Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23924 del 03/09/2021

Cassazione civile sez. I, 03/09/2021, (ud. 18/05/2021, dep. 03/09/2021), n.23924

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 21634/2020 proposto da:

A.V., rappresentata e difesa dall’Avv. Simona Maggiolini,

per procura in calce al ricorso per cassazione.

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,

domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato.

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di appello di BARI n. 2400/2019,

pubblicata in data 19 novembre 2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/05/2021 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con sentenza del 19 novembre 2019, la Corte di appello di Bari ha rigettato l’appello proposto da A.V., proveniente dalla Nigeria (Edo State), avverso l’ordinanza del Tribunale di Bari del 29 dicembre 2017, che aveva confermato il provvedimento di diniego della Commissione territoriale competente.

2. La richiedente aveva riferito di avere lasciato la Nigeria per ragioni legate alla sua omosessualità e che era stata allontanata dal padre della sua ultima amante, politico di rilievo, che le aveva scoperte.

3. La Corte di appello ha confermato il giudizio di non credibilità del racconto, risultato stereotipato, vago, generico e privo di un reale vissuto, oltre che intrinsecamente contraddittorio; che non sussistevano nemmeno i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, anche alla luce delle fonti richiamate, aggiornate al febbraio 2019; quanto alla protezione umanitaria, i giudici di secondo grado hanno affermato che dagli atti non emergeva alcuna situazione di particolare vulnerabilità (escluso il profilo di cui al racconto stante la sua inattendibilità), e che non si evidenziava alcun radicamento o integrazione sul territorio.

4. A.V. ricorre per la cassazione del decreto con atto affidato a tre motivi.

5. L’Amministrazione intimata si è costituita al fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo si lamenta l’omessa pronuncia sui motivi di gravame, mancanza o quantomeno apparenza della motivazione e nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 111 Cost., comma 6, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione di legge in relazione al D.L. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e l’omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

2.1 I motivi che vanno trattati unitariamente perché concernenti entrambi la protezione umanitaria, sono inammissibili, non essendo stata censurata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento del mancato riconoscimento della protezione umanitaria.

2.2 La ricorrente fonda, infatti, la propria domanda di permesso umanitario su circostanze che sono state ritenute non credibili dal giudice di merito con argomentazioni adeguate e non sindacabili in sede di legittimità (pagg. 4 e 5 del provvedimento impugnato).

2.3 Questa Corte, di recente, ha affermato che in tema di permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, se è pur vero che la valutazione in ordine alla sussistenza dei suoi presupposti deve essere il frutto di autonoma valutazione avente ad oggetto le condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti, tuttavia, la necessità dell’approfondimento da parte del giudice di merito non sussiste se, già esclusa la credibilità del richiedente, non siano state dedotte ragioni di vulnerabilità diverse da quelle dedotte per le protezioni maggiori (Cass., 24 dicembre 2020, n. 29624).

La ricorrente, peraltro, svolge doglianze totalmente generiche e sollecita ancora una volta un’inammissibile rivalutazione degli accertamenti di fatto effettuata dai Giudici di merito, che hanno, con adeguata motivazione, escluso, nel caso concreto, la sussistenza di fattori di vulnerabilità soggettiva ed oggettiva e nemmeno in questa sede spiega quali siano gli elementi non tenuti in considerazione sia con riguardo ai seri motivi di carattere umanitario, sia in relazione all’effettiva integrazione nel paese di accoglienza.

2.4 E’ utile ribadire, in ultimo, che il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza ricorre ogni qualvolta il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logico-giuridica, rendendo così impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass., 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., 5 agosto 2019, n. 20921; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053)

3. Con il terzo motivo si lamenta la violazione di legge in riferimento al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27; D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e all’art. 2 della Convenzione di Instabul e l’omesso esame della condizione delle donne in Nigeria, della diffusione delle mutilazioni genitali femminili, dei matrimoni forzati, della tratta di esseri umani, tutti aspetti che avrebbero dovuto essere presi in considerazione dai giudici di merito, anche se la ricorrente non aveva riferito di essere stato oggetto di tratta di essere umani.

3.1 Il motivo è inammissibile.

3.2 Questa Corte ha affermato che il tema della generale violazione dei diritti umani nel Paese di provenienza costituisce senz’altro un necessario elemento da prendere in esame nella definizione della posizione del richiedente; tale elemento, però, deve necessariamente correlarsi alla vicenda personale dell’istante, il quale e’, perciò, onerato quantomeno di allegare i suddetti fattori di vulnerabilità (Cass., 8 gennaio 2019, n. 231; Cass., 5 aprile 2019, n. 9651).

Infatti, la proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicché il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio, con la conseguenza che la carenza del quadro assertivo (nella specie in ragione della sua evidente genericità) nemmeno giustifica la spendita, da parte dello stesso, dei poteri istruttori officiosi a lui assegnati nel giudizio vertente sulle diverse forme del diritto di asilo, dato che, in ragione dell’indeterminatezza della condizione di vulnerabilità dell’istante, non si sarebbe saputo ove indirizzare.

3.3 Anche con riguardo al profilo di censura riguardante la protezione sussidiaria, va evidenziato che il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate” (Cass., 18 febbraio 2020, n. 4037).

3.4 Sul punto, la Corte distrettuale ha evidenziato, alla stregua delle acquisite informazioni (pagg. 5 e 6), l’assenza di criticità nella zona di provenienza della richiedente ed ha escluso sue situazioni di vulnerabilità soggettiva derivante da grave violazione dei diritti umani subita nel Paese di provenienza, in conformità del disposto degli artt. 2, 3 e 4 CEDU (Cass., 5 aprile 2019, n. 9651).

4. In conclusione, il rigetto va dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese, poiché l’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2021

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