Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23953 del 22/10/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 23953 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: DI CERBO VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 25426-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, domiciliata in
ROMA, PIAZZA G. MAZZINI 27, presso lo STUDIO TRIFIRO’
& PARTNERS, rappresentata e difesa dall’avvocato
SALVATORE TRIFIRO’, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

2617

CRITTI
*

NICOLO’

CRTNCL78P21F261D,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI BETTOLO 4, presso
lo studio dell’avvocato BROCHIERO MAGRONE FABRIZIO,

Data pubblicazione: 22/10/2013

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
PAGLIARELLO ANGELO, giusta delega in atti;
– controricorrente
avverso la sentenza n.

992/2007 della CORTE D’APPELLO

di MILANO, depositata il 30/10/2007 R.G.N. 390/2006;

udienza del 19/09/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO
DI CERBO;
udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega
TRIFIRO’ SALVATORE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

r

25426.08

Udienza 19 settembre 2013

Pres. P. Stile
Rei V. Di Cerbo

Sentenza

Rilevato che
1.

La Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza di prime cure che aveva
dichiarato l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato da Poste
Italiane s.p.a. con Nicolò Critti ed aveva condannato la società a riammettere in servizio
il lavoratore ed a corrispondergli le retribuzioni dalla costituzione in mora.

2.

Per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso illustrato da
memoria; il lavoratore ha resistito con controricorso.

3.

Il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata.

4.

Il lavoratore è stato assunto con contratto a termine, con decorrenza 17 ottobre 2000,
stipulato con esplicito riferimento all’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994 ed in
particolare alla previsione ivi contenuta che consente la stipulazione di contratti a
termine per la necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per

ferie nel periodo giugno – settembre.
5.

La Corte di merito ha ritenuto l’illegittimità del termine apposto al suddetto contratto
sul rilievo che la decorrenza del contratto era iniziata nel mese di ottobre per cui esso
non rientrava nella fattispecie prevista dalla sopra indicata norma collettiva che fa
esclusivo riferimento al periodo giugno — settembre. Sotto altro profilo ha ritenuto
infondata l’eccezione, proposta da Poste Italiane s.p.a., di risoluzione del rapporto per
mutuo consenso.

6.

Con il primo motivo la società ricorrente censura (denunciando violazione dell’art.
1372, primo comma, cod. civ.) la statuizione della sentenza impugnata che ha rigettato
l’eccezione di risoluzione del rapporto per mutuo consenso.

7.

La censura è infondata; secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte
(cfr., in particolare, Cass. 17 dicembre 2004 n. 23554), nel giudizio instaurato ai fini del
riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato
(sul presupposto dell’illegittima apposizione al relativo contratto di un termine finale
ormai scaduto), per la configurabilità di una risoluzione del rapporto per mutuo
consenso è necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la
conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonché alla stregua delle modalità di tale
conclusione, del comportamento tenuto dalla parti e di eventuali circostanze
3

La Corte

significative – una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre
definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo; la valutazione del significato e della
portata del complesso di tali elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui

8.

Prima di esaminare gli altri motivi di ricorso, tutti riferiti al profilo relativo alle
conseguenze economiche della dichiarazione di nullità della clausola appositiva del
termine, deve esaminarsi il problema, sollevato in sede di memoria depositata da Poste
Italiane s.p.a. ex art. 378 cod. proc. civ., dell’applicabilità al caso di specie dello ius
superveniens, rappresentato dall’art. 32, commi 5°, 6° e 7° della legge 4 novembre 2010
n. 183, in vigore dal 24 novembre 2010.

9.

In proposito deve premettersi, in via di principio, che costituisce condizione necessaria
per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto,
con efficacia retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che
quest’ultima sia in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura
nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato
dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27 febbraio
2004 n. 4070); in tale contesto, è altresì necessario che il motivo di ricorso che investe,
anche indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina sopravvenuta, oltre ad essere
sussistente, sia altresì ammissibile secondo la disciplina sua propria; ne consegue che,
con riferimento alla disciplina qui invocata, la necessaria sussistenza della questione ad
essa pertinente nel giudizio di cassazione presuppone che i motivi di ricorso investano
specificatamente le conseguenze patrimoniali dell’accertata nullità del termine e che
essi siano ammissibili; in particolare, ove, come nel caso in esame, il ricorso sia stato
proposto avverso una sentenza depositata successivamente alla data di entrata in
vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40 e prima del 4 luglio 2009 (data di entrata in
vigore della legge n. 69 del 2009), tali motivi devono essere altresì corredati, a pena di
inammissibilità degli stessi, dalla formulazione di un adeguato quesito di diritto, ai
sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., ratione temporis ad essi applicabile; in caso di
assenza o di inammissibilità di una censura in ordine alle conseguenze economiche
dell’accertata nullità del termine, il rigetto dei motivi inerenti tale aspetto pregiudiziale
produce infatti la stabilità delle statuizioni di merito relative a tali conseguenze.

10. Nel caso in esame il secondo, il terzo, il quarto e il quinto motivo investono il tema al
quale si riferisce la disciplina di cui all’art. 32 prima citato. Con il terzo motivo con il
quale è stata denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 1206, 1207, 1217,
1219, 2094 e 2099 cod. civ., parte ricorrente lamenta, in particolare, la violazione dei
principi in tema di mora accipiendi. Il motivo si conclude con il seguente quesito di

per il principio della corrispettività della
prestazione, il lavoratore — a seguito dell’accertamento giudiziale dell’illegittimità del
contratto a termine stipulato — ha diritto al pagamento delle retribuzioni soltanto dalla
data di riammissione in servizio, salvo che abbia costituito in mora il datore di lavoro,
diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ.:

4

conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o
errori di diritto; nel caso in esame la Corte di merito ha ritenuto che la mera inerzia del
lavoratore dopo la scadenza del contratto non fosse sufficiente, stante la sua durata, e
in mancanza di ulteriori significativi elementi di valutazione, a far ritenere la sussistenza
dei presupposti della risoluzione del rapporto per mutuo consenso e tale conclusione in
quanto priva di vizi logici o errori di diritto resiste alle censure mosse in ricorso.

11. I quesiti relativi al secondo e quinto motivo di ricorso risultano del tutto generici e
sostanzialmente non pertinenti rispetto alla fattispecie, quanto si risolvono, in buona
sostanza, nella enunciazione in astratto delle regole vigenti nella materia senza
enucleare il momento di conflitto rispetto ad esse del concreto accertamento operato
dai giudici di merito (cfr. Cass. 4 gennaio 2011 n. 80; Cass. 29 aprile 2011 n. 9583); ciò in
contrasto con i principi enunciati da questa Corte di legittimità (cfr., in particolare, Cass.
S.U. 5 gennaio 2007 n. 36) secondo cui il quesito di diritto, richiesto a pena di
inammissibilità del relativo motivo, deve essere formulato in maniera specifica e deve
essere chiaramente riferibile alla fattispecie dedotta in giudizio, dovendosi ritenere
inesistente un quesito generico e non pertinente, con conseguente inammissibilità del
relativo motivo, come nel caso di specie. La stessa conclusione di inammissibilità vale
per il vizio di motivazione denunciato nel terzo e quarto motivo rispetto ai quali manca
il “momento di sintesi” che la giurisprudenza di questa Corte (cfr., in particolare, Cass.
25 febbraio 2009 n. 4556) ha individuato come una esposizione chiara e sintetica del
fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende
inidonea la motivazione a giustificare la decisione.
12. Per completezza di trattazione deve osservarsi che non assume alcun rilievo, ai fini della
presente decisione, la circostanza peraltro allegata, nella memoria ex art. 378 cod.
proc. civ., in modo assolutamente generico, della rinuncia del Critti al ripristino del
rapporto. Trattasi comunque di vicenda successiva, estranea all’oggetto del presente
giudizio, che in ogni caso non incide sull’interesse del lavoratore alla conferma della
declaratoria di nullità del termine apposto al contratto de quo, di conversione del
rapporto in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e al pagamento
delle retribuzioni maturate.
13. Il ricorso va in definitiva respinto.
14. Al rigetto del ricorso, consegue, per il principio della soccombenza, che le spese del
presente giudizio vengano poste a carico di parte ricorrente nella misura, liquidata in
dispositivo, che tiene conto delle disposizioni di cui al d.m. 20 luglio 2012 n. 140
5

offrendo espressamente la prestazione lavorativa nel rispetto della disciplina di cui agli
artt. 1206 e segg. cod. civ. Con il terzo e quarto motivo la società ricorrente denuncia,
peraltro in modo affatto generico, vizi di motivazione con riferimento alla statuizione
della sentenza impugnata concernente la decorrenza dell’obbligo di corrispondere le
retribuzioni e la deducibilità dell’aliunde perceptum. Con il quinto motivo, con il quale è
stata denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1219, 1223, 1227, 2099
e 2697 cod. civ., parte ricorrente lamenta, in particolare, la mancata considerazione del
principio compensati° lucri cum domo nonché dell’eventuale concorso colposo del
lavoratore (consistente nell’omessa ricerca di un nuovo posto di lavoro). Il motivo si
conclude con il seguente quesito di diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ.: se nel caso di
accertamento della pretesa illegittimità del termine apposto al contratto di assunzione,
il risarcimento del preteso danno derivante dalla perdita della retribuzione debba essere
in ogni caso quantificato considerando l’aliunde perceptum ovvero — ai sensi dell’art.
1227 cod. civ. — il concorso colposo de/lavoratore che abbia omesso di ricercare una
diversa occupazione.

(entrato in vigore il 23 agosto 2012) emanato ai sensi dell’art. 9 del d.l. n. 1 del 2012
convertito in legge n. 27 del 2012.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
cassazione, liquidate in Euro 100,00 per esborsi oltre Euro 3500 (tremilacinquecento) per
compensi professionali e oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 settembre 2013.

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