Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23953 del 24/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 24/11/2016, (ud. 15/10/2016, dep. 24/11/2016), n.23953

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14025-2010 proposto da:

N.S., elettivamente domiciliata in ROMA VIA SAN GIOVANNI

IN LATERANO 210, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE URCIUOLI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANNIBALE PORRONE giusta delega

in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA ESATRI SPA, MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 59/2009 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 07/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/10/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO GRECO;

udito per la ricorrente l’Avvocato CORAPI delega avvocato PORRONE che

si riporta agli atti;

udito per il controricorrente l’avvocato FIORENTINO che si riporta

agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

N.S. propone ricorso per cassazione, sulla base di un motivo, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle entrate, ha confermato la legittimità della cartella, notificatale il 29 agosto 2007, con cui, nella qualità di erede di N.L., deceduto tre anni prima, le veniva richiesto, all’esito della liquidazione in base alla dichiarazione per l’anno 2003, il pagamento di Euro 19.939,80 per IRPEF e IRAP.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, denunciando “violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 6 in relazione a quanto previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5”, la ricorrente censura la sentenza di merito con riguardo al mancato previo invio di una richiesta di chiarimenti ovvero di una comunicazione di irregolarità.

La formulazione del motivo non risponde alle prescrizioni poste, “a pena di inammissibilità”, dall’art. 366 bis c.p.c., non comprendendo, come eccepito dall’Agenzia delle entrate, nè un quesito di diritto, per la parte della censura con la quale si denuncia violazione di legge, nè, per la parte con la quale si denuncia vizio di motivazione, il cd. momento di sintesi, vale a dire la chiara indicazione riassuntiva, sintetica ed autonoma, del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o insufficiente e delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (ex plurimis, Cass. n. 2652 e n. 8897 del 2008, n. 27680 del 2009; Cass., sez. unite, 1 ottobre 2007, n. 20603).

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 2.500 per compensi di avvocato, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2015.

Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2016

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