Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23947 del 22/10/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 23947 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: MANCINO ROSSANA

SENTENZA
sul ricorso 12612-2012 proposto da:
PELLECCHIA ARCANGELO PLLRNG67D20F111V, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA SARDEGNA 50, presso lo
studio dell’avvocato EMANUELE MERILLI, rappresentato
e difeso dall’avvocato TURRA’ SERGIO, giusta delega
in atti;
– ricorrente –

2013
2428

contro

G.S. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA
DEL POPOLO N. 18, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 22/10/2013

RIZZO NUNZIO, che la rappresenta e difende giusta
delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 3640/2011 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 20/0p2oll R.G.N.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/07/2013 dal Consigliere Dott. ROSSANA
MANCINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

4562/2008;

12612/2012 r.g.n. Pellecchia Arcangelo c/GS s.p.a.
Ud 3 giugno 2013

Svolgimento del processo

2. La Corte territoriale, per quanto qui rileva, riteneva adeguatamente provata la
condotta contestata al lavoratore, nella qualità di ausiliario addetto alle vendite
presso una filiale della società, e relativa alla tentata sottrazione di 60
confezioni di caffè per un complessivo valore di lire 215.000;
proporzionalmente commisurata la sanzione espulsiva comminata, tenuto
conto della lesione del vincolo fiduciario (la cui gravità non era giustificata o
attenuata dalla pregressa condotta del lavoratore immune da rilievi disciplinari)
e del tentativo del dipendente, una volta scoperto, di distogliere altro collega
dal dovere di segnalazione, oltreché della valenza diseducativa dell’accaduto
nei confronti degli altri dipendenti e della consistente quantità della merce in
questione, eccedente una finalità di uso meramente personale e tale da far
sottendere una finalità lucrativa a discapito della parte datoriale.
3. Aggiungeva la Corte di merito che, nonostante le risultanze del casellario
giudiziale, il dipendente risultava destinatario del decreto penale di condanna,
non opposto, emesso dal GIP del tribunale di Napoli, per il reato, consumato
e non solo tentato, di cui agli artt. 624,625, n. 4 c.p. e 61,n.11, 62, n.4 c.p.
perché, al fine di trarne profitto, si impossessava di 60 confezioni di caffè
detenute per la vendita nel supermercato, sottraendole al legittimo
proprietario, con l’aggravante della destrezza consistita nell’occultare la merce
all’interno di un carrello.
4. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, Pellecchia Arcangelo ha
proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi, illustrato ulteriormente
con memoria ex art. 378 c.p.c. La società intimata ha resistito con
controricorso.

Motivi della decisione
5. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente, denunciando violazione degli
artt. 115 e 437 c.p.c., si duole che la Corte di merito abbia posto a fondamento
del convincimento, tra l’altro, il decreto penale di condanna, già esistente fui
l
Rossana Mancino est.

12612/2012 r.g.n. Pellecchia Arcangelo c/GS s.p.a.

1. Con sentenza del 20 maggio 2011, la Corte d’Appello di Napoli accoglieva il
gravame svolto dalla GS s.p.a. contro la sentenza di primo grado che aveva
accolto la domanda proposta da Pellecchia Arcangelo, nei confronti della
predetta società, per la dichiarazione di illegittimità del licenziamento
intimatogli con nota dell’8 agosto 2001.

dalla pendenza del giudizio di primo grado ma prodotto dalla società nel corso
del giudizio di appello e in violazione dell’art. 437 c.p.c., giacché di formazione
risalente ad epoca ampiamente precedente la proposizione del gravame.
Assume di aver avuto conoscenza del decreto penale, contro il quale ha
interposto opposizione tardiva, solo a seguito dell’irrituale produzione in sede
di gravame e che il GIP, con provvedimento del 4.11.2011, ne ha disposto
Pannullatn.x.Mra-.

secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia insufficiente o
contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia per avere
ritenuto cardine della motivazione le chiare e precise dichiarazioni del teste
Bruno le cui dichiarazioni sono state contraddette nelle varie versioni date
quanto alla presenza di altri dipendenti all’accaduto e, pertanto, false tanto% ict.
richiede-alla Corte di cassazione, la trasmissione degli atti alla Procura della
Repubblica per la sussistenza del reato di falsa testimonianza a carico del
predetto Bruno Paolo.

7. Con il terzo motivo, con il quale viene dedotta violazione dell’art.2697 c.c. in
relazione al disposto dell’art. 5 L. 604/166 (recte 1966) si assume il mancato
raggiungimento della prova del requisito del rigore.
8. Osserva il Collegio che la prima censura manca di decisività perché si dirige
contro un’argomentazione, la rilevanza della condotta contestata agli effetti
penali, chiaramente svolta ad abundantiam dalla Corte di merito (che ha inteso
far riferimento al decreto penale di condanna dopo aver già ritenuto
adeguatamente provata la condotta contestata al dipendente), della quale è
inutile saggiare la fondatezza.
9. Quanto al secondo mezzo d’impugnazione va ribadito che la denuncia di un
vizio di motivazione nella sentenza impugnata non conferisce al giudice di
legittimità il potere di riesaminare autonomamente il merito dell’intera vicenda
processuale sottoposta al suo vaglio, bensì soltanto quello di controllare, sotto
il profilo delta correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, le
argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta in via esclusiva
l’accertamento dei fatti, all’esito dell’insindacabile selezione e valutazione della
fonti del proprio convincimento.
/O. Il vizio di motivazione deve, pertanto, emergere dall’esame del ragionamento
svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza impugnata, e può
ritenersi sussistente solo quando, in quel ragionamento, sia rinvenibile traccia
evidente del mancato (o insufficiente) esame di un fatto decisivo e
controverso, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni
complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del
procedimento logico- giuridico posto a base della decisione, non rilevando la
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Rossana Mancino est.

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6. Con il

11. In altri termini, il controllo di logicità del giudizio di fatto – consentito al
giudice di legittimità – non equivale alla revisione del ragionamento decisorio,
ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata
soluzione della questione esaminata: invero, una revisione siffatta si
risolverebbe, sostanzialmente, in una nuova formulazione del giudizio di fatto,
riservato al giudice del merito, e risulterebbe affatto estranea alla funzione
assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità.
12. Il motivo propone, invece, inammissibilmente la rivisitazione delle risultanze
istruttorie e al riguardo va riaffermato il consolidato principio secondo cui
l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la
valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio
sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la
scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a
sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice
del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte
di prova, con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di
indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere
ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo
ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non
menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione
adottata (cfr,ex p/urimis, Cass., nn. 13910/2001;11933/2003; 1554/2004;
12362/2006; 27464/2006).
13. Inoltre va ancora una volta ribadito che il ricorrente il quale, in sede di
legittimità, denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento
o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente le
circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od
erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro
trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della
di, delle prove stesse, che, per il principio
decisività dei fatti da provare, e, quindi,
dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la Corte di Cassazione deve
essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle
cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (ex multis, Cass.
17915/2010).
14. Nella specie le censure svolte non si informano alle regole innanzi richiamate
giacché si prospetta genericamente l’errata valutazione della documentazione
processuale senza trascriverne il contenuto, né indicare ove prodotta e allegata
nelle fasi di merito.
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Rossana Mancino est.

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mera divergenza tra valore e significato, attribuiti dallo stesso giudice di
merito, agli elementi da lui vagliati, ed il valore e significato diversi che, agli
stessi elementi, siano attribuiti dal ricorrente ed, in genere, dalle parti.

15. Infine risulta inammissibile l’ultimo mezzo di censura con il quale si pretende
illustrare la dedotta violazione di legge richiamando, tra virgolette, un principio
di diritto avulso dall’indicazione della relativa fonte giurisprudenziale, ed
omettendo di riprodurre, nell’argomentare la doglianza, il passaggio della
motivazione additato per l’erronea regolamentazione giuridica della fattispecie.
16. In definitiva, il ricorso va rigettato.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese,
liquidate in euro 50,00 per esborsi, oltre euro 2.500,00 per compensi
professionali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2013.

17. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

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