Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2393 del 27/01/2022

Cassazione civile sez. III, 27/01/2022, (ud. 09/12/2021, dep. 27/01/2022), n.2393

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 15270/2019 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliato in Roma, al Lungotevere

dei Mellini n. 10, presso lo studio dell’avvocato Marinese

Cristiano, rappresentato e difeso unitamente dall’avvocato Del

Giudice Rizzardo;

– ricorrente –

contro

Siena Npl 2018 S.r.l., in persona della procuratrice Juliet S.p.a.,

in persona del procuratore speciale M.A.,

elettivamente domiciliata in Roma, al viale Liegi n. 28, presso lo

studio dell’avvocato Grieco Antonio, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Battistella Mario;

– controricorrente –

Monte dei Paschi di Siena S.p.a.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3035/2018 della CORTE di APPELLO di VENEZIA,

depositata il 07/11/2018

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/12/2021 dal Consigliere relatore Dott. Cristiano Valle.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

P.G. stipulò, nell’anno 2001, a sensi dell’art. 38 TUB, un mutuo fondiario con Monte dei Paschi di Siena S.p.a., per undici miliardi di lire, con rimborso previsto in ventisei rate semestrali.

Il P. nel corso del rapporto ottenne la sospensione del pagamento di alcune (tre) rate, con posticipazione del pagamento integrale.

Nel luglio 2015 gli venne notificato ad istanza della Banca Monte dei Paschi S.p.a. precetto per oltre tre milioni di Euro.

Il P. oppose il precetto dinanzi al Tribunale di Treviso, deducendo insussistenza di clausola risolutiva espressa e necessità di accertamento in concreto dell’inadempimento, nonché nullità della clausola risolutiva espressa per contrarietà all’art. 40 TUB, affermando che tale nullità si propagava all’intero contratto, sicché occorreva specifica indagine su gravità dell’inadempimento, invece mancata nonostante il creditore avesse già concesso in almeno tre occasioni dilazioni di pagamento.

Nel contraddittorio con la banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a. l’opposizione venne rigettata dal Tribunale di Treviso.

Il P. interpose appello avverso la decisione del primo giudice.

La Corte di Appello di Venezia, con sentenza n. 3035 del 07/11/2018, ha rigettato l’impugnazione, con condanna dell’appellante alle spese del grado.

Avverso la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso con atto affidato ad un unico, complesso, motivo, P.G..

Resiste con controricorso Siena NPL 2018 S.r.l., con la procuratrice Juliet S.p.a., quale cessionaria di crediti della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a..

Monte dei Paschi di Siena S.p.a. è rimasta intimata.

La causa è stata chiamata per l’adunanza camerale del 09/12/2021, fissata ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c. (come inserito del D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis, comma 1, lett. f), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), per la quale il Pubblico Ministero non deposita conclusioni scritte e risulta il deposito di memorie da entrambe le parti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il motivo di ricorso censura come segue la sentenza d’appello: “Violazione e (o) errata e (o) omessa applicazione degli artt. 14551456 c.c. e segg., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Il motivo, articolato in plurime censure, si incentra sull’errata qualificazione della clausola del contratto di mutuo disciplinante la risoluzione quale clausola risolutiva espressa e denuncia la sentenza della Corte territoriale per omesso rilievo della nullità della detta clausola, per contrasto con l’art. 40 del T.U.B. e conseguentemente, dell’intero contratto nonché per mancato accertamento in concreto della gravità dell’inadempimento.

Il ricorso è inammissibile con riferimento alla censura della clausola risolutiva espressa, in quanto nel motivo non sono adeguatamente dedotte le violazioni da parte della Corte territoriale delle norme sull’interpretazione del contratto, ossia degli artt. 1362 c.c. e segg..

La parte di censura a dette norme astrattamente, e implicitamente, riferibile deve essere disattesa in forza della giurisprudenza di questa Corte, in base alla quale, in materia di ermeneutica contrattuale (tra molte: Cass. n. 07794 del 29/03/2018): – l’interpretazione delle clausole contrattuali rientra tra i compiti esclusivi del giudice di merito ed è insindacabile in cassazione se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica ed assistita da congrua motivazione, potendo il sindacato di legittimità avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti, bensì solo l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (tra le molte, v. Cass. n. 07597 del 31/03/2006; Cass. n. 07557 del 01/04/2011; Cass. n. 02109 del 14/02/2012; Cass. n. 15763 del 29/07/2016); – pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Cass. n. 17168 del 09/10/2012; Cass. n. 05595 del 11/03/2014; Cass. n. 03980 del 27/02/2015; Cass. n. 14715 del 19/07/2016); – di conseguenza, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass. n. 04178 del 22/02/2007; Cass. n. 19044 del 03/09/2010).

Il motivo e’, altresì, inammissibile anche con riferimento alle censure sull’invalidità per genericità della clausola risolutiva espressa, in quanto della clausola la Corte di Appello di Venezia ha adeguatamente escluso la nullità, perché essa non prevedeva ipotesi di risoluzione in ipotesi di inadempimenti meno gravi del debitore, e, quindi, altrettanto correttamente ha rilevato la verificazione degli eventi ulteriori quali contrattualmente previsti e consistenti in inadempimenti più gravi dell’art. 40 TUB (quali le iscrizioni ipotecarie a carico del P., in numero di sei).

Il motivo e’, inoltre, inammissibile laddove ritiene che la dedotta nullità della clausola risolutiva si sarebbe dovuta estendere all’intero contratto contestando in modo inadeguato il ragionamento decisorio della Corte territoriale mentre la necessità di verificare la gravità dell’inadempimento è superata dalla giurisprudenza di questa Corte, alla quale il Collegio aderisce e intende dare seguito, che afferma che l’evento previsto nella clausola possa valere quale condizione risolutiva (Cass. n. 24532 del 05/10/2018 Rv. 651138 – 01).

Il ricorso e’, pertanto, inammissibile sia per mancata adeguata specificità delle censure, sia per non avere adeguatamente attaccato capi rilevanti della decisione, quale quello relativo alle numerose iscrizioni ipotecarie a carico del P. da parte di creditori ulteriori.

Il ricorso è pertanto, inammissibile, con riferimento a tutte le censure formulate e tale deve essere dichiarato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività processuale espletata, come da dispositivo e nei limiti della nota spese prodotta.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto (Sez. U. n. 04315 del 20/02/2020).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 5.250,00, oltre rimborso forfetario al 15% oltre CA e IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, il 9 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2022

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