Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2395 del 31/01/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 2395 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: TRICOMI LAURA

SENTENZA
sul ricorso 21888-2016 proposto da:
TOPPETTI 2 SRL in persona

del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato

in ROMA VIALE

GORIZIA 51-B, presso lo studio dell’avvocato FERRUCCIO
ZANNINI, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato ALESSANDRO MASTRODOMENICO giusta delega
2017

in calce;
– ricorrente –

1617

contro

EQUITALIA

NORD

SPA

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA FLAMINIA

135,

presso

lo

studio

Data pubblicazione: 31/01/2018

dell’avvocato PIERLUIGI GIAMMARIA, rappresentato e
difeso dagli avvocati GIUSEPPE PARENTE, MAURIZIO
CIMETTI giusta delega in calce;
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrenti nonchè contro

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;

intimato

avverso la sentenza n. 973/2016 della COMM.TRIB.REG.
ditVENEW, depositata il 13/09/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/11/2017 dal Consigliere Dott. LAURA
TRICOMI;
per questa causa il Procuratore Generale Dott.ssa
IMMACOLATA ZENO viene sostituita per la discussione
dal Procuratore Dott. MAURO VITIELLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURO VITIELLO che ha chiesto
l’inammissibilità del ricorso;
uditi per il ricorrente gli Avvocati MASTRODOMENICO e
ZANNINI che hanno chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato CAPOLUPO che
si riporta agli atti;
udito per il controricorrente l’Avvocato CHIRICOTTO

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

per delega dell’Avvocato CIMETTI che si riporta agli

atti.

FATTI DI CAUSA

1. La società contribuente Toppetti 2 SRL ricorre per la

del Veneto, in sede di rinvio a seguito della riassunzione del
giudizio conseguente alla sentenza della Cassazione n. 7056/2014.
La Agenzia delle entrate ed Equitalia Servizi di riscossione SPA
(incorporante Equitalia Nord SPA) replicano con separati
controricorsi.
2. La controversia concerne avvisi di accertamento per IRES,
IRAP e IRPEG per gli anni dal 2003 al 2008 ed una cartella di
pagamento emessa in relazione all’avviso di accertamento per
l’anno 2003, con irrogazione delle relative sanzioni.
L’attività accertativa aveva preso origine dall’arresto di un
notaio svizzero nel cui computer erano stati rinvenuti files relativi
anche alla società contribuente in ordine alla sottoscrizione di
contratti di cointeressenza e partecipazione predisposti al supposto
fine di contabilizzare formalmente costi per la riduzione degli utili
da sottoporre a tassazione, contratti ritenuti simulati dall’Agenzia
delle entrate, secondo la quale buona parte delle somme pagate
alla controparte era tornata nella disponibilità del legale
rappresentante della società contribuente.
3. La Cassazione con la sent. n. 7056/2014, aveva accolto il
ricorso della contribuente e rigettato il ricorso incidentale
dell’Agenzia, cassando con rinvio.
Nell’esaminare il ricorso principale aveva ravvisato la
fondatezza: 1) della doglianza attinente al difetto di motivazione
della sentenza impugnata, perché apodittica ed apparente, sul
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Cons. est. Laura Tricorni

cassazione della sentenza in epigrafe indicata, emessa dalla CTR

punto relativo al principio di trasparenza sul calcolo degli interessi e
dei compensi di riscossione; 2) della doglianza attinente al difetto
di motivazione della sentenza impugnata, perché apodittica, sul
punto relativo alla sufficienza della motivazione degli avvisi di
accertamento in merito alla ricostruzione del reddito ed al computo
delle sanzioni; 3) della doglianza attinente al difetto motivazionale
della sentenza con riferimento a “quanto affermato dal giudice di

riferimento alle diverse eccezioni sollevate dalla società
contribuente della fattispecie esaminata in giudizio” (fol. 7 sent.
Cass.) – segnatamente, l’eccezione di inutilizzabilità ed
inopponibilità, nei confronti della società ricorrente, degli atti e dei
documenti rinvenuti presso il notaio svizzero dalla G. di F.;
l’eccezione di determinazione dell’incidenza delle operazioni di
cointeressenza relativa ai ricavi totali nel corso dell’esercizio ed ai
costi evidenziati nel periodo in contestazione; l’eccezione
concernente la incomprensibilità della metodologia di calcolo ed il
criterio utilizzato dagli accertatori per la determinazione delle
imposte, degli interessi e delle sanzioni; l’eccezione di prescrizione
per gli anni di imposta 2003 e 2004 -.
La Corte aveva altresì ravvisato un difetto motivazionale della
sentenza impugnata laddove non forniva una congrua e
convincente spiegazione della ricostruzione della fattispecie, da un
lato sminuendo la circostanza che mancava la prova dei pagamenti
delle cedole su conti correnti cifrati ricondotti agli amministratori
della società contribuente, dall’altro collocandola d’ufficio nel
generale quadro dell’abuso del diritto, senza che l’Ufficio avesse
dato prova – come suo onere – del disegno elusivo, nonché delle
modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali
classici utilizzati solo per pervenire a quel risultato fiscale.
4. La CTR in sede di rinvio ha rigettato l’appello proposto dalla
contribuente, confermando la sentenza di primo grado, previa
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merito in ordine alla ricostruzione, sotto vari aspetti e con

integrazione della motivazione, con compensazione integrale delle
spese per tutti i gradi di giudizio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Il ricorso, come eccepito dalle controricorrenti Agenzia
delle entrate ed Equitalia, va dichiarato inammissibile.

della esposizione dei fatti, alla luce del dettato dell’art.366, primo
comma, n.3), cod. proc. civ., atteso che vengono ripercorsi
esclusivamente i passaggi processuali che si sono susseguiti tra
primo e secondo grado, cassazione e giudizio di rinvio, senza alcun
riferimento – neppure sommario – ai fatti che hanno originato la
controversia ed alle questioni dedotte in giudizio (fol. 2-10 del
ricorso).
In particolare: la menzione degli avvisi di accertamento e della
cartella impugnata è priva di riferimenti al contento specifico degli
stessi; manca del tutto l’esposizione dei motivi di impugnazione
svolti in primo grado e delle contestazioni sollevate avverso
l’attività amministrativa, nonché delle ragioni svolte dalle
controparti; di conseguenza, il richiamo a quanto dedotto in prime
cure, utilizzato per illustrare il contenuto del ricorso d’appello,
appare tautologico ed assertivo posto che nulla, nelle pagine
precedenti, è stato esposto e/o riprodotto in merito; anche la
trascrizione delle conclusioni del ricorso in appello non assolve ad
alcuna reale funzione, posto che dal contesto del ricorso non è
possibile capire sulla scorta di quali concrete deduzioni e
contestazioni sia stata invocata la pronuncia di nullità e/o di
annullamento del pvc, degli avvisi di accertamento e della cartella;
lo stesso discorso vale per gli atti del ricorso per cassazione e del
giudizio in riassunzione e per le difese delle controparti, nemmeno
esposte sommariamente.

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1.2. Osserva la Corte che il ricorso è carente sotto il profilo

Orbene, poiché «Il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti,
prescritto a pena d’inammissibilità del ricorso per cassazione, è
funzionale alla completa e regolare instaurazione del
contraddittorio ed è soddisfatto laddove il contenuto dell’atto
consenta di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che
hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione,
senza dover ricorrere ad altre fonti o atti, sicché impone alla parte

questa ragione in un’apparenza di motivazione, dì sopperire ad
eventuali manchevolezze della stessa decisione nell’individuare il
fatto sostanziale e soprattutto processuale.» (Cass. nn.
16103/2016, 24291/2016), ne consegue la evidente
inammissibilità del ricorso che, come nel caso in esame, non
soddisfi tale requisito.
1.3.1. Il ricorso risulta inammissibile anche per quanto attiene
all’esposizione dei motivi per i quali si richiede la cassazione, alla
luce dell’art.366, primo comma, n.4) cod. proc. civ.
Invero, l’esposizione della parte “Diritto” (fol. 10-27 del ricorso)
non è articolata per motivi (v. Cass. n.2312/2003), ma su sette
punti, nessuno dei quali è accompagnato dalla formale riconduzione
ad uno degli archetipi dei motivi di ricorso, enunciati all’art.360
cod. proc. civ.
1.3.2. Nello specifico, inoltre, al punto 1), in via preliminare, la
ricorrente si duole dell’acquisizione del pvc redatto il 29.06.2010
dalla G. di F. disposta dal giudice del rinvio, sostenendo che,
contrariamente a quanto affermato dalla CTR tale pvc non era stato
introdotto già in precedenza nel processo (fol. 10/11 del ricorso).
La questione è inammissibile, posto che il presupposto in fatto
della doglianza, e cioè la novità della introduzione del pvc nel
giudizio, non trova alcun conforto sul piano dell’autosufficienza risultando una mera asserzione – e confligge con quanto accertato
in fatto dalla CTR circa la allegazione del pvc agli atti di costituzione
in primo grado dell’Ufficio, di guisa che tale statuizione avrebbe
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ricorrente, sempre che la sentenza gravata non impinga proprio per

dovuto eventualmente essere oggetto di puntuale doglianza
motivazionale.
1.3.3. Al punto 2), sempre in via preliminare, la ricorrente si
duole anche della dichiarazione di inutilizzabilità dei documenti in
lingua straniera prodotti dalla parte privata nelle memorie difensive
di primo grado, perché non accompagnati da traduzione asseverata
(fol. 11/12 del ricorso).

precedente già affermato dalla Corte, secondo il quale “Nel
processo tributario, come in quello civile, la lingua italiana è
obbligatoria per gli atti processuali in senso proprio e non anche
per i documenti prodotti dalle parti, relativamente ai quali il giudice
ha, pertanto, la facoltà, e non l’obbligo, di procedere alla nomina di
un traduttore ex art. 123 cod. proc. civ., di cui si può fare a meno
allorché non vi siano contestazioni sul contenuto del documento o
sulla traduzione giurata allegata dalla parte e ritenuta idonea dal
giudice, mentre, al di fuori di queste ipotesi, è necessario
procedere alla nomina di un traduttore, non potendosi ritenere non
acquisiti i documenti prodotti in lingua straniera.” (Cass. n.
12525/2015), va osservato che la doglianza appare priva dei
necessari riferimenti al contenuto dei documenti ed alla loro
decisività e rilevanza specifica ai fini probatori nel giudizio: risulta
pertanto priva dei requisiti di ammissibilità in ordine alla specificità
e decisività della doglianza.
1.3.4. Al punto 3), passando al merito della decisione
impugnata, la ricorrente lamenta il mancato assolvimento
dell’onere motivazionale da parte del giudice del rinvio circa la
ritenuta osservanza in cartella delle disposizioni sul computo degli
interessi e dell’aggio.
Anche questa questione è inammissibile. Posto che la CTR
(punto 21.3 della sent.) ha dato conto dell’esplicitazione in cartella
dei criteri di determinazione delle spese di notifica e dei compensi
del servizio di riscossione con riferimento all’art.7 del d.P.R.
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La questione è inammissibile. Pur conoscendo questo Collegio il

n.112/1999 e degli interessi ai sensi dell’art.30 del d.P.R.
n.602/1973, la ricorrente non ha svolto alcuna contestazione sulla
inidoneità di tale esplicitazione, limitandosi a sostenere ancora una
volta, esclusivamente l’apoditticità della motivazione ed a
contestare l’applicazione del principio ignorantia legit non excusat
richiamato dalla CTR, senza assolvere all’onere di specificità del
motivo.

alla nullità degli avvisi di accertamento de quibus”(fol. 14).
La questione è inammissibile perché rivolta sostanzialmente alle
statuizioni concernenti la cartella di pagamento e gli argomenti
svolti non appaiono pertinenti agli avvisi.
La ricorrente introduce anche una censura in merito alla
motivazione offerta in sentenza relativamente alla eccezione di
nullità della cartella di pagamento per decadenza dei termini di
riscossione ex art.17, comma 1, del d.P.R. n.602/1973 (fol. 15, 17
del ricorso).
Anche questa denuncia è inammissibile perché non risulta la
sua tempestiva introduzione nel giudizio e la stessa Cassazione (nel
disporre il rinvio) ha escluso che fosse stata posta nei gradi
pregressi una censura in ordine alla supposta decadenza dal potere
di riscossione (fol. 5 sent. Cass. n. 7056/2014).
1.3.6. Al punto 5) la ricorrente sostiene che la sentenza
impugnata è connotata da motivazione apparente in merito alla
motivazione degli avvisi di accertamento.
La questione è inammissibile poiché, posto che la sentenza
impugnata esamina puntualmente gli avvisi, soffermandosi sui
profili motivazionali ai par. 22.3. e ss. della parte motiva, la
ricorrente non illustra in concreto e con la necessaria specificità su
quali profili si dovrebbe ravvisare una pronuncia apparente.
1.3.7. Al punto 6) si denuncia la statuizione di utilizzabilità degli
atti e dei documenti rinvenuti presso il notaio svizzero, sull’erroneo

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1.3.5. Al punto 4) la ricorrente affronta “la questione relativa

presupposto che la Cassazione avesse statuito per la loro
inutilizzabilità: da ciò discende l’inammissibilità della questione.
Si denuncia altresì la statuizione circa la fondatezza degli
avvisi: la denuncia è inammissibile posto che riproduce la sentenza
di cassazione, lamentandone il mancato rispetto, ma esamina solo
passaggi marginali della sentenza impugnata, laddove la decisione
(par. 23.1 e ss) si sofferma dettagliatamente sia nell’esame degli

prodotti a difesa dalla contribuente e li valuta puntualmente, di
guisa che la doglianza appare del tutto assertiva e non rispondente
al dettato dell’art.366 cod. proc. civ.
1.3.8. Al punto 7) si prospetta il grave danno che
conseguirebbe alla messa in esecuzione della sentenza e in tale
questione non è ravvisabile alcuna censura ex art.360 cod. proc.
civ.
2.1. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile; le
spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nella
misura liquidata in dispositivo.
Si dà atto, – ai sensi 13, comma 1

quater del d.P.R. del

30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte della ricorrente società dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a
norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso;

Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio

di legittimità, che liquida nel compenso di C. 18.000,00=, oltre
spese prenotate a debito, a favore dell’Agenzia delle entrate e di
€.18.000,00=, oltre spese generali liquidate forfettariamente nella
misura del 15% ed accessori di legge.

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elementi presuntivi offerti dall’Amministrazione, sia su quelli

-

quater del d.P.R. del

Dà atto, ai sensi 13, comma 1

30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte della ricorrente società, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a
norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Il Conigliere es nsore

I

( ura Tric mi)
Il Presidente
(Aurelio C pi anca)

/kin

Così deciso in Roma, 1’8 novembre 2017.

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