Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23956 del 29/10/2020

Cassazione civile sez. II, 29/10/2020, (ud. 13/10/2020, dep. 29/10/2020), n.23956

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – rel. Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28414-2016 proposto da:

A.G., rappresentato e difeso da se medesimo,

A.D., rappresentato e difeso dall’avvocato GINO ANDREINI, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

G.F., GA.PU.;

– intimati –

avverso l’ordinanza di accoglimento parziale del TRIBUNALE di

LIVORNO, depositata il 21/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/10/2020 dal Presidente Dott. SERGIO GORJAN;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO ALESSANDRO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

G. e A.D. ebbero a proporre opposizione, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 avverso il decreto di liquidazione compenso al consulente tecnico G.F., emesso dal Giudice del Tribunale di Livorno ad esito di attività di trascrizione di conversazioni registrate, poichè eccessiva la liquidazione in relazione all’effettiva qualità e quantità d’opera professionale prestata e riconosciute spese non giustificate e, comunque, eccessive.

Avanti il Giudice del Tribunale di Livorno ebbero a contraddire e il consulente G.F. e Ga.Pu., controparte degli A. nel processo di merito; all’esito il Giudice livornese procedette e riliquidare – in diminuzione – il compenso dovuto al consulente, confermando la debenza degli esborsi indicati dallo stesso.

Avverso l’ordinanza resa dal Tribunale toscano hanno proposto impugnazione per cassazione G. e A.D., articolando tre ragioni di doglianza, illustrato anche con note difensive.

I soggetti evocati sono rimasti intimati.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dai consorti A. s’appalesa privo di fondamento giuridico e va rigettato.

In limine deve la Corte rilevare come i documenti dimessi dai ricorrenti con la nota del 21.12.2016 e del 25.2.2020 non possono esser ammessi poichè non corrispondenti a quanto prescritto ex art. 372 c.p.c.

Con il primo mezzo d’impugnazione le parti ricorrenti denunziano violazione del disposto L. n. 319 del 1980, ex art. 7 posto che il Tribunale ha ritenuto adeguatamente documentate le spese sostenute dal consulente per espletare l’incarico benchè non predisposta nota specifica a giustificazione delle stesse ed, inoltre, depositate a giustificazione esclusivamente due fatture, che nemmeno illustrano con chiarezza i servizi resi dalla società emittente.

La censura mossa s’appalesa priva di fondamento posto che, sub specie vizio di violazione o falsa applicazione di regole di diritto, viene mossa in effetti una contestazione alla valutazione operata dal Giudice di merito, apprezzamento insindacabile in sede di legittimità.

Di fatti la norma invocata siccome violata – oggi ricompresa bel D.P.R. n. 115 del 2002, art. 56 – dispone che gli esborsi fatti dal consulente per eseguire l’opera professionale richiesta dal Giudice sono rimborsabili dietro presentazione di specifica nota con allegata la documentazione giustificativa.

Orbene, dal tenore della stessa argomentazione critica illustrata nel ricorso, appare come la richiesta nota venne presentata e che alla stessa furono allegate due fatture emesse da società, che rese il servigio richiesto dal consulente.

I ricorrenti, tuttavia, non la ritengono conforme alla previsione di legge sulla scorta di loro apprezzamento della formulazione concreta della citata nota.

Viceversa il Tribunale di Livorno ebbe ad esaminare puntualmente la questione e rilevata la presenza di nota e documentazione allegata, siccome richiesto dalla legge, ritenne un tanto adeguato a fondare la richiesta di rimborso.

Di conseguenza l’attuale contestazione, una volta certo che il consulente presentò nota e documentazione a giustificazione, si configura siccome una valutazione alternativa rispetto all’apprezzamento del Giudicante.

Il Giudice toscano ha osservato la norma di legge poichè ha ritenuto che la liquidazione degli esborsi sostenuti dal consulente può esser fatta solo su presentazione di nota ed allegata documentazione; mentre altro è apprezzare il grado di specificità della nota presentata, siccome adeguata o non circa il rispetto del canone di legge, poichè un tanto è l’oggetto proprio del giudizio di merito. Pertanto la richiesta a questa Corte di legittimità di un’inammissibile apprezzamento di merito non configura il vizio dedotto.

Con la seconda doglianza i ricorrenti lamentano violazione della norma ex art. 115 c.p.c. poichè il Giudice livornese ha omesso di considerare che la valutazione della non necessità delle spese, di cui è chiesto il rimborso, non era stata contesta da controparte, per cui era da considerarsi fatto pacifico in causa, sicchè d’un tanto il Giudice doveva tener conto nella sua decisione.

La censura pecca di carenza di specificità posto che si compendia in apprezzamento della condotta processuale tenuta da contro parte con riguardo alla contestazione circa la necessità degli esborsi, ma non riporta i passi della nota difensiva avversaria sul punto al fine di consentirne l’apprezzamento da parte di questa Corte Suprema.

Parte ricorrente si limita a postulare che controparte non ebbe a contestare le sue critiche circa la necessità dell’utilizzo di strumenti per l’espletamento dell’incarico affidato dal Giudice – trascrizione di conversazioni registrate – così esponendo propria valutazione circa la posizione processuale assunta dalla parte avversaria e, non già, riportando un dato di fatto apprezzabile da questa Suprema Corte per rilevare l’errore commesso dal Giudice livornese, che invece non ha ritenuto la questione pacifica.

Con il terzo mezzo d’impugnazione i consorti A. deducono falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. poichè il Giudice dell’opposizione ha ritenuto non contestato “l’operato del consulente” che invero era proprio l’oggetto dell’opposizione da loro spiegata.

La censura non coglie l’effettivo senso dell’argomentazione presente nella decisione impugnata.

Difatti il Giudice toscano non ha affatto affermato che l’operato del consulente non è stato contestato dai ricorrenti in questa lite, bensì ha indicato un argomento di valutazione ossia che la questione della necessità o non dell’uso di apparecchiature di altro soggetto per espletare l’incarico non fu sollevata dalle parti nelle due occasioni in cui, nell’ambito del giudizio di merito, vennero chieste al consulente delle integrazioni al suo operato.

Dunque non può concorrere alcuna falsa applicazione del disposto ex art. 115 c.p.c. poichè l’apprezzamento effettuato dal Giudice non attiene a condotta processuale tenuta dalla parte di causa, bensì ad elemento esterno utilizzato quale dato di valutazione.

Al rigetto del ricorso non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di lite per questo giudizio di legittimità posto che le parti resistenti sono rimaste intimate.

Concorrono i presupposti per l’ulteriore versamento del contributo unificato da parte delle parti ricorrenti.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2020

 

 

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