorché
detta autorizzazione era stata revocata dal Consorzio. Conseguentemente, le
prove orali offerte a sostegno dell’eccezione erano da ritenersi superflue.
Neppure aveva pregio, secondo la Corte territoriale la tesi di parte
appellante secondo cui sarebbe stata applicabile la norma dell’art. 20 della
legge provinciale n. 35/75, in quanto riguardante il demanio idrico provinciale
e le facoltà spettanti ai frontisti, mentre nel caso di specie si trattava di una
questione avente ad oggetto le norme in materia di bonifica e il divieto
assoluto di eseguire opere, piantagioni e movimenti di terra entro la fascia di
rispetto. Come osservato anche dal giudice di primo grado, la ragione della
diversa disciplina speciale delle opere e dei canali di bonifica rispetto alla
normativa sui corsi d’acqua risiedeva in ciò, che nel primo caso le norme di
divieto erano dettate per consentire lo svolgimento delle operazioni di
controllo, manutenzione e ripulitura dei canali, per il regolare deflusso delle

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aveva ad oggetto diritti indisponibili ai sensi dell’art. 2934 c.c., data la natura

acque dei canali e dei fossi, che assolvono una specifica funzione di bonifica
fondiaria.
Per la cassazione di tale sentenza Harma Kosewska propone ricorso,
affidato a quattro mezzi d’annullamento, successivamente illustrati da

Resiste con controricorso il Consorzio.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Col primn motivo parte ricorrente deduce la violazione delle norme

sulla competenza, in relazione all’art. 360, n. 2 c.p.c.
Non il giudice adito dal Consorzio, ma il Tribunale regionale delle acque
pubbliche sarebbe competente, in quanto la lett. b) dell’art. 140 R.D. n. 1775
del 1933 nell’attribuire a quest’ultimo le controversie circa i limiti dei corsi o
bacini, loro alvei e sponde, non distingue tra corsi d’acqua demaniali e non, e
non impone necessariamente la proposizione di un’actio finium regundorum,
essendo sufficiente che ai fini della decisione occorra accertare incidenter

tantum il confine tra l’alveo e il fondo privato.
Nella specie, per stabilire l’esatta portata della fascia di rispetto prevista
dal R.D. n. 368 – del 1904 era assolutamente indispensabile stabilire l’esatto
confine delle sponde del canale, per loro natura soggette a mutammti.
Anche ai sensi della lett. cl) del R.D. cit. la competenza, deduce parte
ricorrente, si radica in favore del Tribunale regionale delle acque pubbliche,
poiché la pretesa del consorzio si estrinseca sostanzialmente in
un’occupazione di fatto del fondo della ricorrente. E’ vero che la norma fa
riferimento alle controversie riguardanti le indennità (già) previste dall’art. 46
della legge n. 2359 del 1865, ma la congiunzione “e” prima delle parole “…
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memoria.

le indennità” fa sì. sostiene parte ricorrente, che il precedente riferimento alle
controversie di qualunque natura riguardanti l’occupazione totale o parziale di
fondi non esaurisca la propria portata limitatamente alle questioni di
occupazione relative ad espropriazione od occupazione di pubblica utilità.

(applicabile ratione temporis alla fattispecie): “dica l’Ecc.ma Suprema Corte
se la controversia de qua appartenga in primo grado alla cognizione esclusiva
del Tribunale regionale delle acque pubbliche di Venezia ai sensi dell’art. 140
lettera b) e/o lettera d) del Regio Decreto 11 dicembre 1933, n. 1775″.
2. – Il secondo motivo denuncia la violazione e l’erronea mancata
applicazione dell’art. 20 legge provinciale di Bolzano n. 35/75 e formula,
subordinatamente, un’eccezione di legittimità costituzionale di detta norma
ove ritenuta non applicabile alla fattispecie.
Tale disposizione prevede che i proprietari frontisti hanno il diritto di
munire le proprie sponde di opere che non arrechino né alterazione al corso
ordinario delle acque, né impedimento al loro libero deflusso, né danno alle
proprietà altrui, pubbliche o private, alle derivazioni e agli opifici
legittimamente stabiliti ed in genere ai diritti dei terzi” (primo comma).
Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale la legge appena
citata non si riferisce all’esclusiva regolamentazione dei soli corsi d’acqua di
proprietà del demanio idrico provinciale, come dimostra l’art. 2 stessa legge
che è esplicito nell’affermare che le norme attinenti alla polizia idraulica si
applicano comunque a tutte le opere e alle strutture realizzate per il
conseguimento delle finalità di cui all’art. 8, indipendentemente dalle

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Il motivo mette capo al seguente quesito di diritto ex art. 366-bis c.p.c.

risultanze catastali o tavolari o dall’iscrizione nell’elenco delle acque
pubbliche.
Una diversa interpretazione, prosegue parte ricorrente, evidenzierebbe una
palese illegittimilà costituzionale della norma in esame per contrasto con gli

corsi d’acqua costituenti canali d’irrigazione. Anche questi ultimi, infatti,
hanno diritto di difendere i propri beni attuando quelle misure necessarie ad
evitare che le imprevedibili bizzarrie dei corsi d’acqua, ove non
accuratamente prevenute, possano provocare danni.
Segue il quesito: “dica l’Ecc.ma Suprema Corte se alla fattispecie in esame
sia applicabile la normativa di cui all’art. 20 delle legge provinciale di
Bolzano 12 luglio 1975, n. 35 o se, in ipotesi d’inapplicabilità, detta norma,
così interpretata, non si ponga in conflitto con i principi di cui agli artt. 2 e 42
della Costituzione, con conseguente rimessione degli atti alla Corte
costituzionale.
3. – Col terzo motivo è dedotta la violazione ed erronea mancata
applicazione delle norme di cui agli artt. 2934, primo comma c.c., e 2946 c.c.,
nonché l’erronea applicazione dell’art. 2934 c.c., il tutto in relazione all’art.
360, n. 3 c.p.c.
Il solo carattere pubblico dell’ente non implica l’indisponibilità dei diritti
che esso fa valere in giudizio. Se è vero che il Consorzio attore ha potuto
disporre di tali diritti consentendo, mediante apposita autorizzazione, che il
canale fosse intubato, è chiaro, osserva parte ricorrente, che non si verte in
una situazione d’indisponibilità, per cui deve ritenersi applicabile la
prescrizione ordinaria decennale di cui all’art. 2946 c.c.
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artt. 3 e 42 Cost., laddove non ne prevede l’applicabilità anche ai frontisti di

Formula al riguardo il seguente quesito: “dica l’Ecc.ma Suprema Corte se i
diritti del Consorzio di Bonifica Foce Isarco-Monte azionati con atto di
citazione di data 6 maggio 2003 costituiscano diritti indisponibili e come tali
non siano soggetti a prescrizione ex art. 2934, II comma c.c. o siano invece

artt. 2934, I comma c.c. e si siano dunque prescritti ex artt. 2946 e 2935 c.c.”.
4. – Col quarto motivo è dedotto “l’insufficiente esame” di istanze
istruttorie volte all’ammissione delle prove orali per dimostrare la sussistenza
dei presupposti di fatto per la declaratoria di estinzione per prescrizione dei
diritti azionati dal Consorzio.
Segue l’indicazione del fatto controverso: “dica l’Ecc.ma Suprema Corte
se sussista vizio di motivazione per il fatto che la Corte territoriale non ha
ammesso le prove offerte dall’appellante a suffragio di un punto decisivo per
il giudizio (ovvero a suffragio della prova di fatti idonei a provare l’avvenuta
estinzione per prescrizione dei diritti attorei ex artt. 2934, I comma, 2935 e
2946 c.c.)”.
5. – Il primo motivo è infondato.
5.1. – Ai sensi dell’art. 140, lett. b) del R.D. n. 1775/33 appartengono in
primo grado alla cognizione dei Tribunali delle acque pubbliche le
controversie circa i limiti dei corsi o bacini, loro alvei e sponde.
Tale norma è stata interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte nel
senso che l’attribuzione alla competenza dei Tribunali regionali delle Acque
Pubbliche delle controversie sulla consistenza e sulla determinazione dei
limiti dell’alveo e delle sponde di un corso d’acqua, al pari delle controversie
sulla qualificazione come alveo di una determinata zona di terreno, si
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diritti disponibili e come tali astrattamente soggetti a prescrizione estintiva ex

giustifica per il carattere eminentemente tecnico dell’indagine necessaria alla
loro soluzione e sussiste, pertanto, anche quando la questione sia proposta

incidenter tantum in via di azione o di eccezione (Cass. n. 9376/94, che ha
quindi ritenuto che tale ragione viene meno, e la controversia rientra nella

terreno conteso costituiva un tempo l’alveo di un corso d’acqua, risulti
pacifico che esso abbia cessato di farne parte, per eventi naturali o ad opera
dell’uomo, e si disputi esclusivamente sulla appartenenza attuale della zona
abbandonata dalle acque).
Ugualmente, nel caso in cui si debba decidere se ed entro quali limiti un
terreno abbia cessato di far parte dell’alveo di un fiume, la necessità di
un’indagine tecnica radica la competenza della relativa controversia in favore
del Tribunale delle Acque Pubbliche, ancorché la questione sia stata proposta

incidenter tantum, competenza che resta ferma dovunque si trovi la zona di
terreno qualificabile in ipotesi come alveo e indipendentemente da qualsiasi
atto o provvedimento amministrativo (Cass. n. 12574/93).
Se dunque la lett. b) dell’art. 140 R.D. n. 1775/33 radica la competenza del
giudice specializzato in quanto sorga questione — in via principale o in via
incidentale — circa la delimitazione fisica degli alvei e delle sponde, a diverse
conclusioni deve pervenirsi allorché, come nella fattispecie, si controverta non
dell’estensione delle rispettive proprietà, pubblica e privata, ma delle opere o
piantagioni eseguite all’interno della zona c.d. di rispetto stabilita dall’art. 133
del R.D. n. 368 del 1904 recante il regolamento sulle bonificazioni delle
paludi e dei terreni paludosi. In tal caso, infatti, non è in discussione la

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competenza del giudice ordinario, allorquando, pur affermandosi che il

qualificazione e l’appartenenza di un bene, ma la compatibilità della sua
utilizzazione con un vincolo di tipo ricognitivo.
L’assunto di parte ricorrente, secondo cui anche in siffatta ipotesi verrebbe
in rilievo l’accertamento dell’esatto confine delle sponde dell’alveo, da questo

i termini logici del problema. Atteso che le parti non discutono dell’estensione
dell’alveo o della sponda e del confine con la proprietà privata, il relativo
accertamento non può essere invocato ai soli fini della competenza, che si
determina in ragione della (causa petendi e del petitum della) domanda, e non
viceversa.
5.2. – L’estraneità della fattispecie alla previsione della lett. d) dell’art. 140
R.D. n. 1775/33 si coglie già a livelio di esegesi del testo. Detta norma
attribuisce alla competenza del Tribunale delle acque pubbliche le
controversie di qualunque natura, riguardanti l’occupazione totale o parziale,
permanente o temporanea di fondi e le indennità previste dall’art. 46 della
legge n. 2359 del 1865, in conseguenza dell’esecuzione o manutenzione di
opere idrauliche, di bonifica e derivazione utilizzazione delle acque. Si tratta,
dunque, delle cause originate dall’esercizio di poteri ablatori finalizzati al
compimento di opere idrauliche, che rendano necessaria l’occupazione di
fondi privati e l’eventuale pagamento delle relative indennità (cfr. sul punto,
Cass. S.U. n. 830/82).
6. – Il secondu motivo è manifestamente infondato.
6.1. – L’art. 20 della legge della provincia autonoma di Bolzano n. 35/75
stabilisce che i proprietari frontisti hanno il diritto di munire le proprie sponde
di opere che non arrechino né alterazione al corso ordinario delle acque, né
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dovendosi calcolare la zona c.d. di rispetto, non è condivisibile, perché inverte

impedimento al loro libero deflusso, né danno alle proprietà altrui, pubbliche
o private, alle derivazioni ed agli opifici legittimamente stabiliti ed in genere
ai diritti di terzi. Tale norma è posta a tutela del demanio idrico provinciale,
come del resto è palesato sia dal contesto normativo della legge — che

d’acqua e la difesa del suolo — sia dall’intitolazione del capo in cui è
contenuta. Detta disposizione disciplina l’esercizio delle facoltà domenicali di
protezione del fondo privato, sottoponendole all’approvazione dell’Azienda
previa presentazione di regolare progetto, ove interessino il regime del corso
d’acqua e quando consistano nella costruzione di muri d’argine (secondo
comma).
Ciò premesso, si tratta di norma del tutto estranea alla materia della
bonifica e dello smaltimento delle acque superficiali attraverso fosse e canali,
cui provvede invece la normativa in materia di bonifica, costituita dalla legge
della Provincia autonoma di Bolzano n. 5/09, che ha riordinato il settore
sostituendo e coordinando le disposizioni vigenti all’epoca d’instaurazione
della lite (tra cui, in particolare, le leggi provinciali nn. 28/75, 34/82 e 6/93).
6.1.1. – Esclusane l’applicabilità al caso in esame, il dubbio di legittimità
costituzionale dell’art. 20 legge prov. Bolzano n. 35/75 avanzato dalla parte
ricorrente, che ravvisa sia un difetto di isonomia nella non applicazione di tale
norma ai rapporti fra privati e consorzi di bonifica, sia una compressione
ingiustificata del diritto di proprietà, è manifestamente infondato.
A differenza del demanio idrico necessario, i fossi e i canali di bonifica
richiedono una costante attività di manutenzione e controllo, per effettuare la
quale occorre che la fascia c.d. di rispetto dal canale sia mantenuta libera da
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disciplina l’ordinamento dell’Aziendz. speciale per la regolazione dei corsi

piantagioni, costruzioni ed altre opere (secondo l’elencazione dell’art. 133
R.D. n. 368 del 1904), sicché le due situazioni prospettate sono ad evidenza
non riducibili l’una all’altra.
Né l’inapplicabilità alla fattispecie della norma in commento determina

perfettamente compatibile con la manutenzione dei canali di bonifica (ed anzi
in buona parte addirittura ne dipende) e ad ogni modo attuabile in regime di
autorizzazione.
7. – Il terzo motivo d’impugnazione è inammissibile.
E’ fermo orientamento di questa Corte che il ricorso per cassazione non
introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera
ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un
rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata
dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti. Ne consegue che,
qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro
distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente
sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche
doglianze avvei su una di tali rationes decidendi, neppure sotto il profilo del
vizio di motivazione (così, per tutte e da ultimo, Cass. S.U. n. 7931/13).
7.1. – Nella specie, la sentenza impugnata ha respinto l’eccezione di
prescrizione del diritto del consorzio di agire per la rimozione delle opere
insistenti sulla fascia di rispetto, sulla base di due autonome ragioni, ossia la
natura indisponibile del diritto stesso e la circostanza per cui Hanna Kosewska
aveva corrisposto al consorzio fino al 2002 il canone annuo di autorizzazione
a mantenere intubato il canale. Tale seconda ratio non è minimamente oggetto
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alcuna violazione dell’art. 42 Cost. La protezione della proprietà privata è

di censura, onde l’inammissibilità del mezzo in virtù del superiore principio
richiamato.
8. – L’inammissibilità del terzo assorbe l’esame del quarto motivo (peraltro
pure inammissibile, perché avente oggetto una questione essa stessa rimasta

giudicato interno formatosi in merito, la questione inerente alla mancata
ammissione dei mezzi di prova al riguardo non è più decisiva.
9. – In conclusione il ricorso va respinto.
10. – Seguono le spese, liquidate come in dispositivo, a carico della parte
ricorrente.
P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in
E 2.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre IVA e CPA come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, il 18.9.2013.

assorbita nella sentenza d’appello). Non più contendibile la prese±zione per il

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