Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23959 del 22/10/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 23959 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: PARZIALE IPPOLISTO

SENTENZA
sul ricorso 19791-2008 proposto da:
ZANTEDESCHI RAFFAELLO, elettivamente domiciliato in
ROMA, Corso Trieste 85, presso lo studio degli avvocati AJELLO
SALVATORE e AJELLO TIZIANA, che lo rappresentano e
difendono, come da procura speciale a margine del ricorso

– ricorrente contro
ANTONINI PROSPERO, elettivamente domiciliato in ROMA, Via
Francesco Siacci 2-B, presso lo studio dell’avvocato DE MARTINI
CORRADO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DE
LUCA UMBERTO, come da procura speciale in calce al controricorso

– controricorrenteavverso la sentenza n. 83/2008 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA, depositata il 25/01/2008;
v*

4E05.)13

Data pubblicazione: 22/10/2013

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/07/2013 dal Consigliere Dott. Ippolisto Parziale;
uditi gli Avvocati Ajello Salvatore e Corrado De Martini, che si
riportano agli atti e alle conclusioni assunte;
udito il sostituto procuratore generale, dott. Sergio Del Core, che

conclude per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il sig. Prospero Antonini proponeva opposizione, innanzi al
Tribunale di Verona, avverso il decreto ingiuntivo n. 1982/99, emesso
dal Pretore di Verona a favore dell’arch. Raffaello Zantedeschi, con il
quale si ingiungeva il pagamento delle prestazioni professionali da
quest’ultimo effettuate.
Con l’opposizione chiedeva di accertare la sussistenza della
responsabilità professionale dello Zantedeschi e di dichiarare la
risoluzione del contratto per colpa di questi, con condanna alla
restituzione dell’importo ricevuto in eccedenza, oltre al risarcimento
dei danni.
L’arch. Zantedeschi, costituitosi in giudizio, insisteva per la conferma
del decreto ingiuntivo.
Il Tribunale di Verona rigettava l’opposizione, confermando il decreto
ingiuntivo, in quanto fondato sulla documentazione asseverata
dall’Ordine degli Architetti locale, prodotta dal professionista.
Venivano compensate le spese di lite per natura ed esito del giudizio.
2. Proponeva appello avverso la sentenza il sig. Antonini, chiedendo la
revoca dell’ingiunzione, con restituzione di quanto già versato per la
provvisoria esecuzione. In via subordinata, chiedeva l’accertamento del
minor debito nei confronti del professionista, riferito al solo progetto
di massima, da lui riconosciuto, e liquidato dall’Ordine in £ 11.000.000
arrotondati, considerato che lo Zantedeschi non aveva comprovato di
Ric. 2008 n. 19791 sez. 52 – ud. 04-07-2013

-2-

4

avere svolto attività ulteriore in suo favore, quantomeno prima
dell’intervenuta revoca del mandato.
Si costituiva lo Zantedeschi che, insistendo per il rigetto del gravame,
deduceva che l’attività da lui svolta per il cliente doveva ritenersi
provata in forza della documentazione prodotta.

riconoscendo al sig. Antonini il diritto alla restituzione della differenza
tra quanto versato in esecuzione del decreto ingiuntivo n. 1982/99 e il
dovuto, pari a euro 5.164,57 (£ 11.000.000).
La Corte territoriale rilevava come il rapporto tra l’Antonini e l’arch.
Zantedeschi, incaricato di progettargli l’abitazione, si era interrotto
dopo la sola redazione del progetto di massima, per revoca del
mandato. Incombeva allo Zantedeschi provare di avere eseguito per il
cliente anche le ulteriori prestazioni consistenti nella stesura del
progetto esecutivo e nella direzione dei lavori, ma tale onere
probatorio non era stato assolto, non essendo sufficiente al riguardo il
parere dell’ordine professionale. Anzi, dal carteggio intercorso tra le
parti e dalla comparsa di risposta in appello, emergeva l’ammissione
dello Zantedeschi di non aver consegnato al cliente alcun progetto
esecutivo, avendo presentato successive note che non soddisfacevano
il committente, il quale gli aveva poi revocato l’incarico con lettera
28.10.1997. In mancanza della necessaria fonte negoziale, nulla poteva
essere riconosciuto al professionista per attività svolte dopo la pacifica
revoca dell’incarico. Di conseguenza, l’unica attività per la quale si
poteva riconoscere il diritto al compenso da parte dell’arch.
Zantedeschi, era quella relativa al progetto di massima, liquidata
dall’Ordine in allora £ 11.000.000. Anche la pretesa relativa alle attività
svolte dal geom. Pedini andava respinta, essendo risultato al riguardo
un rapporto autonomo tra committente e geometra, che non
Ric. 2008 n. 19791 sez. 52 – ud. 04-07-2013

-3-

3. La Corte d’Appello di Venezia accoglieva l’impugnazione,

legittimava l’architetto a chiedere il pagamento delle relative attività
svolte.
La Corte territoriale revocava il decreto ingiuntivo n. 1982/99,
disponeva la restituzione tra la differenza tra dovuto e ricevuto e
condannava l’Arch. Zantedeschi a pagare le spese del doppio grado di

4. Propone ricorso per cassazione l’arch. Zantedeschi, articolando
quattro motivi d’impugnazione. Resiste con controricorso il sig.
Antonini. Il ricorrente ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. I motivi del ricorso
1.1 Col primo motivo di ricorso si deduce «errata inteTretazione degli
accordi negoziali e conseguente errata lettura della liquidazione della parcella.
Motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria. Violazione della Tariffa
professionale degli Ingegneri ed Architetti (arti-. 360 nn. 5 e 3 c.p.c. L 2 marzo
1949 n. 143)).
Il progetto redatto dall’arch. Zantedeschi è da ritenersi quale vero e
proprio progetto esecutivo con i numerosi allegati richiesti; è stato
presentato il 26/09/1996 e, dopo un’integrazione documentale, ha
consentito il rilascio della concessione in data 11/04/1997,
immediatamente utilizzata dall’Antonini dopo la revoca dell’incarico.
Il progetto non poteva qualificarsi come un semplice progetto di
massima, ma era un vero e proprio “esecutivo” a tutti gli effetti, come
tale valutato in sede di liquidazione della parcella dall’Ordine degli
Architetti e, inoltre, come tale era stato previsto anche nella lettera
d’incarico. L’incarico all’architetto era stato revocato dopo il
completamento della fase progettuale, la quale era stata interamente
assolta, anche quanto alle attività liquidabili con gli onorari a
percentuale. Lo stesso committente lo aveva riconosciuto, facendone
Ric. 2008 n. 19791 sez. 52 – ud. 04-07-2013

-4-

giudizio.

oggetto di ripetute integrazioni e modifiche nelle note successive al
rilascio della concessione, tutte in atti, non tenute in debita
considerazione dal giudice del gravame, che aveva errato nel negare
l’esistenza di un quadro probatorio completo, in contraddizione con
quanto accertato dal giudice di prime cure.

predisposto una progettazione di massima ed un primo preventivo, per
cui la liquidazione di

11.000.000 poteva considerarsi satisfattiva di

ogni sua pretesa, avendo omesso di qualificare il progetto posto a base
del rilascio del permesso a costruire come progetto esecutivo.
Viene formulato il seguente quesito di diritto, a norma dell’art. 366 bis
c.p.c.:
‘Dica la Suprema Corte se di fronte ad una articolazione progettuale del tutto
completa, e da qualificarsi di livello esecutivo, così come richiesto dal Comune ai fini
del rilascio del permesso di costruire e ritenuta anche tale in sede di liquidazione
della parcella da parte del competente Ordine Professionale, il Giudice del merito
possa, senza alcuna motivazione e senza adeguato esame della stessa
documentazione versata in atti “derubricarlo” a semplice progetto di massima in
contrasto palese con l’orientamento sul punto stabilito dalla stessa Suprema Corte
di Cassazione”.
1.2 Col secondo motivo di ricorso viene dedotto «omesso esame delle
domande tutte formulate in sede di ricorso per ingiunzione. Mancata liquidazione
degli onorari a vacazione ed a discrezione. Motivazione inesistente e contraddittoria.
Violazione di legge.- (artt. 360 nn. 3) e 5) c.p.c. – Artt. 4, 5, 21

L

143/1949».
Il giudice dell’appello non ha esaminato parte delle domande poste a
fondamento della pretesa del professionista circa il pagamento degli
onorari riferibili, sulla base della parcella emessa, a separate e
differenziate prestazioni da considerare in aggiunta alla elaborazione di
Ric. 2008 n. 19791 sez. 52 – ud. 04-07-2013

-5-

La Corte aveva errato affermando che l’architetto aveva semplicemente

un progetto di fabbricato per una villa signorile, come definita nella
lettera d’incarico. Tali prestazioni sono state liquidate dall’Ordine
Professionale come compensi a vacazione (art. 4 della Tariffa) o a
discrezione (art. 5 della Tariffa). La Corte d’Appello ha trascurato
queste prestazioni, pure riportate in parcella, senza tuttavia fornire

e contraddittoria: carente nella misura in cui manca la spiegazione
dell’omesso esame dei suddetti documenti, sebbene valutati in sede di
liquidazione della parcella e costituenti la prova stessa delle prestazioni
svolte; contraddittoria, perché nega quanto era stato dimostrato da
parte del professionista, ossia che le prestazioni erano state svolte
anche in attuazione di specifiche richieste del committente e
soprattutto perché necessarie all’approvazione del progetto, attività
tutte incompatibili con il dichiarato convincimento di una prestazione
limitata alla semplice progettazione di massima.
In conclusione, ha errato la Corte nel non considerare una serie di
prestazioni, liquidate nella parcella vidimata dall’Ordine degli Architetti
e che, peraltro, neppure risultano contestate.
Si formula il seguente quesito di diritto:
“Accerti e verifichi la Suprema Corte se rientrino nella previsione degli arti. 4 e 5
della Tariffa degli Ingegneri ed Architetti le prestaioni elencate nella parcella posta
a base delle richieste del professionista, in aggiunta a quelle del progetto esecutivo e
di massima liquidato a percentuale”.
In ordine alla omessa e carente motivazione si pone il quesito:
‘Dica la Suprema Corte se sia corretto e legittimo che il Giudice del merito ometta
del tutto l’esame delle singole voci costituenti la domanda – liquidnione di parcella
professionale da parte della competente Associazione Professionale – e se possa
ignorare totalmente e non tenere conto della documentnione, anche quella

Ric. 2008 n. 19791 sez. 52 – ud. 04-07-2013

-6-

motivazione. La motivazione adottata sul punto risulta, infatti, carente

ricognitiva proveniente dalla controparte, delle prestckioni espletate dal
professionista ed oggetto di puntuale richiesta giudkiale”.
1.3 II terzo motivo di ricorso riguarda il presunto incarico congiunto
anche al geom. Pedini per specifiche prestazioni. Si deduce il vizio di
«errata interpretazione della lettera d’incarico. (Violazione di legge artt. 1362 e

insufficiente, errata e contraddittoria (art. 360 n. 5 cp.c.) ».
L’arch. Zantedeschi aveva ricevuto dal sig. Antonini, con lettera del 19
marzo 1996, un incarico completo di progettazione, direzione dei
lavori e connesse attività accessorie, per organizzazione del cantiere e
per la gestione dei contratti. Agli atti non risulta in nessun modo che al
geom. Pedini fosse stato affidato alcun diverso od autonomo incarico,
potendosi al più ritenere che il Pedini avesse assunto la veste di
collaboratore dell’arch. Zantedeschi per alcune attività di supporto che
rientrano nei compiti del professionista incaricato e che, pertanto,
vanno liquidati in suo favore.
Inoltre, nella stessa lettera di revoca dell’incarico del 28 ottobre 1997 si
legge che il Perlini era “un collaboratore” dell’arch. Zantedeschi e,
quindi, non aveva ricevuto alcun autonomo incarico, per cui le sue
eventuali spettanze erano a carico del medesimo professionista, mentre
il committente era tenuto al pagamento delle prestazioni svolte, sia
pure parzialmente sul piano operativo dal Pedini, ma sotto la
supervisione dell’architetto titolare dell’incarico.
Cionondimeno, la Corte d’Appello ha ritenuto, sulla scorta di una
equivoca interpretazione di un passo delle considerazioni difensive del
sig. Antonini circa un presunto incarico affidato direttamente al Perlini
e di cui non esiste però alcuna prova, che il detto geometra, da essa
stessa qualificato come “collaboratore”, avesse un autonomo titolo a
pretendere il pagamento diretto di quanto a lui dovuto nei confronti
Ric. 2008 n. 19791 sez. 52 – ud. 04-07-2013

-7-

segg. c.c., art. 2230 e segg. c. c. in relazione all’art. 360 n. 3 cp.c.). Motivazione

del cliente. L’arch. Zantedeschi era l’esclusivo titolare dell’incarico ed a
lui spettava il relativo pagamento. La motivazione addotta sul punto
dalla Corte d’Appello si dimostra insufficiente e contraddittoria
rispetto alla documentazione prodotta.
Viene formulato il seguente quesito di diritto:

dell’incarico affidatogli debba comportare o meno la liquidnione dei relativi onorari
a suo favore, anche nell’ipotesi di paitale collabornione da parte di altro
professionista”.
1.4 Col quarto motivo di ricorso, formulato in via subordinata rispetto
all’accoglimento dei precedenti, si chiede di «annullare l’impugnata
sentenza per insanabile e sostanziale differena tra il chiesto ed il pronunciato.
Violnione di legge (artt. 112 c.p.c. in relnione all’art. 360 n. 3 c.p.c.)».
Con l’appello il sig. Antonini ha formulato due diverse istanze, la prima
indirizzata alla revoca del decreto ingiuntivo n. 1982/99 sulla base del
quale l’arch. Zantedeschi aveva ottenuto il pagamento integrale della
parcella, così come liquidatagli dall’Associazione professionale; la
seconda con la quale, premesso in via riconvenzionale l’accertamento
della risoluzione del contratto e quindi il venire meno del titolo, in
forza del quale era già stata riconosciuta e pagata dal committente la
somma di € 20.087.600, si chiedeva al giudice di rideterminare il
compenso dovuto, operando la compensazione con le eventuali
maggiori somme versate.
La Corte d’Appello ha respinto la riconvenzionale, non avendo in
alcun modo dichiarato la risoluzione del contratto, avendo solo dato
atto che il committente aveva revocato l’incarico, come era nella sua
facoltà per il disposto dell’art. 2237 c.c. e degli artt. 10 e 18 della Tariffa
(Legge n. 143/ 1949).

Ric. 2008 n. 19791 sez. 52 – ud. 04-07-2013

-8-

‘Dica la Suprema Corte se la prestazione svolta dal professionista in forza

Dunque, una volta riconosciuta la piena validità ed efficacia del
contratto intervenuto tra le parti, la Corte d’Appello nel condannare
l’arch. Zantedeschi a restituire la somma di L. 45.337.041 ( €
23.414,62), è andata ben oltre le richieste dell’Antonini violando così il
disposto dell’art. 112 c.p.c. quanto alla necessaria corrispondenza tra il

Viene formulato il seguente quesito di diritto:
‘Dica la Suprema Corte se il Giudice nell’interpretare le istante delle parti possa
superare l’importo delle richieste formulate in sede di conclusioni, violando il
disposto dell’art. 112 del codice di rito”.
2. Il ricorso è fondato quanto al secondo motivo, essendo
inammissibili il primo e il terzo e infondato il quarto, per quanto di
seguito si chiarisce.
2.1 li primo motivo è inammissibile quanto al dedotto vizio di
motivazione, per violazione dell’art. 366-bis cod. proc. civ. stante la
carenza del momento di sintesi. Il motivo, quanto alle violazioni di
legge, lamenta la mancata qualificazione del progetto come esecutivo e
ciò a fronte di una motivazione adeguata, fornita dalla Corte di appello
e ampiamente riportata nella parte relativa alla esposizione della
vicenda processuale, fondata sulla mancata prova dell’accordo sul
progetto esecutivo (non essendo sufficiente la valutazione al riguardo
dell’Ordine professionale) e sulla revoca dell’incarico. Il quesito di
diritto articolato dal ricorrente è generico e inconferente, non
cogliendo la ratio decidendi ed essendo in ogni caso fondato su un non
scrutinabile vizio di motivazione.
2.2 — Il secondo motivo è invece fondato, non avendo la Corte di
merito esaminato le questioni relative alla liquidazione delle ulteriori
prestazioni, che pure risultano svolte, né si rinviene motivazione al
riguardo.
Ric. 2008 n. 19791 sez. 52 – ud. 04-07-2013

-9-

chiesto ed il pronunciato.

2.3 — Il terzo motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc.
civ., stante l’inconferenza del quesito, che presuppone un diverso
accertamento in fatto rispetto alle conclusioni raggiunte dalla Corte di
merito (autonomo accordo con il geometra Pedini), accertamento
precluso in questa sede.

pronunciato sulle domande e sulle richieste formulate nel primo e
nell’ultimo capoverso delle conclusioni rassegnate dalla controparte,
trattandosi di domande tra loro equiordinate.
3. Il ricorso va accolto quanto al secondo motivo, con conseguente
cassazione della sentenza impugnata sul punto e rinvio ad altra sezione
della Corte di appello di Venezia quanto alla liquidazione delle
prestazioni accessorie. Il giudice di rinvio provvederà anche alle spese
del giudizio di cassazione.

P.T.M.
La Corte dichiara inammissibile il primo e il terzo motivo, rigetta il
quarto ed accoglie il secondo nei sensi di cui in motivazione; cassa la
sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di
Venezia anche per le spese.
Così deciso in Roma, Camera di Consiglio del 4 luglio 2013
L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

2.4 Il quarto motivo è infondato, avendo la Corte di merito

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA