Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23933 del 03/09/2021

Cassazione civile sez. II, 03/09/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 03/09/2021), n.23933

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21598/2019 proposto da:

K.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLLINA, 48,

presso lo studio dell’avvocato ERMANNO PACANOWSKI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTRO PRO

TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 295/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/01/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– con sentenza ex art. 281 sexies c.p.c., del 16.1.2019, la Corte d’appello di Roma ha dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta, nell’interesse di K.F., cittadino del Gambia, avverso la decisione del Tribunale di Roma, che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale nelle forme del riconoscimento dello status di rifugiato, in subordine della protezione sussidiaria ed in ulteriore subordine della protezione umanitaria.

– la Corte territoriale ha osservato che l’appello era inammissibile per difetto di specificità dei motivi in quanto l’appellante non aveva sottoposto ad argomentate censure le ragioni poste dal Tribunale a fondamento del rigetto della domanda di protezione internazionale; in particolare, nell’atto di appello non aveva spiegato le ragioni in ordine alla mancata comparizione in sede giudiziale, nonostante i numerosi rinvii concessi per la sua audizione, né la radicale differenza tra la versione sostenuta innanzi alla Commissione Territoriale in ordine ai motivi dell’espatrio e quelle indicate nel ricorso introduttivo;

– per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso K.F. sulla base di quattro motivi ed ha sollevato questione di legittimità costituzionale con il quinto e sesto motivo;

– il Ministero dell’interno ha depositato un atto di costituzione.

Diritto

RITENUTO

che:

– con il primo motivo di ricorso, si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “la violazione e falsa applicazione della Direttiva 2004/83/CE recepita dal D.Lgs. n. 251 del 2007 e la violazione di norme di diritto in relazione alle dichiarazioni rese dal ricorrente ed al mancato supporto istruttorio”, per non avere la corte d’appello svolto un ruolo attivo nell’istruzione della domanda di protezione internazionale, acquisendo i mezzi di prova necessari, in adempimento del dovere di cooperazione istruttoria;

con il secondo motivo, si deduce l’omesso esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente e delle allegazioni relative alle condizioni del paese d’origine nelle ipotesi in cui la persecuzione sia esercitata da un soggetto non statuale;

con il terzo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per non avere la corte distrettuale accertato se in Ghana sussistesse una situazione di violenza generalizzata;

con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione alla mancata concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari in considerazione del grado di integrazione sociale e delle precarie condizioni socio politiche del paese di provenienza del ricorrente;

i motivi, che per la loro connessione, vanno esaminati congiuntamente sono inammissibili perché non colgono la ratio decidendi;

la decisione della corte di merito è fondata sull’inammissibilità dell’appello per carenza di specificità dei motivi in quanto l’appellante non aveva sottoposto ad argomentate censure le ragioni poste dal Tribunale a fondamento del rigetto della domanda di protezione internazionale; in particolare, nell’atto di appello non aveva spiegato le ragioni in ordine alla mancata comparizione in sede giudiziale, nonostante i numerosi rinvii concessi per la sua audizione, né la radicale differenza tra la versione sostenuta innanzi alla Commissione Territoriale in ordine ai motivi dell’espatrio e quelle indicate nel ricorso introduttivo; il ricorrente non censura l’erroneità della pronuncia di inammissibilità, dimostrando che i motivi erano specifici perché contenenti una critica adeguata e puntuale della decisione adottata dal primo giudice ma formula motivi che attengono al merito della decisione;

con il quinto e sesto motivo – impropriamente indicati come tali in quanto non denunciano violazione o falsa applicazione di legge – il ricorrente solleva questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, per violazione degli artt. 3,24,111,113 Cost., nella parte in cui stabilisce che il procedimento per l’ottenimento della protezione internazionale è definito con decreto non reclamabile; la norma presenterebbe profili di incostituzionalità in quanto priverebbe il richiedente la protezione internazionale di un grado di merito, pur trattandosi di diritti fondamentali della persona;

– la questione è manifestamente infondata in quanto l’abolizione dell’appello soddisfa esigenze di celerità e non esiste copertura costituzionale del principio del doppio grado; inoltre il procedimento giurisdizionale è preceduto da una fase amministrativa che si svolge davanti alle commissioni territoriali innanzi alle quali si svolge il colloquio con l’istante, elemento istruttorio centrale ai fini della valutazione della domanda di protezione (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27700);

– il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile;

– nulla va statuito sulle spese in quanto il Ministero non ha svolto attività difensiva, avendo depositato un “atto di costituzione”;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2021

 

 

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