Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23923 del 22/10/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 23923 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

SENTENZA

sul ricorso 30758-2007 proposto da:
CED ’90 S.A.S. 03788051005, in persona del 1.r. protempore Sig.ra SABRINA ROMANI, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 114/B, presso lo
studio dell’avvocato COLETTA SALVATORE, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
contro

1713

MANCINI ADOLFO;
– Intimato –

avverso

la sentenza n.

3277/2007

della CORTE

Data pubblicazione: 22/10/2013

D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/07/2007 R.G.N.
12621/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/09/2013 dal Consigliere Dott.
ANNAMARIA AMBROSIO;

Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto.

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udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 01.11.1993, il Tribunale di Velletri
dichiarava inammissibile l’opposizione proposta da Adolfo
Mancini avverso il decreto ingiuntivo di pagamento della somma
di £ 7.259.000 emesso ad istanza della s.a.s. C.E.D.’90 a

Tribunale dava atto della mancata produzione del decreto
opposto, rilevando il difetto di prova, incombente al Mancini,
in ordine alla tempestività dell’opposizione.
La decisione – gravata da impugnazione del Mancini, il
quale depositava copia notificata del decreto opposto – era
riformata dalla Corte di appello di Roma, la quale, dato atto
della tempestività dell’opposizione, con sentenza in data
24.07.2007, previa qualificazione del contratto

inter partes

come di opera intellettuale, dichiarava prescritto il credito
della C.E.D.’90 s.a.s.; revocava il decreto opposto;
condannava l’appellata al pagamento delle spese dell’intero
giudizio.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
la s.a.s. C.E.D.’90 svolgendo sei motivi.
Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte
intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte di appello, in ordine alla pregiudiziale
questione dell’ammissibilità dell’opposizione, ha osservato
che nel corso del giudizio di primo grado non era stata posta
in dubbio la veridicità dell’allegazione dell’opponente circa
l’intervenuta notificazione del decreto in data 18.11.1999,

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titolo di corrispettivo di servizi di contabilità. Il

per cui l’eccezione prospettata dall’opposta solo nella
memoria di replica «avrebbe dovuto indurre il Tribunale ad un
approfondimento sul punto»;
ogni caso»

ha quindi, evidenziato che

«in

la tempestività dell’opposizione era stata

documentata in sede di gravame con la produzione (da ritenersi

Nel merito l’opposizione è stata ritenuta fondata sulla
base delle seguenti considerazioni: a> dalla prova
testimoniale era emerso che, oltre a servizi di contabilità
elettronica, la C.E.D.’90 prestava al Mancini anche consulenza
fiscale per il tramite del rag. De Angelis e quindi anche
attività di commercialista; b> in sostanza la prestazione
svolta “esulava” dal mero inserimento di dati contabili
nell’elaboratore elettronico, avendo riguardato nel tempo
anche l’assistenza prestata dal «commercialista di fiducia del
Mancini e parimenti contabilizzata dalla C.E.D. unico soggetto
che emetteva fatture»;

c> dalla ricostruzione della vicenda

negoziale e dalla conseguente qualificazione del rapporto come
prestazione d’opera professionale, derivava la fondatezza
dell’eccezione di prescrizione ex art.2957 cod. civ. in quanto
il termine decorreva, non già dalla cessazione del rapporto,
ma dal compimento delle singole prestazioni e quindi
dall’emissione di ogni singola fattura.
2. Il ricorso, avuto riguardo alla data della pronuncia
della sentenza impugnata (successiva al 2 marzo 2006 e
antecedente al 4 luglio 2009), è soggetto alla disciplina di
cui agli artt. 360 cod. proc. civ. e segg. come risultanti per
effetto del cit. d.Lgs. n. 40 del 2006; si applica, in

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ammissibile) della copia notificata del decreto opposto.

particolare, l’art. 366 bis cod. proc. civ., stante l’univoca
volontà del legislatore di assicurarne ultra-attività
multis,

(ex

cfr. Cass. 27 gennaio 2012, n. 1194), atteso che la

norma resta applicabile in virtù dell’art. 27, comma 2 del
cit. d. Lgs ai ricorsi per cassazione proposti avverso le

dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè dal 2 marzo
2006, senza che rilevi la sua abrogazione, a far tempo dal 4
luglio 2009, ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47,
comma l, lett- d), in forza della disciplina transitoria
dell’art. 58 di quest’ultima.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione
o falsa applicazione degli artt. 184, 641 e 345 cod. proc.
civ. (art. 360 n.3 cod. proc. civ.), nonché omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto
decisivo per il giudizio (art. 360 n.5 cod. proc. civ.), per
avere la Corte territoriale ritenuto ammissibile in appello la
produzione della copia notificata del decreto. A chiusura del
motivo parte ricorrente chiede che, nella fattispecie, venga
affermato il principio secondo cui

«nelle cause che si

svolgono nella vigenza del cosiddetto “nuovo rito” la
produzione della copia notificata del decreto, ai fini della
prova della tempestività dell’opposizione, è inibita in sede
di gravame ricadendo questo tra i documenti che la parte
poteva e doveva esibire al primo giudice con conseguente
impossibilità di produrli in altro grado del giudizio».
2.1.1. Innanzitutto il motivo – pur prospettato sotto il
duplice profilo della violazione di legge e del vizio

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sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere

motivazionale – non contiene «la chiara indicazione» (c.d.
quesito di fatto) richiesta dalla seconda parte dell’art. 366
bis cod. proc. civ. in relazione al n. 5 dell’art. 360 cod.
proc. civ., la quale deve consistere in una parte del motivo
che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente
destinata, da cui risulti non solo «il fatto controverso» in
riferimento al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ma anche – se non soprattutto – «la
decisività» del vizio, e cioè le ragioni per le quali la
dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione (cfr. Sez. Unite, 1 ottobre 2007,
n.20603; Cass. ord., 18 luglio 2007, n.16002; Cass. ord. 7
aprile 2008, n.8897). Invero le Sezioni Unite – pur ritenendo
ammissibile, in via di principio, il ricorso per cassazione
nel quale si denunzino con un unico articolato motivo
d’impugnazione vizi di violazione di legge e di motivazione in
fatto – hanno precisato che a tali effetti occorre che il
motivo si concluda con una pluralità di quesiti, ciascuno dei
quali contenga un rinvio all’altro, al fine di individuare su
quale fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto di
motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica del
fatto (Cass. civ., Sez. Unite, 31 marzo 2009, n. 7770).
Più in generale si rileva che il vizio di cui al n. 5
dell’art. 360 cod. proc. civ. può attenere solo alla
ricostruzione e valutazione del fatto storico, mentre
l’interpretazione e applicazione di norme giuridiche, qual è
contestata nella specie, può essere apprezzata sotto il
profilo dell’error in iudicando o in procedendo e può portare

.

o alla Cassazione della sentenza, se la violazione o falsa
applicazione di norme di diritto ha dato luogo ad un
dispositivo contrario alla legge, ovvero alla integrazione o
correzione, a norma dell’art. 384 co.2 cod. proc. civ..
2.1.2. Per altro verso la questione di diritto proposta

riconducono la produzione in appello della copia notificata
del decreto opposto alla previsione dell’art. 345 co.2 (oggi
comma 3) cod. proc. civ. (cfr. Cass. 5 luglio 2002, n.9810) e
nel rito del lavoro all’art. 436 cod. proc. civ. (cfr. Cass. 6
febbraio 2002, n. 1585) sul presupposto della riferibilità
della norma anche ai documenti processuali – prescinde dalla
specificità del caso concreto. Il quesito di diritto, si
risolve, infatti, nell’astratta enunciazione di una
iuris,

omettendo di confrontarsi con la

laddove si evidenzia che

regula

ratio decidendi,

«la prova della tempestività

dell’opposizione» si evinceva dalla “non contestazione” sulla
data della notificazione del decreto indicata da parte
opponente e, nel contempo, si censura la mancata
sollecitazione del contraddittorio prima del rilievo
officioso, in tal modo implicitamente, ma inequivocamente
ravvisandosi anche giustificate ragioni di rimessione in
termini.
2.1.3.

D’altra

parte

questa

Corte,

nel

rilevare

l’ammissibilità del deposito della copia notificata del
decreto opposto successivamente alla costituzione
dell’appellante ed anche in sede di appello, è costante nel
ritenere che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo,

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pur riecheggiando non recenti pronunce di questa Corte che

la produzione di tale atto non è richiesta a pena di
improcedibilità dell’opposizione, non essendo applicabile a
questa, che non è mezzo di impugnazione, la disciplina propria
di tali mezzi; onde la sua mancanza rileva quale condizione di
ammissibilità – e cioè quale mezzo necessario ai fini del

soltanto se la prova della tempestività non sia evincibile dai
documenti prodotti dalla controparte o comunque acquisiti al
processo (Cass. n. 9810 del 2002 cit; Cass. 15 luglio 2009, n.
16540) o desunta da altri sicuri elementi, tra i quali anche
le ammissioni contenute nella comparsa di costituzione e
risposta o nella comparsa conclusionale dell’opposto in ordine
alla data della notifica (cfr. Cass. 26 giugno 2008, n.
17495).
In definitiva il motivo va rigettato.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia
violazione o falsa applicazione dell’art. 2956 cod. civ. (art.
360 n.3 cod. proc. civ.), nonché omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo per il
giudizio (art. 360 n.5 cod. proc. civ.) per non avere la Corte
di appello considerato la complessità del rapporto di dare e
avere tra le parti. A chiusura del motivo parte ricorrente
chiede che la Corte di cassazione affermi i seguenti principi:
«l’inapplicabilità dell’istituto della prescrizione invocato
dalla controparte alle ipotesi in cui tra le parti vi siano
molteplici rapporti di dare avere»,
la

nonché di dichiarare che

«prescrizione presuntiva invocata non può trovare

applicazione in caso di prestazioni caratterizzate da un

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riscontro della tempestività dell’opposizione medesima

rapporto di durata che continuando nel tempo si sottrae ai
presupposti di tale istituto».
2.2.1. Per i profili di inammissibilità della censura
motivazionale si rinvia a quanto già osservato sub 2.1.1. con
riguardo al precedente motivo.

dell’art. 366

bis

cod. proc. civ. anche in relazione alla

congiunta denuncia di violazione di legge. Invero il duplice
principio che si chiede a questa Corte di enunciare, sopra
testualmente riportato, muove da condizionanti premesse
quali l’esistenza di rapporti di “dare e avere” tra le parti,
nonchè di un unico “rapporto di durata” – che non emergono o
sono addirittura smentite dalla decisione impugnata, atteso
che i giudici a quibus hanno espressamente evidenziato che «si
è trattato di singole prestazioni, ciascuna completa ed
autonoma e non unite in un complesso inscindibile, tanto che
ogni singola fattura si riferisce ad un periodo circoscritto e
reca un proprio importo distinto da ogni altro»

(donde

l’applicabilità della regola di cui all’art. 2957 cod. civ.
con decorrenza dalle singole fatture).
Si rammenta che il quesito di cui all’art. 366

bis cod.

proc. civ., rappresentando la congiunzione fra la risoluzione
del caso specifico e l’enunciazione del principio generale,
non può esaurirsi nella mera enunciazione di una regola
astratta, ma deve presentare uno specifico collegamento con la
fattispecie concreta, nel senso che deve raccordare la prima
alla seconda ed alla decisione impugnata, di cui deve indicare
la discrasia con riferimento alle specifiche premesse di

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Il motivo è, comunque, inammissibile per violazione

fatto, essendo evidente che una medesima affermazione può
essere esatta in relazione a determinati presupposti ed errata
rispetto ad altri.
Nel caso di specie i principi di diritto che si chiede a
questa Corte di enunciare non sono idonei a risolvere la

vicenda contrattuale in termini opposti a quelli ritenuti dal
giudice del merito, attraverso la valutazione delle risultanze
processuali, operata nella decisione impugnata con motivazione
adeguata e, comunque, non attinta da ammissibile denuncia ai
sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ..
2.3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia violazione
o falsa applicazione degli artt.279 e 340 cod. proc. civ.,
formazione del giudicato “interno”, contrarietà a precedente
giudicato (art. 360 n.4 cod. proc. civ.), vizio di
motivazione, omesso esame dell’eccezione di giudicato ai sensi
dell’art. 360 n.5 cod. proc. civ., per non avere la Corte di
appello rilevato il giudicato interno rappresentato
dall’ordinanza (in tesi avente natura di sentenza) con la
quale il Tribunale di Velletri aveva dato ingresso
all’istruttoria, previo rigetto dell’eccezione preliminare di
prescrizione presuntiva), intendendosi

«sottoporre

all’attenzione di questa Suprema Corte la decisione
dell’avvenuto formarsi del giudicato in primo grado sulla
eccepita prescrizione del credito».
2.3.1.

Il motivo – prima ancora che inammissibile per la

carenza dei quesiti di diritto in ordine alle plurime
violazioni di legge enunciate, nonchè per l’omessa esposizione

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fattispecie concreta, perché postulano una ricostruzione della

della

«chiara indicazione»

richiesta in relazione alla

congiunta denuncia motivazionale – si rivela manifestamente
infondato. Invero l’ordinanza che parte ricorrente sottopone
“all’attenzione” di questa Corte proprio perché
dichiaratamente emessa ai fini dell’ammissione della prova,
«qualificare giuridicamente il rapporto

intercorso tra le parti» –

deve ritenersi esclusivamente

funzionale all’ingresso dell’istruttoria ed è, pertanto, priva
di quei requisiti di definitività e decisorietà, che postulano
l’attitudine al giudicato.
2.4. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia violazione
o falsa applicazione degli artt.2222, 2230, 2956 e 2697 cod.
civ. (art. 360 n.3 cod. proc. civ.) omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione su
controversia»

«questione decisiva della

(art. 360 n.5 cod. proc. civ.). A chiusura del

motivo parte ricorrente rileva che questa Corte

«in ragione

delle questioni sollevate dovrà pronunciare sulla
qualificazione del rapporto intercorso tra le parti chiarendo
i principi in forza del quali il contratto per cui è causa
deve essere qualificato come contratto d’opera e non come
prestazione professionale con il conseguenze di legge in
ordine alla domanda di pagamento delle somme avanzata dalla
ricorrente».
2.4.1. Il motivo è inammissibile.
Innanzitutto manca il c.d. quesito di fatto, in relazione
al dedotto vizio di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.,
peraltro neppure prospettabile in relazione ad una
«questione»,

postulando la norma l’enunciazione di un fatto

11

prescindendo dal

vero e proprio – non una “questione” o un “punto” della
sentenza – e, quindi, un fatto principale,
.

ex art. 2697 cod.

civ., od anche un fatto secondario, purchè controverso e
decisivo.
Inoltre la proposizione conclusiva è inidonea a veicolare

relazione al comb. disp. dell’art. 360 n. 3 e 366

bis cod.

proc. civ., dal momento che si sostanzia in una generica
istanza di decisione sull’esistenza del vizio denunciato,
demandando a questa Corte di procedere alla qualificazione del
rapporto. In tale modo parte ricorrente si è sottratta
all’onere imposto dal cit. art.366

bis c.p.c. di sottoporre

alla Corte una propria finale, conclusiva, valutazione della
dedotta violazione della legge processuale o sostanziale,
sulla cui correttezza sollecitare «il sì o il no» di questo
Giudice di legittimità.
2.5. Con il quinto motivo di ricorso si denuncia omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione su “questione
qualificante” della controversia (art. 360 n.5 cod. proc.
civ.).
2.5.1.

Senza ripetere argomentazioni già svolte con

riguardo alle precedenti censure motivazionali, è sufficiente

osservare che manca il “quesito di fatto” richiesto a pena di

,

inammissibilità del motivo e che neppure è chiaro quale sia la
“questione qualificante” della controversia.
Il motivo è, dunque, inammissibile.
2.6. Con il sesto motivo di ricorso si denuncia violazione
o falsa applicazione dell’art. 92 cod. proc. civ., nonché

12

la censura sotto il profilo della violazione di legge, in

omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione (art. 360
n.5 cod. proc. civ.), per avere la Corte di appello
iniquamente gravato l’opposta del pagamento delle spese di
entrambi i gradi, sebbene l’inammissibilità dell’opposizione
derivasse da colpa esclusiva dell’appellante.

bis

cod. proc. civ. è evidentemente subordinato

all’accoglimento del primo motivo e non può che seguirne la
sorte.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di
legittimità non avendo parte intimata svolto attività
difensiva.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Roma 24 settembre 2013

2.6.1. Il motivo – a tacere dell’inosservanza dell’art. 366

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