Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23959 del 12/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 12/10/2017, (ud. 21/06/2017, dep.12/10/2017),  n. 23959

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesaco Maria – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11819-2015 proposto da:

C.A., CH.VI., domiciliati ex lege in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato VINCENZO CHIUSOLO anche difensore di sè

medesimo e ANTONIO ENRICO ACETO giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

M.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMILIO DE’

CAVALIERI 11, presso lo studio dell’avvocato ANTON GIULIO LANA,

rappresentato e difeso dall’avvocato PASQUALE TARRICONE giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4488/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 12/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/06/2017 dal Consigliere Dott. PELLECCHIA ANTONELLA;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale Dott. MISTRI CORRADO, che ha chiesto

il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel novembre 2009 M.E. ha convenuto in giudizio i coniugi Ch. – C. chiedendo di accertare e dichiarare che, con la scrittura privata del 14 maggio 2009, sottoscritta dal M. e C.A., le parti avevano stabilito in Euro 210.000,00 il prezzo di compravendita di un appartamento di proprietà dell’attore, e che pertanto i convenuti si erano resi gravemente inadempienti rispetto all’obbligo di versare il residuo prezzo di 150.000 Euro. L’attore chiedeva anche la condanna dei convenuti al pagamento tra quanto versato e quanto pattuito per la compravendita citata ed in subordine dichiarare risolto il contratto di cui all’atto pubblico del 15 maggio 2009, così come integrato dalla scrittura privata recante pari data con la conseguente condanna al risarcimento danni patiti per effetto dell’inadempimento.

Il Tribunale di Benevento, con sentenza n. 526/2014, in accoglimento della domanda attorea, dichiarava risolto per inadempimento della parte acquirente il contratto di compravendita immobiliare stipulato tra il M. e la C. il (OMISSIS). Quest’ultima veniva anche condannata a risarcire il danno sofferto dal M. mediante il pagamento di 42.000 Euro.

2. La Corte di Appello di Napoli, con la sentenza n. 4488 del 12 novembre 2014, dichiarava improcedibile l’appello proposto dai coniugi Ch. – C. in quanto non era stato possibile effettuare all’appellante la comunicazione del rinvio ex art. 348 c.p.c. nè a mezzo pec, nè a mezzo fax, non risultando presente la prima e inattivo il secondo, considerato che ai sensi del D.L. n. 179 del 2012 le comunicazioni vanno fatte esclusivamente tramite pec..

3. Avverso tale pronunzia, Ch.Vi. e C.A. propongono ricorso in Cassazione con tre motivi.

3.1. Resiste con controricorso M.E..

3.2. Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.

4. Il collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Occorre preliminarmente esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente sia in relazione alla mancanza della procura speciale rilasciata ad un avvocato iscritto nell’albo dei difensori abilitati al patrocinio innanzi le giurisdizioni superiori, sia perchè non risulta la data in cui è stata rilasciata la procura.

L’eccezione è infondata.

Infatti la procura, così come il ricorso, risultano firmati dall’avv. Antonio Aceto iscritto all’albo dei cassazionisti. La procura tra l’altro è in calce al ricorso ma prima dell’indice degli allegati pertanto si ritiene che abbia la stessa data del ricorso.

5.1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la “violazione del Dlgs 179/2012 disatteso nel disposto di cui al punto 8”.

5.2. Con il secondo motivo deducono “violazione dell’art. 137 c.p.c., in quanto non applicato nonostante il richiamo del D.Lgs. n. 179 del 2015.”

5.3. Con il terzo motivo denunciano “omessa insufficiente e contraddittoria motivazione con cui dichiara improcedibile l’appello senza valutare la situazione di forza maggiore di carattere naturale da considerare motivo esimente oggettivo e non imputabile ai ricorrenti a causa dello sconvolgimento atmosferico, che ha impedito agli appellanti di ricevere qualsiasi comunicazione rendendoli esenti da ogni responsabilità per la mancata presentazione all’udienza. L’assenza, certamente involontaria, semmai è ad imputare all’inerzia assoluta per omessa comunicazione del cancelliere in presenza della causa di forza maggiore di carattere naturale”.

Con i tre motivi contestano, sotto profili diversi, che la mancata conoscenza legale per omessa comunicazione dell’ordinanza della Corte d’Appello ex art. 348 c.p.c.è da imputare al cancelliere. Sostengono, infatti, che non avendo ricevuto la comunicazione o notifica, senza alcuna loro responsabilità, perchè impedita da causa di forza maggiore, non poteva essere dichiarata l’improcedibilità dell’appello senza che la Corte territoriale avesse prima effettuato una verifica sull’operato del cancelliere, al fine di accertare la regolarità della comunicazione secondo l’art. 348 c.p.c., e l’eventuale assenza di responsabilità imputabile agli appellanti.

6. I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili. Sono inammissibili laddove prospettano, in maniera generica ed attraverso una superficiale esposizione della vicenda, una serie di questioni di fatto tendenti ad ottenere dalla Corte di legittimità una nuova e diversa valutazione del merito della controversia.

Infatti, quanto ai primi due motivi si rileva la apodittica affermazione relativa al mancato funzionamento del fax e della pec dello studio dell’avv. Ch. in conseguenza di eventi atmosferici che, da un lato non sono minimamente comprovati e dall’altro si rivelano inconferenti, atteso che gli stessi, avuto riguardo alla comunicazione a mezzo di casella di posta elettronica certificata, non escludono di per sè la funzionalità e la consultazione dello strumento di comunicazione telematica da parte dell’utente in possesso delle corrette credenziali di accesso.

Per quanto riguarda invece il terzo motivo si evidenzia che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. S.U. 8053-8054/2014). Alla luce dell’enunciato principio, risulta che i ricorrente, non hanno rispettato i limiti di deducibilità del vizio motivazionale imposti dalla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

7. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

8. Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2017

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