Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23928 del 23/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 23/11/2016, (ud. 29/09/2016, dep. 23/11/2016), n.23928

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25610-2013 proposto da:

P.M., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

GAETANO CINQUE, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 60/32/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

RflGIONALE di NAPOLI dell’I/03/2013, depositata il 07/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

P.M. impugna la sentenza resa dalla CTR Campania n. 60/2013/32, depositata il 7.3.2013 che in accoglimento dell’appello proposto dall’Ufficio ha rigettato il ricorso proposto avverso il silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso proposta dal contribuente per IR AP relativa agli anni 2002 e 2004 dopo che l’Ufficio aveva emesso le relative cartelle di pagamento onorate dallo stesso P..

Secondo la CTR il silenzio formatosi dopo la definitività delle cartelle di pagamento relative al tributo che il contribuente intendeva ripetere non era soggetto ad impugnazione.

L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.

Il vizio di motivazione della sentenza impugnata che il contribuente prospetta, oltre ad essere inammissibile ipotizzando in effetti una violazione di legge, e comunque manifestamente infondato. Ed invero, questa Corte ha da tempo affermato il principio che, nell’ambito del contenzioso tributario, l’omessa impugnazione di una cartella di pagamento in termini di legge rende l’atto inoppugnabile. Ne consegue che il pagamento dell’imposta richiesta con l’atto di riscossione non è idoneo a riaprire, attraverso l’istituto del rimborso, il termine scaduto, al fine di contrastare un rapporto tributario ormai esaurito. Se ne ha l’ulteriore conseguenza che il successivo silenzio-rifiuto sull’istanza di rimborso della somma pagata in adempimento della cartella non è impugnabile in modo autonomo, atteso che tale comportamento amministrativo è, sia pure implicitamente, confermativo del precedente provvedimento (cfr. Cass. n. 17587/2010; Cass. n.28748/2008; Cass. n. 17718/2004; Cass. n. 2249/2003; Cass. n. 13173/2000). Tali principi sono stati ribaditi ulteriormente ritenendo che l’istanza di rimborso di un tributo, pagato a seguito di un atto avente funzione liquidatoria divenuto inoppugnabile, non può assumere il valore implicito di rettifica di una dichiarazione tributaria (cfr. Cass. n. 17587/2010 cit.) e che tale principio non patisce eccezioni allorchè il pagamento del tributo sia conseguito alla ricezione dì una cartella all’esito di controllo automatizzato di dichiarazioni fiscali. -cfr. Cass. n. 7688/2012 -.

Orbene, a tali principi si è perfettamente uniformato il giudice di appello, il quale ha escluso di potere esaminare l’istanza tesa a porre in discussione la debenza del tributo che il contribuente aveva corrisposto volontariamente pagando i relativi importi indicati nelle cartelle di pagamento mai impugnate.

Il ricorso va quindi rigettato, con la compensazione delle spese fra le parti.

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c. Rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta civile, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2016

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