Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23946 del 22/10/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 23946 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: MANCINO ROSSANA

SENTENZA

sul ricorso 12097-2012 proposto da:
DRAGONE

LUIGI

DRGLGU47E05F839P,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DONATELLO 75, presso lo
studio dell’avvocato DE ROSIS MORGIA GIOVANNI, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
PASQUARELLA ROSARIO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
2427

contro

– AVVENIRE NUOVA EDITORIALE ITALIANA S.P.A., in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA G. MAZZINI

Data pubblicazione: 22/10/2013

27, presso lo STUDIO LEGALE TRIFIRÒ E PARTNERS,
rappresentata e difesa dagli avvocati BERETTA
STEFANO, SALVATORE TRIFIR0′, giusta delega in atti;
– S.T.E.C. – SOCIETA’ TIPOGRAFICO EDITRICE CAPITOLINA
S.P.A. in persona del legale rappresentante pro

DEPRETIS 86, presso lo studio degli avvocati CAVASOLA
PIETRO, SPAGNOLO FABRIZIO, giusta delega in atti;
– controri correnti –

avverso la sentenza n. 2976/2011 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 11/05/2011 R.G.N.
6255/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/07/2013 dal Consigliere Dott. ROSSANA
MANCINO;
udito l’Avvocato PASQUARELLA ROSARIO in proprio e per
delega avv. DE ROSIS MORGIA GIOVANNI;
udito l’Avvocato NUNZIATA PAOLA per delega avv.
SPAGNOLO FABRIZIO;
udito l’Avvocato PERON LUCA per delega TRIFIRO’
SALVATORE e BERETTA STEFANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A.

12097/2012 r.g.n. Dragone Luigi c/Avvenire Nuova Editoriale Italiana spa + 1
Ud 3 luglio 2013

L Con sentenza dell’I l maggio 2011, la Corte d’Appello di Napoli respingeva il
gravame svolto da Dragone Luigi contro la sentenza di primo grado che aveva
rigettato la domanda volta ad ottenere, in contraddittorio con la s.p.a. Avvenire
Nuova Editoriale Italiana e la s.p.a. Stec e previo accertamento del trasferimento del
ramo d’azienda dalla s.p.a. Avvenire NEI alla s.p.a. Stec, la declaratoria di
nullità/inefficiacia del licenziamento intimato dalla Avvenire NEI, con condanna
della STEC alla reintegrazione nel posto di lavoro.
2

La Corte territoriale puntualizzava che:
Dragone Luigi, dipendente della s.p.a. Avvenire NEI, con inquadramento
nella categoria C/1 e mansioni di operaio perforatore t.t.s., esponeva che,
a seguito della cessazione dell’attività produttiva presso lo stabilimento di
Pompei al quale era addetto, in data 30.6.1997 veniva posto in CIGS, per
24 mesi, con altri 15 dipendenti e che, in data 28.6.1999, gli veniva
comunicato il licenziamento; deduceva che il trasferimento dell’azienda
avrebbe dovuto comportare il passaggio automatico alle dipendenze della
s.p.a. Stec cessionaria, ai sensi dell’art. 2112 c.c., tenuto conto dei benefici
speciali previsti dall’art. 36 L.416/81 per i dipendenti delle imprese editrici
e stampatrici, ma non l’automatica risoluzione del rapporto di lavoro al
termine della CIGS; che il licenziamento era stato disposto in violazione
degli artt. 4,5,24 L.223/91 e dell’art. 14 c.c.n.l. di categoria e che la s.p.a.
Avvenire NEI non aveva fornito prova dell’impossibilità di proseguire il
rapporto di lavoro, anche attribuendo mansioni diverse;
la statuizione del primo giudice, di rigetto della domanda, veniva gravata
dal lavoratore che si doleva che il trasferimento fosse stato ricondotto
all’ipotesi prevista dagli artt. 15 e 16 c.c.n.l. di settore, giacché la chiusura
dello stabilimento di Pompei escludeva automaticamente il ricorso a tali
disposizioni, e trovava invece applicazione., per essere il predetto
stabilimento un ramo d’azienda della s.p.a. Avvenire NEI,.la disciplina
prevista dall’art. 2112 c.c.; si doleva, inoltre, che il licenziamento, ritenuto
individuale e non collettivo, doveva considerarsi intimato in violazione
degli artt., 4 e 12 L.223/91, in assenza di riconvocazione delle
organizzazioni sindacali e perché al termine della CIGS non era stato
collocato in nessuna azienda; eccepiva, infme, la tardività del licenziamento
intimato due anni dopo la chiusura dello stabilimento e per mancata
comunicazione scritta dei motivi ai sensi dell’art. 2 1.604/66.

3.

La Corte territoriale riteneva, a sostegno del decisum, per quanto qui rileva:

1
Rossana Mancino est.

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Svolgimento del processo

-

negli atti di causa non trovava riscontro che la s.p.a. Avvenire NEI avesse
realizzato un trasferimento di ramo d’azienda, ma in giudizio erano emersi
elementi nel senso del solo trasferimento della stampa del quotidiano
Avvenire e, pertanto, escluso che fosse stato trasferito un complesso di
mezzi e personale organizzato per l’esecuzione dell’attività di stampa, non
poteva configurarsi un trasferimento di ramo d’azienda;
la società non aveva posto in essere un licenziamento collettivo poiché
tutto il personale dello stabilimento di Pompei si era volontariamente
ricollocato presso altre società e non era stata licenziato al termine del
periodo di CGIS; era, inoltre, risultato provato che la società avesse
cercato di ricollocare anche il Dragone, come da accordo 3.6.1997 ed altri
documenti in causa (missiva della s.r.l. Editrice Telestamopa Sud alla s.p.a.
Avvenire NEI ove si rappresentava di aver offerto l’assunzione, rifiutata
dal dipendente, presso il Centro stampa di Vitulano);

la società aveva adempiuto, pertanto, all’onere probatorio su di essa
incombente in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, di
aver tentato in tutti i modi di trovare una collocazione lavorativa per il suo
ex dipendente;
la legittimità del licenziamento andava affermata anche sotto il profilo della
tempestività, per essere il provvedimento correttamente intervenuto al
termine del periodo di cassa integrazione, ai sensi degli artt. 35 e 36 1.
416/81;
infondata era risultata, infine, la doglianza relativa alla mancata
comunicazione dei motivi di licenziamento, per avere la società
specificamente indicato, con telegramma del 28.6.1999, i motivi,
consistenti nella conclusione del periodo di CIGS previsto dagli accordi
del 3.6.1997 e nell’impossibilità di proseguire il rapporto di lavoro in
conseguenza della cessazione dell’attività aziendale presso lo stabilimento
di Pompei.

4. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, Dragone Luigi ha proposto
ricorso per cassazione, fondato su tre motivi. La s.p.a. Avvenire Nuova
Editoriale Italiana e la s.p.a.Stec hanno resistito con separati controricorsi. La
s.p.a. Avvenire ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Motivi della decisione
5. Con il primo motivo, denunciando violazione dell’art.2112 c.c. nel testo
(applicabile ratione temporis) modificato dall’art. 47 della legge n. 428 del 1990 e
antecedente alla novella introdotta con il d.lgs. n. 18 del 2001, ed insufficienza e
illogicità della motivazione, il ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia
errato nel ritenere che il trasferimento del ramo d’azienda non avesse trovato
2
Rossana Mancino est.

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avaere escluso il trasferimento del ramo d’azienda sulla base della supposizione
infondata secondo la quale l’Avvenire NEI avesse trasferito alla Stec soltanto
parte dello stabilimento di Pompei e cioè la testata dell’AVVENIRE e la stampa,
non provata, del quotidiano con spese a carico della concedente.
6.

Il motivo è inammissibile perché non si informa alla regola dell’autosufficienza
giacché prospetta genericamente l’errata valutazione della documentazione
processuale che si assume allegata senza trascriverne il contenuto, né indicare ove
prodotta e allegata nelle fasi di merito.
Invero, il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione
sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha
l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il
contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di
merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di
legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove
stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la
Corte di Cassazione deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni
contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini
integrative (ex multis, Cass. 17915/2010).

8. Con il secondo motivo, denunciando violazione deglia rtt. 14,15,16 CCNL
poligrafici, degli artt. 4 L.223/91 e 2 L.675/97, degli artt. 35,36 L.416/81 ed
insufficienza e illogicità della motivazione, il ricorrente si duole che la Corte
territoriale, ravvisato nella specie un unico licenziamento, abbia escluso
l’applicazione, per difetto del requisito numerico, della disciplina, contrattuale e
legislativa, dettata in materia di licenziamento collettivo. Assume che
erroneamente sia stata ritenuta mancante la prova che la società avesse
formalmente comunicato il recesso ai lavoratori, giacché vi era, invece, la
certezza che almeno 27 dipendenti venivano estromessi dall’azienda. Deduce,
infine, che contrariamente a quanto affermato nella statuizione impugnata, egli
aveva esplicitamente contestato i criteri di scelta per la collocazione presso le
aziende disponibili dei lavoratori in esubero.
9. Il ricorrente, al fine di dimostrare che il suo licenziamento non era individuale ma
doveva considerarsi collettivo, fornisce una ricostruzione dei fatti di causa non
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Rossana Mancino est.

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alcun riscontro negli atti di causa che facevano ritenere avvenuto solo il
trasferimento della stampa del quotidiano Avvenire. Assume che, con il contratto
29.5.1997, l’avvenire NEI aveva trasferito alla Stec l’esecuzione di tutte le attività
precedentemente eseguite presso lo stabilimento di Pompei che, pertanto, veniva
definitivamente chiuso per cessazione attività, e che il trasferimento del rapporto
di lavoro alla Stec era comprovato dalle risultanze processuali, documentali e
testimoniali, per cui sussistevano tutti gli elementi per ritenere realizzato, nella
specie, un trasferimento del ramo d’azienda. Critica la statuizione gravata per

consentita in questa sede di legittimità e lamenta, in conseguenza di tale
ricostruzione, una lesione dei suoi diritti sulla base di un contratto collettivo di
categoria, semplicemente evocato ma non allegato al ricorso, così non risultando
osservata la prescrizione di cui all’art. 369, n. 4, c.p.c..

collettivo di livello nazionale contenente le disposizioni collettive di cui si
denuncia la violazione da parte della Corte di merito), risponde alla funzione
nomofilattica assegnata alla Corte di cassazione nell’esercizio del sindacato di
legittimità sull’interpretazione della contrattazione collettiva di livello nazionale
(v. Cass., SU, 20075/2010). Secondo la giurisprudenza, anche a Sezioni Unite, di
questa Corte, a seguito della riforma ad opera del d.lgs. n. 40/06, il novellato art.
366, n. 6, c.p.c., oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti
posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale
il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto; tale specifica
indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si
individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito e, in ragione dell’art. 369,
secondo comma, n. 4, c.p.c., anche che esso sia prodotto in sede di legittimità
(cfr, expbaimis, Cass., SU, n. 28547/2008; Cass., n. 20535/2009).
11. La giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte ha ulteriormente ritenuto
che la previsione di cui al ricordato art. 369, secondo comma, n. 4, c.p.c., deve
ritenersi soddisfatta, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di
parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale siano contenuti gli
atti e i documenti su cui il ricorso si fonda, ferma in ogni caso l’esigenza di
specifica indicazione, a pena di inammissibilità ai sensi dell’art. 366, n. 6, c.p.c.,
degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi (cfr.,
Cass., SU, n. 22726/2011).
12. II ricorrente non ha adempiuto a tali oneri, poiché non ha fornito nel ricorso la
specifica indicazione dei dati necessari al reperimento della contrattazione
collettiva di settore su cui si fonda il motivo; ne discende l’inammissibilità del
mezzo d’impugnazione.
13. Con il terzo motivo, deducendo violazione degli artt. 14 ccn1 poligrafici, 35
L.416/81, 2 L. 604/66 e insufficiente e illogicità della motivazione, assume la
tardività dell’intimazione del licenziamento, in quanto operata a ben due anni
dalla causa dichiarata alla base del provvedimento espulsivo ovvero dalla chiusura
dello stabilimento; ed il difetto di comunicazione scritta dei motivi a
giustificazione del recesso, fondato esclusivamente sul riferimento all’art. 36
L.416/81, alla cessazione dell’attività e della cassa integrazione.

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Rossana Mancino est.
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10. Va ribadito, pertanto, che l’adempimento prescritto dall’art. 369, n. 4, c.p.c. (il
deposito, unitamente al ricorso, dell’integrale testo del contratto o accordo

14. Analogamente alla precedente censura, il ricorrente, a sostegno dei profili di
censura, imperniati sull’intempestività e irritualità del licenziamento, si limita ad
evocare la contrattazione collettiva di settore che, va rimarcato, non è stata
allegata.
15. In definitiva, il ricorso va rigettato.
16. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese,
liquidate, in favore di ciascuna parte intimata, in euro 50,00 per esborsi, oltre euro
2.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.
Così d o in Roma, il 3 luglio 2013.

P.Q.M.

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