Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23931 del 25/09/2019

Cassazione civile sez. lav., 25/09/2019, (ud. 25/06/2019, dep. 25/09/2019), n.23931

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11038/2015 proposto da:

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO

POMA 4, presso lo studio dell’avvocato CHIARA CORRENTI,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO PATTI;

– ricorrente –

contro

G.E., domiciliato ope legis presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato GIUSEPPE

PETINO;

– controricorrente –

e contro

F.P.S.L., V.G.,

F.M.G., F.A., quali eredi di F.G.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 1, presso

lo studio dell’avvocato SILVIO BOZZI, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 874/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 02/10/2014 R.G.N. 81/2011.

Fatto

RILEVATO

1. Che la Corte d’appello di Catania, in parziale accoglimento della impugnazione di G.E. ed in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato in solido gli appellati C.F. e gli eredi di F.G. al pagamento in favore dell’appellante della somma di Euro 10.121.27, oltre interessi legali sull’importo via via rivalutato, ed alle spese di lite del doppio grado di giudizio;

2. che la statuizione di condanna, l’unica ancora rilevante, è stata fondata sull’accertamento, in base alle emergenze istruttorie, della esistenza, nel periodo dedotto in domanda, di un rapporto di lavoro subordinato tra il G. e C.F. e F.G. titolari dell’agenzia assicurativa presso la quale il primo aveva prestato la propria attività sulla base di un rapporto articolato su un orario di ventiquattr’ore settimanali;

3. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso C.F. sulla base di quattro motivi; gli intimati F.A., F.M.G., F.P.S.L. e V.G., quali eredi di F.G., hanno depositato tempestivo controricorso con ricorso incidentale affidato a quattro motivi, illustrato con memoria depositata ai sensi dell’art. 380- bis.1. c.p.c.; C.F. ha depositato controricorso avverso i ricorsi di controparte; G.E. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

1. Che, preliminarmente deve essere disposta, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi avverso la medesima sentenza;

2. che con il primo motivo di ricorso, il ricorrente C.F. deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per violazione degli artt. 101,102 e 324 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per non avere disposto la integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 331 c.p.c., nei confronti di tutti gli eredi di F.G., litisconsorti necessari, con conseguente decadenza dall’impugnazione avverso la sentenza di primo grado da ritenersi passata in giudicato. In particolare si duole della mancata notifica del ricorso in appello, all’esito della “sospensione” ex art. 299 c.p.c., disposta in conseguenza del decesso del F.G., nei confronti dell’erede F.P.S.L. ulteriormente evidenziando che il procedimento era affetto da nullità assoluta rilevabile anche d’ufficio;

3. che con il motivo indicato come motivo. 2.1. deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2697 c.c., censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto provata la esistenza del vincolo della subordinazione pur in assenza della dimostrazione di orari lavorativi da rispettare e pur risultando provato che il G. aveva svolto attività lavorativa incompatibile con quella asseritamente prestata presso l’agenzia;

4. che con il motivo indicato come 2.2 deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 5, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in ordine alla attendibilità dei testi escussi. Censura la sentenza impugnata contestando la valenza probatoria delle deposizioni testimoniali prese in considerazione dalla Corte di merito per contraddittorietà di motivazione;

5. che con il motivo indicato come terzo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 4, nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c.. Premesso che con il ricorso di primo grado il G. aveva chiesto il riconoscimento della qualifica di impiegato 3 livello del c.c.n.l. per dipendenti delle agenzie di assicurazione in gestione libera, censura la sentenza impugnata per avere dapprima esclusa l’applicabilità al rapporto dell’invocato contratto collettivo e, quindi, riconosciuta la complessiva somma lorda di Euro 10.121.27 per come calcolata dal ctu sulla base del detto contratto;

6. che con il motivo indicato come quarto deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3, violazione e falsa applicazione del c.c.n.l., mai depositato in giudizio, non applicabile al caso di specie non essendo in esso previste le mansioni che il G. assume di avere espletato in favore dell’agenzia;

7. che con il primo motivo di ricorso F.A., F.M.G., F.P.S.L. e V.G. hanno dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 4, nullità della sentenza per violazione degli artt. 101,102 e 324 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per non avere disposto la integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 331 c.p.c., nei confronti di tutti gli eredi di F.G., litisconsorti necessari, con conseguente decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione avverso la sentenza di primo grado da ritenersi passata in giudicato;

8. che con il secondo motivo deducono ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2697 c.c., censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto provata la esistenza del vincolo della subordinazione pur in assenza della dimostrazione della mancanza di orari lavorativi da rispettare e pur in presenza dell’espletamento di altra attività lavorativa incompatibile prestata dal G.; deducono, inoltre, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti rappresentato dalla valutazione dei testi escussi; evidenziano come la stessa sentenza aveva riconosciuto lo svolgimento da parte del G. delle mansioni di fattorino ed assumono che sulla base delle emergenze istruttorie, non adeguatamente valorizzate dal giudice di appello, tale attività era stata svolta a chiamata e sempre previa verifica di compatibilità con altri impegni lavorativi del G.;

9. che con il terzo motivo deducono, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c.. Premesso che con il ricorso di primo grado il G. aveva chiesto il riconoscimento della qualifica di impiegato 3 livello del c.c.n.l. per dipendenti delle agenzie di assicurazione in gestione libera, censurano la sentenza impugnata per avere dapprima esclusa l’applicabilità dell’invocato contratto collettivo e, quindi, riconosciuta la complessiva somma lorda di Euro 10.121.27 per come calcolata dal ctu sulla base del detto contratto ritenuto non applicabile;

10. che con il quarto motivo deducono, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3, violazione e falsa applicazione del c.c.n.l. mai depositato in giudizio, non applicabile al caso di specie non essendo in esso previste le mansioni che il G. assume di avere espletato alle dipendenze dell’agenzia;

11. che poichè i motivi sviluppati con entrambi i ricorsi svolgono censure di analogo tenore, gli stessi saranno trattati congiuntamente salva la considerazione separata per i profili non comuni;

12. che il primo motivo di ricorso di C.F. e degli eredi F. è inammissibile;

12.1. che la sentenza impugnata ha espressamente dato atto, con implicita valutazione di integrità del contraddittorio, della riassunzione del giudizio di appello nei confronti degli eredi dell’appellato F.G. dopo l’interruzione conseguente alla dichiarazione di decesso di quest’ultimo (v. sentenza, pag.3, capoverso terzo);

12.2. che la denunzia di violazione della legge processuale per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di F.P.S.L., avente causa di F.G., è priva di specificità in quanto in entrambi i ricorsi non sorretta da una completa ricostruzione della vicenda processuale idonea a contrastare la esposizione dello storico di lite della sentenza impugnata in punto di integrità del contraddittorio. In particolare, in violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, non viene riprodotto il contenuto degli atti rilevanti destinati a dimostrare che la integrazione del contraddittorio, all’esito della riassunzione del giudizio, non era avvenuta anche nei confronti di F.P.S.L.;

12.3. che tanto è sufficiente a determinare la inammissibilità del motivo in base al principio, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo il quale l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo, sicchè, è necessario, ai fini del rispetto del principio di specificità e autosufficienza del ricorso per cassazione, che nel ricorso stesso siano riportati, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto (Cass. n. 22880 del 2017, Cass. n. 11738 del 2016, Cass. n. 19410 del 2015).

13. che i motivi del ricorso di C.F. indicati come 2.1. e come 2.2. ed il secondo motivo di ricorso degli eredi F. sono infondati;

13.1. che, invero, le censure con le quali si denunzia formalmente violazione e falsa applicazione di norma di diritto e nello specifico dell’art. 2094 c.c. e dell’art. 2697 c.c., sono inammissibili in quanto non incentrate sul significato e sulla portata applicativa delle norme richiamate bensì sulla valutazione del rilievo probatorio delle emergenze istruttorie ed in particolare delle deposizioni testimoniali considerate dal giudice di appello e dunque sulla ricognizione della fattispecie concreta (Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110; Cass. 4 aprile 2013, n. 8315; Cass. 16 luglio 2010, n. 16698; Cass. 26 marzo 2010, n. 7394; Cass., Sez.Un., 5 maggio 2006, n. 10313), la quale poteva essere incrinata, alla stregua del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, solo dalla deduzione di omesso esame di un fatto storico decisivo, oggetto di discussione tra le parti dedotto nei rigorosi termini chiariti da Cass. Sez. Un. 8053 del 2014;

13.2. che in relazione alla dedotta violazione dell’art. 2094 c.c., i ricorrenti non contestano la qualificazione giuridica del rapporto sotto il profilo della correttezza del parametro normativo utilizzato dal giudice del merito per la verifica della natura subordinata del rapporto ma il concreto accertamento delle circostanze ritenute dalla sentenza impugnata rivelatrici della natura dipendente del rapporto fra le parti. Tali circostanze sono espressione di un apprezzamento di fatto che in quanto come nel caso di specie, immune da vizi giuridici e adeguatamente motivato, resta insindacabile in Cassazione (Cass. n. 14160 del 2014, Cass. n. 16681 del 2007);

13.3. che, è, inoltre, da rimarcare che i parametri ai quali la Corte di merito ha ancorato la verifica della natura subordinata del rapporto e cioè prestazione dell’attività lavorativa all’interno dei locali dell’azienda in orari fissi con connessa presunzione di onerosità, continuità e protratta durata del rapporto, assenza di un minimo di organizzazione imprenditoriale in capo al G., sono coerenti con la giurisprudenza di questa Corte che a detti elementi attribuisce valenza indiziaria della subordinazione (Cass. n. 9252 del 2010, Cass. n. 9256 del 2009, Cass. n. 4500 del 2007);

13.4. che analogamente deve ritenersi in relazione alla dedotta violazione dell’art. 2697 c.c., questione che può porsi nelle sole fattispecie in cui il giudice del merito, in applicazione della regola di giudizio basata sull’onere della prova, abbia individuato erroneamente la parte onerata della prova e non laddove si denunzi, come nel caso di specie, la errata valutazione delle risultanze probatorie;

13.5. che il vizio di motivazione denunziato in entrambi i ricorsi non è articolato con modalità conformi all’attuale configurazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto manca la stessa individuazione del fatto il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice del merito e la cui considerazione avrebbe comportato con carattere di certezza e non di mera probabilità una diversa soluzione della controversia, tale fatto non potendo rinvenirsi nella valutazione di attendibilità dei testi o nel maggior peso attribuito ad una deposizione piuttosto che ad un’altra, circostanze non configuranti fatto storico fenomenico nel senso chiarito da Cass. Sez. Un, n. 8053 del 2014;

13.6. che, infatti, le doglianze dei ricorrenti tendono a sollecitare direttamente un diverso apprezzamento di fatto del materiale probatorio, apprezzamento precluso al giudice di legittimità (Cass. n. 24679 del 2013, Cass. n. 2197 del 2011, Cass. n. 20455 del 2006, Cass. n. 7846 del 2006, Cass. n. 2357 del 2004);

14. che il terzo motivo di entrambi i ricorsi è inammissibile. Il motivo, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, non è sorretto dalla esposizione della vicenda processuale in termini idonei a consentire la verifica del denunziato vizio di ultrapetizione sulla base del solo ricorso per cassazione. Esso è, inoltre, privo di specificità conseguendone la impossibilità di verificare la pertinenza delle censure articolate alle effettive ragioni del decisum;

14.1. Dalla sentenza impugnata, la quale sul punto rinvia alla consulenza tecnica d’ufficio, non è dato evincere che le somme attribuite sono state riconosciute sulla base di un inquadramento previsto dal c.c.n.l. ritenuto dalla Corte di merito non applicabile; costituiva, pertanto, onere dei ricorrenti, onere in concreto non assolto, dimostrare, mediante trascrizione dei pertinenti brani della relazione peritale alla quale la sentenza impugnata aveva formulato un rinvio per relationem, che le somme in controversia erano state attribuite in diretta applicazione del contratto collettivo. Il mancato assolvimento di tale onere non consente al giudice di legittimità alcuna verifica del vizio denunziato e della stessa attinenza delle censure alle motivazioni della decisione;

15. che il quarto motivo di entrambi i ricorsi è inammissibile valendo anche in tal caso le medesime considerazioni in tema di difetto di specificità del motivo e di mancata dimostrazione della pertinenza delle censure articolate con le ragioni della decisione già formulate in sede di esame del terzo motivo di entrambi i ricorsi;

16. che in base alle considerazioni che precedono i ricorsi devono essere rigettati.

16. che non si fa luogo al regolamento delle spese di lite in assenza di costituzione di G.E., controparte sostanziale in relazione ad entrambi i ricorsi, principale ed incidentale;

17. che sussistono i presupposti per l’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, nei confronti del ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, principale e incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale ed incidentale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2019

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