Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23923 del 25/09/2019

Cassazione civile sez. lav., 25/09/2019, (ud. 22/05/2019, dep. 25/09/2019), n.23923

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12367-2015 proposto da:

M.G., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA POMPEO MAGNO 23/A, presso lo studio dell’avvocato CARLO

COMANDE’, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

DOMENICO PITRUZZELLA;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore, MINISTERO ECONOMIA FINANZE C.F. (OMISSIS),

MINISTERO DELLA SALUTE C.F. (OMISSIS), MINISTERO ISTRUZIONE

UNIVERSITA’ RICERCA C.F. (OMISSIS), in persona dei rispettivi

Ministri pro tempore, REGIONE SICILIA, in persona del Presidente

della Giunta pro tempore, UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PALERMO, in

persona del Rettore pro tempore, domiciliati in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 2081/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 16/12/2014 R.G.N. 2350/2012.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con sentenza resa pubblica il 16/12/2014 la Corte di Appello di Palermo, confermava la pronuncia del Tribunale della stessa sede che aveva respinto le domande proposte da M.G. e plurimi litisconsorti, medici iscritti a corsi di specializzazione presso l’Università degli Studi di Palermo nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dei Ministeri dell’Istruzione, dell’Università e Ricerca, dell’Economia e Finanze, della Salute, nonchè Università degli Studi di Palermo e Regione Sicilia, volte a conseguire l’adeguamento dell’ammontare della borsa di studio percepita durante il corso di specializzazione negli anni 1998-2007, in attuazione delle direttive 82/76/CEE, 93/16 CEE.

Avverso tale decisione le parti soccombenti hanno interposto ricorso per Cassazione affidato a tre motivi.

Resistono con controricorso le parti intimate che hanno spiegato ricorso incidentale condizionato successivamente illustrati da memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo, i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione della direttiva 93/16 CEE in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5.

Si critica la pronuncia della Corte territoriale per avere escluso la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato fra le parti, benchè ne ricorressero i profili, avendo il medico in formazione, l’obbligo di eseguire personalmente le prestazioni dedotte in contratto e di osservare le disposizioni per l’esecuzione e la disciplina del lavoro impartite dai tutori.

2. Il secondo motivo prospetta omessa disapplicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 46 e del D.Lgs. n. 517 del 1999, art. 7 violazione e falsa applicazione dell’art. 249, comma 3 trattato CEE e della Direttiva 93/16 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

La critica è rivolta alla statuizione con la quale è stato espresso un giudizio di adeguatezza della borsa di studio secondo i dettami del D.Lgs. n. 257 del 1991, artr. 6 ritenuto, tuttavia, non conforme alla Direttiva comunitaria.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione delle Direttive 82/76 e 93/16 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si deduce che in caso di omessa o tardiva trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto delle direttive comunitarie, come nella specie, sorge il diritto al risarcimento del danno in ragione dell’inadempimento dell’obbligazione gravante ex lege sullo Stato.

4. I motivi, che possono congiuntamente trattarsi siccome connessi, non sono fondati.

Devono infatti qui confermarsi gli orientamenti maturati presso questa Corte, in merito all’insussistenza del diritto dei medici specializzandi titolari di borsa di studio secondo la normativa di cui al D.Lgs. n. 257 del 2001, all’aggiornamento delle somme previsto da tale normativa (cui poi è succeduto, dall’anno 2007, il nuovo trattamento di cui al D.Lgs. n. 368 del 1999 ed ai D.P.C.M. attuativi del 2007) e ciò sia con riferimento all’indicizzazione, sia con riferimento all’adeguamento parametrato sui miglioramenti della contrattazione collettiva, entrambi previsti dal D.Lgs. n. 257 cit., art. 6, comma 1;

5. rispetto all’indicizzazione, Cass. 23/2/2018 n. 4449 costituisce solo l’ultimo più compiuto arresto di un orientamento in realtà mai incrinatosi, secondo cui “in tema di trattamento economico dei medici specializzandi e con riferimento alla domanda risarcitoria per non adeguata remunerazione, l’importo della borsa di studio prevista dal D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6 non è soggetto ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita per gli anni accademici dal 1992-1993 al 2004-2005, in applicazione di quanto disposto dal D.L. n. 384 del 1992, art. 7 (ed analoghe normative successive), senza che il blocco di tale incremento possa dirsi irragionevole, iscrivendosi in una manovra di politica economica riguardante la generalità degli emolumenti retributivi in senso lato erogati dallo Stato” (così Cass.17/7/2017 n. 18670; tra le molte precedenti v. Cass. 26/5/2011, n. 11565; Cass. S.U. 16/12/2008, n. 29345);

solo aggiungendosi, rispetto all’assetto della normativa quale già riepilogato da Cass. 4449/2018 cit., che il blocco stabilito dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36, comma 1, (Legge Finanziaria 2003, secondo cui “le disposizioni del D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 7, comma 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 novembre 1992, n. 438, come confermate e modificate dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, commi 66 e 67, e da ultimo dalla L. 23 dicembre 1999, n. 488, art. 22 … contenenti il divieto di procedere all’aggiornamento delle indennità, dei compensi, delle gratifiche, degli emolumenti e dei rimborsi spesa soggetti ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita, continuano ad applicarsi anche nel triennio 2003-2005 (comma 1)”) è stato poi prorogato successivamente con la L. n. 266 del 2005, art. 1 secondo cui appunto “la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36…. continua ad applicarsi anche nel triennio 2006-2008”, sicchè esso è rimasto operativo per tutto il periodo oggetto del presente giudizio;

6. rispetto all’adeguamento agganciato all’evolversi della contrattazione collettiva, Cass. 4449/2018 cit., attraverso una dettagliata ricostruzione normativa, ha evidenziato dapprima come la L. n. 449 del 1997, art. 32, comma 12, avesse stabilito che “a partire dal 1998 resta consolidata in Lire 315 miliardi la quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio per la formazione dei medici specialisti di cui al D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257; conseguentemente non si applicano per il triennio 1998-2000 gli aggiornamenti di cui al predetto D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1”, con dato letterale inevitabilmente destinato a riguardare entrambi gli aggiornamenti di cui alla disposizione interessata e dunque non solo l’indicizzazione, ma anche la riparametrazione ai nuovi valori della contrattazione collettiva;

è vero che quest’ultimo incremento era stato riconosciuto (Cass. 18 giugno 2015, n. 12624; Cass. 29 ottobre 2012, n. 18562 e Cass. 17 giugno 2008, n. 16385), sul presupposto che il blocco degli incrementi contrattuali non si fosse esteso successivamente al 31 dicembre 1993 e riguardasse solo il biennio 1992-1993, ma l’assunto è stato rivisto appunto da Cass. 4449/2018, in considerazione non tanto di una diversa interpretazione, quanto piuttosto della valorizzazione di una normativa riguardante quanto meno il periodo successivo all’entrata in vigore della L. n. 449 del 1997, art. 32, comma 12, (in cui ricadono le borse di studio oggetto di questa causa) e non considerata da quelli precedenti;

7. il complesso quadro normativo di riferimento, è stato poi ritenuto, con condivisibile approccio, non integrasse alcuna violazione della Direttiva 93/16/CE e alla Direttiva 82/76/CE, per la insussistenza dell’obbligo degli Stati membri di disciplinare l’attività di formazione specialistica dei medici secondo lo schema del rapporto di lavoro subordinato, e per la inesistenza della definizione comunitaria della remunerazione da considerarsi adeguata, e dei criteri di determinazione di tale remunerazione (v. Cass. cit. n. 4449/2018);

in materia di formazione dei medici specialisti l’art. 13 della Direttiva 82/76/CEE (la quale ha modificato la direttiva 75/362/CEE concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di medico e comportante misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi e la direttiva 75/363/CEE concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative per le attività di medico), aveva previsto che la formazione stessa si effettuasse in posti specifici riconosciuti dalle autorità competenti e che implicasse la partecipazione alla totalità delle attività mediche del servizio nel quale si effettuava la formazione, comprese le guardie, in modo che lo specialista in via di formazione potesse dedicare a tale formazione pratica e teorica tutta la sua attività professionale per l’intera durata della normale settimana lavorativa e per tutta la durata dell’anno, secondo le modalità fissate dalle autorità competenti;

inoltre, la Direttiva aveva stabilito che tale formazione costituisse oggetto di una adeguata remunerazione;

detti principi sono stati ribaditi dalla successiva Direttiva 93/16/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, intesa ad agevolare la libera circolazione dei medici e il reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli. Tale Direttiva ha confermato i contenuti della direttiva 75/362/CEE e della direttiva75/363/CEE ed ha riunito in un testo unico “per motivi di razionalità e per maggior chiarezza” le disposizioni vigenti (cfr. 10 “considerando” della direttiva 93/16/CEE);

8. ciò premesso, è stato da questa Corte rimarcato in numerosi arresti (vedi ex plurimis, Cass. 26/5/2011 n. 11565 e da ultimo, Cass. cit. n. 4449/2018) che la Direttiva 93/16/CEE, al pari della Direttiva 82/76/CE, non contiene alcuna definizione comunitaria della remunerazione da considerarsi adeguata, nè dei criteri di fissazione di tale remunerazione. Definizioni del genere rientrano, in via di principio, nella competenza degli Stati membri che devono, in tale settore, adottare specifici provvedimenti di attuazione (cfr. con riguardo alla direttiva 75/363 sentenze del 25.2.1999 Carbonari e a., C-131/97, punti 45 e 54, del 3.10.2000 Gozza e a., C-371/97, punti 36 e 45; e 24.1.2018 Presidenza del Consiglio dei Ministri e a. cause riunite C 616/2016 e C617/2016, punto 41);

in tal senso, prive di fondamento si palesano le doglianze formulate dal ricorrente con riguardo al preteso inadempimento all’obbligo comunitario di corrispondere ai medici specializzando adeguata remunerazione, e ribadite in sede di memoria ex art. 380 bis c.p.c.;

9. in definitiva, il ricorso non prospetta argomenti che possano indurre a disattendere i richiamati e condivisi orientamenti, ai quali va data continuità;

esso va pertanto respinto, restando assorbito il ricorso incidentale condizionato formulato dalle parti controricorrenti.

La complessità giuridica della vicenda giustifica, infine, la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Essendo stato il presente ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale.

Compensa fra le parti le spese del presente giudizio. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 22 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2019

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