Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23954 del 12/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 12/10/2017, (ud. 26/05/2017, dep.12/10/2017),  n. 23954

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14010-2015 proposto da:

M.C., M.T., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA CAPRANICA 95, presso lo studio dell’avvocato MARCELLA

ANNA ZAPPIA, rappresentati e difesi dall’avvocato ALESSANDRO MARIO

TRAVIA giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

CURATELA FALLIMENTO M.G., in persona del curatore Avv.

ROBERTO CAPRIA, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE MEDAGLIE

D’ORO 7, presso lo studio dell’avvocato EDOARDO CRISTINI,

rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO SCOPELLITI giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

nonchè contro

MPS GESTIONE CREDITI BANCA SPA, INTESA BCI SPA, BANCO NAPOLI SPA,

T.U.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 59/2015 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 02/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/05/2017 dal Consigliere Dott. D’ARRIGO COSIMO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO ALBERTO che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo del

ricorso;

udito l’Avvocato ALESSANDRO MARIO TRAVIA;

udito l’Avvocato LUCIO LAURITA per delega.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La MPS Gestione Crediti Banca s.p.a. ha trascritto un pignoramento immobiliare in data (OMISSIS) su immobili di proprietà dei germani M.C. (classe (OMISSIS)) e M.G., quest’ultimo successivamente dichiarato fallito. Gli immobili erano pervenuti agli esecutati per successione ereditaria.

Avverso tale procedura esecutiva hanno proposto opposizione Ma.Co. (classe (OMISSIS)) e M.T., deducendo di aver rinvenuto due testamenti olografi degli originari comproprietari, pubblicati in data (OMISSIS). Con tali atti mortis causa i disponenti, autonomamente e ciascuno per la propria parte, istituivano eredi universali i nipoti Co. e M.T. talchè i beni pignorati non sarebbero caduti in successione legittima e così pervenuti agli esecutati, bensì devoluti per via testamentaria ai nipoti, estranei al processo esecutivo.

La Corte d’appello di Reggio Calabria, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato l’opposizione all’esecuzione, osservando che il diritto degli opponenti all’accettazione dell’eredità si era oramai prescritto, essendo decorsi più di dieci anni dall’apertura delle successioni, restando a tal fine irrilevanti il tipo di devoluzione e la data di rinvenimento dei testamenti.

Avverso tale decisione gli opponenti ricorrono per quattro motivi. La Curatela del fallimento di M.G. resiste con controricorso. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 459 e 2660 c.c., nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo. In particolare, i ricorrenti osservano che il giudici di merito avrebbero errato nel ritenere che fosse sufficiente, per l’assoggettamento degli immobili ad azione esecutiva, la loro decadenza dalla facoltà di accettare l’eredità, occorrendo invece anche la prova positiva che tali beni fossero stati formalmente accettati dagli esecutati e che tale accettazione fosse stata trascritta.

Con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 2650 e 2644 c.c.. La sentenza impugnata censurata nella parte in cui omette di considerare che l’eventuale trascrizione tardiva dell’accettazione tacita dell’eredità da parte degli esecutati non sarebbe opponibile ai nipoti, i quali hanno trascritto l’accettazione dell’eredità in data anteriore ((OMISSIS)).

Con il terzo motivo si prospetta la violazione dell’art. 2652 c.c., in quanto la trascrizione della “ipotetica, futura, eventuale domanda giudiziale della Curatela” sarebbe priva di effetti rispetto “alla trascrizione effettuata dai ricorrenti nel 1999”, per cui una domanda che dovesse accoglierla non pregiudicherebbe i diritti dei terzi in buona fede. I ricorrenti indicano altresì le circostanze di fatto da cui si ricaverebbe la loro buona fede.

Infine, con il quarto motivo si deduce la violazione degli artt. 480 e 2935 c.c., poichè non esiste alcun impedimento giuridico all’operatività dell’art. 2935 c.c..

I motivi possono essere trattati congiuntamente, in quanto accomunati dalla circostanza che nessuno di essi coglie la ratio decidendi della sentenza d’appello.

Come già osservato, la corte d’appello ha ritenuto l’intervenuta prescrizione del diritto all’accettazione dell’eredità da parte degli opponenti. Coerentemente con l’orientamento della Cassazione, i giudici di merito hanno ritenuto che non esistono due distinti ed autonomi diritti di accettazione dell’eredità, derivanti l’uno dalla delazione testamentaria e l’altro dalla delazione legittima, ma, quale che sia il titolo della chiamata, un unico diritto di accettazione, che, se non viene fatto valere, si prescrive nel termine di dieci anni dal giorno dell’apertura della successione (Sez. 2, Sentenza n. 264 del 08/01/2013, Rv. 624596). Conseguentemente, è stato rilevato che, alla data di pubblicazione dei testamenti di A. e M.D. (avvenuta il (OMISSIS)), il diritto degli opponenti – istituiti eredi universali – di accettare le due eredità era già abbondantemente prescritto, essendosi aperte la successione di M.A. il (OMISSIS) e quella di M.D. il (OMISSIS). Ne deriva che Co. e M.T. non sono titolari di un diritto opponibile ai creditori procedenti. Più in generale, i predetti sono carenti di interesse ad agire poichè, non avendo titolo per conseguire la proprietà degli immobili pignorati, non trarrebbero – neppure in astratto alcun vantaggio dall’eventuale accoglimento dell’opposizione.

Tali conclusioni non vengono scalfite da alcuno dei motivi prospettati dai ricorrenti. Gli stessi, infatti, omettono di considerare che una volta prescritta la possibilità di accettare, da parte loro, la chiamata testamentaria – i beni pignorati si sono devoluti in favore dei debitori esecutati secondo le regole della successione legittima, nè risulta che questi ultimi abbiano rinunciato all’eredità.

In tale contesto è chiaramente inconducente tanto il riferimento alla necessità di una formale accettazione da parte degli esecutati, quanto il problema della priorità delle trascrizioni. La trascrizione, infatti, non ha efficacia costitutiva, ma serve a regolare il conflitto fra più acquirenti (per atti inter vivos o mortis causa) dei medesimi beni immobili. Nel caso di specie, come s’è detto, gli opponenti non hanno diritto a succedere nella proprietà dei beni pignorati, sicchè è irrilevante la questione della pretesa anteriorità della trascrizione della tardiva (e quindi inefficace) accettazione dell’eredità da parte loro. La trascrizione dell’accettazione dell’eredità non sana la circostanza che la stessa è tardiva e quindi inefficace.

Inoltre, il ricorso non risponde neppure ai requisiti di specificità richiesti dall’art. 366 c.p.c., n. 6, poichè nessuna delle circostanze dedotte risulta documentata. In particolare, non sono stati prodotti nè i testamenti olografi, nè le note di trascrizione del pignoramento e delle dichiarazioni di accettazioni dell’eredità, sicchè il ricorso non risponde al requisito dell’autosufficienza.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

Sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

PQM

 

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento, in favore della Curatela del fallimento M.G., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, parte del ricorrenti in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2017

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