Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2394 del 29/01/2019

Cassazione civile sez. trib., 29/01/2019, (ud. 06/12/2018, dep. 29/01/2019), n.2394

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20589-2012 proposto da:

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 91,

presso lo studio dell’avvocato LUCISANO CLAUDIO, che lo rappresenta

e difende giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3/2012 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 01/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/12/2018 dal Consigliere Dott. MONDINI ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MATTEIS STANISLAO che ha concluso in via principale inammissibilità

in subordine accoglimento del 4 motivo di ricorso, assorbiti gli

altri;

udito per il ricorrente l’Avvocato LUCISANO che si riporta agli

scritti;

si prende atto sul rilievo del P.G. della mancata costituzione

dell’Avvocatura dello Stato, viene depositata in udienza fotocopia

dell’avviso di ricevimento.

Fatto

FATTI DELLA CAUSA

1. S.G. impugnava davanti alla commissione tributaria provinciale di Torino gli avvisi di accertamento notificatigli dalla Agenzia delle Entrate, agli effetti del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 67 e 68, per il recupero a tassazione di plusvalenze non dichiarate, conseguite nel 2005 e nel 2006, con la vendita, conclusa il 29 novembre 2006, di un immobile, posto in (OMISSIS), acquistato, in parte, il 9 agosto 2002, in parte, il 10 dicembre 2003.

2. Il S. contestava la sussistenza del presupposto impositivo per avere egli adibito l’immobile in questione a propria dimora per i due anni dell’accertamento, contestava la esclusione dal novero dei costi inerenti all’immobile (e riduttivi della plusvalenza) sia della spesa sostenuta per dotare il bene di un impianto citofonico sia del compenso pagato all’agenzia immobiliare tramite la cui mediazione il bene era stato acquistato, contestava, con riferimento all’accertamento parziale di cui all’avviso relativo ai redditi del 2006, la sussistenza dei presupposti legittimanti tale tipo di accertamento, contestava la legittimità della delega, da parte del direttore dell’Agenzia, di cui si era avvalso “il capo area controllo” nella sottoscrizione degli avvisi, contestava la qualifica dirigenziale del sottoscrittore.

4. L’impugnazione veniva respinta.

5. Il contribuente interponeva appello insistendo nelle iniziali contestazioni, in rapporto alle quali lamentava l’omessa pronuncia da parte della commissione tributaria provinciale.

6. La commissione tributaria regionale del Piemonte, con sentenza n. 3/10/2012, in data 1 febbraio 2012, rigettava l’appello.

7. La commissione, in particolare, riteneva infondata la prima contestazione per avere l’ufficio efficacemente negato valore alla documentazione prodotta dal ricorrente al fine di attestare il consumo energetico nell’immobile in questione e così, presuntivamente, l’uso dell’immobile stesso nel periodo tra l’acquisto e la vendita; nulla diceva espressamente quanto alla seconda contestazione; rigettava la terza eccezione in quanto “non motivata”; rigettava le ulteriori eccezioni per avere l’ufficio “dimostrato, con puntuale richiamo alle disposizioni normative ed alle interpretazioni giurisprudenziali, che i poteri (di delega e di sottoscrizione dell’atto) sussistevano e gli atti erano perfettamente legittimi”.

8. Il S. ricorre, con sette motivi, per la cassazione della sentenza della commissione regionale.

9. L’Agenzia delle Entrate non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLE DECISIONE

1. Va preliminarmente dissolto il dubbio sollevato dalla Procura Generale in merito all’avvenuta notifica del ricorso alla Agenzia delle Entrate: vi è agli atti l’avviso di ricevimento del ricorso, attestante il ricevimento del ricorso, da parte dell’Agenzia, in data 14 settembre 2012.

2. Con il primo motivo di ricorso, nella cui rubrica sono evocate la violazione o falsa applicazione di varie disposizioni di legge, viene lamentata, per un verso, la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata per la parte in cui vi viene accreditata la tesi dell’ufficio secondo la quale, dalla documentazione relativa al consumo energetico, non sarebbe possibile evincere la prova dell’uso dell’immobile da parte di esso ricorrente e, per altro verso, il difetto di motivazione della sentenza per non esservi cenno alcuno all’avvenuto esame della documentazione relativa al consumo di acqua, ad opera del ricorrente, nel periodo dal 2003 al 2009.

3. Il motivo è infondato:

3.1. qualunque vizio di motivazione in tanto è rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto investa un fatto decisivo per il giudizio;

3.2. a pagina 11 del ricorso per cassazione, il ricorrente afferma di aver dimostrato, mediante la documentazione relativa alle utenze di energia elettrica ed acqua, di aver dimorato in Liguria (“la dimora in Liguria”) “per i due anni dell’accertamento”;

3.3. ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, sono tassate “… b) le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari …”;

3.4. la dimora del ricorrente nell’immobile in questione per gli anni 2005 e 2006 è un fatto irrilevante (rilevante essendo l’effettivo uso dell’immobile come abitazione principale del ricorrente o dei suoi familiari per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto – nel 2002 e nel 2003 – e la vendita nel 2006).

4. Con il secondo motivo di ricorso, nella cui rubrica sono evocate la violazione o falsa applicazione di varie disposizioni di legge, viene lamentata l’omessa pronuncia, da parte della commissione, riguardo alla deducibilità delle somme pagate dal ricorrente al mediatore intervenuto per l’acquisto dell’immobile e dei costi sostenuti dal ricorrente per dotare l’immobile di un impianto citofonico.

5. Con riguardo a questo motivo, vale quanto segue:

5.1. si legge alle pagine 13 e 14 del ricorso per cassazione che nell’impugnazione presentata alla commissione tributaria provinciale di Torino, il ricorrente aveva dedotto, da un lato, che “le spese di intermediazione immobiliare sono rappresentate dal pagamento effettuato di Euro 7747,00, risultando inconferente il fatto (valorizzato dall’Agenzia per disconoscere il rilievo di tali spese così come di quelle di installazione dell’impianto citofonico) che ci sia o meno la fattura perchè anche se non ci fosse … ciò non toglie che vi è la documentazione del pagamento” e, dall’altro lato, che “pure l’impianto citofonico/antenna impiantistica è documentato dai pagamenti per Euro 6500,00 nonchè dal preventivo di Elettro Systema di T.E.”;

5.2 il ricorrente non fa riferimento a specifici documenti attestanti l’effettiva erogazione delle spese in parola nè tantomeno dice di averli allegati (l’unico riferimento documentale essendo quello all’irrilevante preventivo);

5.3. ciò detto, sebbene il motivo di ricorso in esame sia fondato posto che, in effetti, la commissione tributaria regionale ha completamente omesso di pronunciare sulla questione sottopostale, tuttavia, in forza del principio per cui “esigenze di economia processuale impongono di evitare la cassazione con rinvio quando la pretesa, sulla quale si riscontri mancare la pronuncia, avrebbe dovuto essere rigettata o possa essere decisa nel merito senza necessità di accertamenti in fatto” (Cass. n. 21257 del 08/10/2014) e tenuto conto di quanto ai superiori punti 5.1. e 5.2. (la pretesa del ricorrente di ottenere la riduzione della plusvalenza accertata avrebbe dovuto essere senz’altro rigettata per mancanza di prova delle spese e dei costi in discussione), all’accoglimento del motivo non segue il rinvio della causa al giudice d’appello ma segue la decisione nel merito, reiettiva della pretesa del contribuente di riduzione della plusvalenza accertata.

6. Con il terzo motivo di ricorso, nella cui rubrica sono evocate la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41-bis, in forza del quale era stato emanato l’avviso di accertamento per l’anno 2006, viene lamentato il carattere evasivo della affermazione della commissione tributaria regionale a mente della quale l’eccezione proposta dal ricorrente per far valere l’insussistenza dei presupposti applicativi del predetto articolo, non poteva essere accolta perchè “non motivata”.

7. Il motivo è infondato:

7.1. a pagina 16 del ricorso per cassazione si legge che il ricorrente, fino dall’originaria impugnazione degli avvisi di accertamento, ha lamentato, con formula generica e, appunto, “non motivata”, solo e soltanto che “non esistono le condizioni per la formazione di un accertamento parziale (e) conseguentemente l’atto risulta illegittimo”.

8. Con il quarto, quinto e sesto motivo di ricorso, nella cui rubrica sono evocate la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52, comma 1, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 19, comma 3, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 129, del D.lgs. n. 165 del 2001, art. 4, del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, artt. 19 e 53, del medesimo D.Lgs. n. 300 del 1999, artt. 66, 67, 68 e 71 e del R.D. 16 marzo 1942, art. 4, viene lamentato, in sostanza, che la commissione non ha motivato il rigetto delle eccezioni, sollevate dal ricorrente, sia riguardo alla assenza di prova dell’esistenza della delega e, comunque, alla illegittimità assoluta della delega richiamata dal “capo area controllo” nel sottoscrivere, “per il direttore”, gli avvisi di accertamento, sia alla mancanza di qualifica dirigenziale del sottoscrittore sia alla imprescindibilità della sottoscrizione da parte del “direttore dell’Agenzia Fiscale Centrale”.

9. Con riguardo a questi motivi vale quanto segue:

9.1. i motivi sono fondati perchè l’argomento con cui la commissione tributaria regionale ha respinto le suddette eccezioni (“l’ufficio ha dimostrato, con puntuale richiamo alle disposizioni normative ed alle interpretazioni giurisprudenziali, che i poteri (di delega e di sottoscrizione degli atti) sussistevano e gli atti erano perfettamente legittimi”) è solo apparente;

9.2 la sentenza è conseguentemente, in parte qua, nulla;

9.3. premesso che si verte in tema di delega di firma e non di delega di competenza (è il ricorrente stesso a dire che gli avvisi recano la dicitura “firma, per il Direttore, il funzionario delegato”) e che, nella delega di firma, il “delegante”, nell’esercizio dei poteri di organizzazione e gestione delle risorse umane, demanda al “delegato” la sola materiale sottoscrizione di un atto che è e resta direttamente imputabile al medesimo “delegante”, le questioni sollevate dal ricorrente, con i motivi in parola, sono risolvibili direttamente da questa Corte -nel senso dell’infondatezza – senza necessità di cassazione con rinvio, in virtù del semplice richiamo alla propria pronuncia n. 14815 del 05/07/2011 e al principio di diritto posto dalla propria sentenza n. 20628 del 14/10/2015 (nella pronuncia è infatti affermato: “gli atti dell’Agenzia delle Entrate non devono essere necessariamente sottoscritti dal suo Direttore Generale, sia perchè Regolamento di amministrazione, art. 5, comma 1, approvato, in attuazione del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 66,commi 2 e 3, con delibera del Comitato direttivo 30 novembre 2000, n. 4, attribuisce agli uffici locali le funzioni operative dell’Agenzia ed in particolare, la gestione dei tributi, l’accertamento e la riscossione e la trattazione del contenzioso, sia, infine, perchè l’art. 6 dello Statuto dell’Agenzia, approvato con delibera del Comitato direttivo 13 dicembre 2000, n. 6, attribuisce al Direttore Generale il potere di delega, sia, infine, per la possibilità di conferimento di tale delega all’interno degli uffici finanziari”; il principio di diritto, posto con riferimento ad un atto processuale ma valido anche con riferimento agli atti impositivi, è che l’atto sottoscritto dal delegato di firma, mero sostituto del delegante nell’esecuzione dell’adempimento materiale della firma, è da presumersi atto del delegante anche a fronte della contestazione sulla sussistenza della delega salvo che il contribuente eccepisca e provi la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio o comunque l’usurpazione del potere di sottoscrizione). 10. Con il settimo motivo di ricorso, viene lamentato che la commissione tributaria regionale, laddove ha respinto l’eccezione proposta dal ricorrente riguardo alla irritualità della costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate in quanto avvenuta non in persona del “direttore dirigente dell’Agenzia”, ha violato o falsamente applicato lo statuto e il regolamento dell’Agenzia, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 17, comma 1-bis, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 11 e l’art. 2697 c.c..

11. Il motivo è infondato:

11.1. premesso che, per quanto si legge a pagina 8 del ricorso per cassazione, l’Agenzia si è costituita in appello con il “Capo Area Legale” “delegato dal Direttore dell’Ente”, la commissione, correttamente, ha respinto l’eccezione con richiamo alla sentenza n. 28036/2009 (nella quale di legge: “il D.Lgs. 546 del 1992, art. 10 e art. 11, comma 2, riconoscono la qualità di parte processuale e conferiscono la capacità di stare in giudizio, nelle controversie di competenza delle commissioni tributarie, all’ufficio del ministero delle finanze – oggi ufficio locale dell’agenzia fiscale – nei cui confronti è proposto il ricorso, organicamente rappresentato dal direttore – Cass. n. 6338/2008 – o da altra persona preposta al reparto competente, da intendersi per ciò stesso delegata in via generale a sostituire il direttore nelle specifiche competenze – Cass. nn. 13908/2008, 3058/2008 -, senza necessità di speciale procura; laddove non è contestata la provenienza dell’atto d’appello dall’ufficio competente, le questioni relative agli effettivi poteri del firmatario dell’appello potrebbero porsi, per mera ipotesi, solo in chiave di non appartenenza del firmatario all’ufficio appellante o di usurpazione di tali poteri, dovendosi altrimenti presumere che l’atto provenga dall’ufficio e ne esprima la volontà; tale interpretazione è conforme al principio di effettività della tutela giurisdizionale, più volte richiamato anche dalla Corte costituzionale – oltre che da questa suprema Corte – S.U. nn. 3116 e 3118/2006, Cass. n. 22889/2006 -, che impone di ridurre al massimo le ipotesi d’inammissibilità; questa Corte ha altresì affermato che la legittimazione processuale dell’Ufficio locale trova fondamento nella disciplina regolatrice della materia, costituita dal D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 66 comma 2, che ha istituito le Agenzie Fiscali, rimandando allo Statuto la fissazione dei principi generali relativi all’organizzazione ed al funzionamento dell’Agenzia e nello Statuto e, poi, nel Regolamento di amministrazione delle Agenzie delle Entrate, che hanno stabilito che gli Uffici locali dell’Agenzia corrispondono ai preesistenti Uffici delle Entrate e che agli Uffici locali sono attribuite le funzioni operative ed, in particolare, la gestione dei tributi, l’accertamento, la riscossione e la trattazione del contenzioso; che, dunque, la legittimazione dell’Ufficio locale trae fondamento dalla norma statutaria delegata – art. 5, comma 1 del Regolamento -, esistente per effetto della norma delegante D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 57, comma 1; in conclusione, deve ritenersi ammissibile l’atto d’appello proposto dal competente ufficio dell’agenzia delle entrate, recante in calce la firma di un funzionario che sottoscrive in luogo del direttore titolare finchè non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante o, comunque, l’usurpazione del potere d’impugnare la sentenza di primo grado”).

12. In ragione di quanto precede, il ricorso deve essere rigettato.

13. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese stante la mancata costituzione dell’Agenzia delle Entrate.

PQM

la Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio, il 6 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2019

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