Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23931 del 15/11/2011

Cassazione civile sez. I, 15/11/2011, (ud. 19/10/2011, dep. 15/11/2011), n.23931

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.M.N. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA VALLE VIOLA 38, presso lo studio dell’avvocato RODA

RANIERI, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 920/07 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA del

20/11/08, depositato il 27/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito l’Avvocato Roda Ranieri che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE che ha

concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che D.M.N., con ricorso dell’11 gennaio 2010, ha impugnato per cassazione – deducendo due motivi di censura -, nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze, il decreto della Corte d’Appello di Venezia depositato in data 27 novembre 2008, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso del D. M. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1 -, in contraddittorio con il Ministro dell’economia e delle finanze – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso -, ha condannato il resistente a pagare al ricorrente la somma di Euro 1.750,00, a titolo di equa riparazione ed ha compensato per la metà le spese di lite;

che resiste, con controricorso, il Ministro dell’economia e delle finanze;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 12.996,00 – per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso dell’11 ottobre 2007 – era fondata sui seguenti fatti: a) il D.M., asseritamente creditore di interessi e rivalutazione su emolumenti pensionistici, aveva adito la Corte dei Conti con ricorso del 15 giugno 2000; b) la Corte adita aveva deciso la causa con sentenza del 12 dicembre 2006;

che la Corte d’Appello di Venezia, con il suddetto decreto impugnato – dopo aver determinato in sei anni e sei mesi la durata complessiva del processo presupposto ed aver ritenuto che il periodo di ragionevole durata non poteva eccedere i tre anni – ha conseguentemente determinato la durata irragionevole del processo in tre anni e sei mesi circa, liquidando l’indennizzo di Euro 1.750,00 sulla base del parametro di Euro 500,00 annui per la per la scarsa rilevanza della posta in gioco.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con i sei motivi di censura vengono denunciati come illegittimi, anche sotto il profilo del vizio di motivazione: a) la determinazione della sola durata irragionevole del processo, anzichè dell’intera durata del processo presupposto; b) la determinazione di un parametro annuo di indennizzo assolutamente inferiore rispetto a quelli adottati dalla Corte EDU; c) la violazione dei minimi tariffari forensi e la disposta compensazione parziale delle spese di lite;

che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito indicati;

che, in particolare, la censura sub a) è manifestamente infondata perchè, secondo il costante orientamento di questa Corte, la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), con una chiara scelta non incoerente rispetto alle finalità sottese all’art. 6 della CEDU, impone di correlare l’indennizzo al solo periodo eccedente la ragionevole durata di tale processo, eccedente cioè il periodo di tre anni per il giudizio di primo grado, quale quello di specie (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 8714 del 2006, 14 del 2008, 10415 del 2009);

che la censura sub b) è, invece, fondata, perchè questa Corte, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado, di due anni per il giudizio d’appello, di un anno per il giudizio di legittimità e di un ulteriore anno per la fase di rinvio, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni;

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta, restando assorbita la censura sub c);

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2;

che il processo presupposto ha avuto una durata complessiva di sei anni e sei mesi, sicchè, detratti tre anni di ragionevole durata, residuano tre anni e sei mesi di durata irragionevole;

che pertanto, nella specie, sulla base di detti criteri, il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, va equitativamente determinato in Euro 2.625,00 per gli tre anni e tre mesi circa di irragionevole ritardo, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione e fino al saldo;

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere liquidate – sulla base delle tabelle A, par. 4^, e B, par. 1^, allegate al D.M. giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi e previa compensazione per la metà in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso -, per l’intero, in complessivi Euro 1.150,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 380,00 per diritti ed Euro 720,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Anna Rita Moscioni, dichiaratasene antistataria;

che le spese del presente grado di giudizio, previa compensazione per la metà, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso, seguono la residua soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento al ricorrente della somma di Euro 2.625,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, previa compensazione per la metà, per l’intero in complessivi Euro 1.150,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 380,00 per diritti ed Euro 720,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Anna Rita Moscioni, dichiaratasene antistataria, e, per il giudizio di legittimità, previa compensazione per la metà, per l’intero in complessivi Euro 900,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Ranieri Roda, dichiaratosene antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 19 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2011

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