Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23955 del 24/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 24/11/2016, (ud. 16/10/2016, dep. 24/11/2016), n.23955

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

IPERCLUB spa, già PM EUROPE spa, rappresentata e difesa dall’avv.

Valerio Ficari e dall’avv. Gianluca Contaldi, presso il quale è

elettivamente domiciliato in Roma alla via Pierluigi da Palestrina

n. 63;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 47/14/08, depositata il 10 aprile 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16

ottobre 2015 dal Relatore Cons. Antonio Greco;

uditi l’avvocato dello Stato Giancarlo Caselli per la ricorrente e

l’avv. Valerio Ficari per la controricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’accoglimento del primo

motivo, assorbiti gli altri motivi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che, rigettandone l’appello, nel giudizio introdotto dalla spa IPERCLUB, esercente attività turistico alberghiera, con l’impugnazione del diniego di rimborso di quanto indebitamente versato a seguito del mancato riconoscimento della piena fruizione, per l’anno 2004, del credito d’imposta per gli investimenti nelle aree svantaggiate, come maturato sulla base dell’originaria previsione della L. n. 388 del 2000, art. 8 – laddove l’ufficio aveva fatto applicazione di quanto disposto dalla successiva L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1, lett. a), e del correlato D.M. di attuazione 6 agosto 2006, che ne avevano previsto una utilizzazione limitata al 49% per il 2003 ed al 6% per gli anni successivi -, ha confermato la “disapplicazione della disciplina contenuta nel citato L. n. 289 del 2002, art. 62” in quanto illegittima “per violazione degli artt. 3, 41, 53, 77 e 117 Cost. nonchè della L. n. 212 del 2000, art. 3”.

Secondo il giudice d’appello la sentenza di primo grado avrebbe correttamente considerato irragionevole la modifica in pejus della disciplina dell’agevolazione in parola, disciplina nuova che avrebbe riservato ai contribuenti un trattamento deteriore rispetto alla disciplina previgente; una disparità di trattamento sarebbe anche integrata in ragione della diversa localizzazione dell’insediamento produttivo; l’intempestività del mutamento della disciplina non sarebbe, infine, conforme al principio, fissato dall’art. 3 dello statuto del contribuente, di tutela dell’affidamento.

La nuova normativa non poteva, per tali ragioni, essere applicata, sicchè il silenzio rifiuto opposto dall’ufficio era illegittimo.

La società contribuente resiste con controricorso, illustrato con successiva memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, denunciando “violazione e falsa applicazione dell’art. 134 Cost. e seg., della L. cost. n. 1 del 1948 e della L. n. 87 del 1953, nonchè degli artt. 112 e 113 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, l’amministrazione ricorrente censura la decisione in quanto questa perverrebbe, in base ad un apprezzamento nel merito delle questioni di costituzionalità sollevate dalla contribuente, a disapplicare autonomamente una norma di legge vincolante, disapplicazione costituente violazione delle norme, anche di rango costituzionale, in rubrica.

Il motivo è fondato.

Questa Corte ha infatti in più occasioni chiarito come “le norme della L. 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. Statuto del contribuente), emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento tributario, sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nell’interpretazione delle norme tributarie (anche anteriori), ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria; conseguentemente, non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, nè consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse: in applicazione del suddetto principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva disapplicato la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. a) ritenendolo contrastante con la L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 2” (ex multis, Cass. n. 8254 del 2009).

Più in generale, è appena il caso di ricordare che il sindacato di legittimità costituzionale delle leggi nel nostro ordinamento si svolge in forma incidentale, appartenendo al giudice comune la valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione, ed all’esito la sua remissione alla Corte costituzionale per la decisione, di guisa che al detto giudice comune è preclusa ogni “autonoma” forma di disapplicazione della norma di legge indubbiata.

Il motivo deve essere pertanto accolto, con assorbimento del secondo e del terzo motivo, con i quali si lamenta la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 63, comma 1, lett. a), e dell’art. 3 dello statuto del contribuente, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in altra composizione.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2015.

Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2016

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