Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23921 del 23/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 23/11/2016, (ud. 13/10/2016, dep. 23/11/2016), n.23921

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19134/2015 proposto da:

C.C. SAS DI P.T. & C. IN LIQUIDAZIONE, in

persona del liquidatore legale rappresentante pro tempore, nonchè

in Sigg.ri P.T., M.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CARDINAL DE LUCA 10, presso lo studio

dell’avvocato TULLIO ELEFANTE, che li rappresenta e difende giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona dei Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,VIA DEI PORTIGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3765/08/2015 della COMMISSIONE

TRIBUTARIAREGIONALE della CAMPANIA del 18/02/2015, depositata il

23/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

La società C.C. sas di P.T. & C., in liquidazione, in persona del liquidatore p.t., nonchè i soci P.T. e M.A., in proprio, propongono ricorso per cassazione affidato due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 3765/08/2015, depositata in data 23/04/2015, con la quale – in controversia concernerne l’impugnazione di avvisi di accertamento, notificati il “27/12/2010”, a seguito di notifica di processo verbale di constatazione, in data “29/10/2010”, a carico della società di persone, per effetto di rideterminazione del reddito d’impresa, e dei soci, ex art. 5 del T.U.I.R., per IVA, IRAP ed IRPEF, rispettivamente dovute in relazione all’anno d’imposta 2005, è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso dei contribuenti.

In particolare, i giudici d’appello, nel respingere il gravame della società e dei soci, hanno sostenuto, con riguardo al motivo di appello corredato alla nullità degli atti impositivi per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, incentrato sul fatto che l’avviso di accertamento, indirizzato alla società, e quelli rivolti ai soci erano stati notificati prima del termine dilatorio di gg. 60, decorrente dalla notifica del PVC redatto dalla Guardia di Finanza, che, nella specie, l’Ufficio erariale aveva evidenziato le specifiche ragioni di urgenza, conseguenti alla imminente scadenza dei termini decadenziali per l’esercizio della potestà accertativa.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. La controricorrente ha depositato memoria.

Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

1. I ricorrenti lamentano, con il primo motivo e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, avendo i giudici della C.T.R. escluso la nullità degli avvisi di accertamento, malgrado la loro emissione e notifica “ante tempis”, ritenendo che le ragioni specifiche dell’urgenza, legittimanti la deroga dal rispetto del termine perentorio di legge, potessero identificarsi nell’imminente spirare del termine di decadenza dell’azione accertatrice.

2. La censura fondata, con assorbimento del secondo motivo.

L’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, comporta l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza (Cass. sez. un., 29 luglio 2013, n. 18184).

La giurisprudenza della Corte è ormai ferma nel ritenere che le specifiche ragioni di urgenza non possano identificarsi con l’imminente spirare del termine di decadenza per l’accertamento (tra varie, vedi Cass. 5149/2016; Cass. n. 16707/2015, Cass. 16602/2015; Cass. n. 7315/2011; n. 2279/2014), giacchè è dovere dell’amministrazione attivarsi tempestivamente per consentire il dispiegarsi del contraddittorio procedimentale. Altrimenti, si è rimarcato, si verrebbero a convalidare, in via generalizzata, tutti gli atti in scadenza, in contrasto col principio secondo cui il requisito dell’urgenza deve essere riferito alla concreta fattispecie e, cioè, al singolo rapporto tributario controverso; fermo restando, hanno rimarcato le Sezioni Unite, che spetta all’ufficio l’onere di provare in giudizio la sussistenza della situazione urgente.

Qualora l’amministrazione deduca, quale circostanza di “particolare e motivata urgenza”, il fatto di non aver potuto rispettare il termine dilatorio di sessanta giorni, allegando l’imminente scadenza dei termini previsti per l’azione di accertamento, l’oggetto della prova va individuato nella oggettiva impossibilità di adempimento dell’obbligo, traducendosi nella deduzione che l’imminente scadenza del termine di decadenza, che non ha consentito di adempiere l’obbligo di legge, sia dipesa da fatti o condotte all’ufficio non imputabili a titolo di incuria, negligenza o inefficienza (in termini, tra varie, Cass. 10 giugno 2015, n. 11993). Tali non possono definirsi le condotte asseritamente ascrivibili agli organi ausiliari, deputati all’istruttoria procedimentale (quale la Guardia di Finanza, esecutrice della verifica e redattrice del P.V.C.), come sostenuto anche in memoria dall’Agenzia delle Entrate.

Nella specie, alcuna ulteriore specifica circostanza, al riguardo, risulta dedotta (il termine scadeva il 31/12/2010).

3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, va cassata la sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va accolto il ricorso introduttivo dei contribuenti. In considerazione dell’intervento delle Sezioni Unite (nel 2013) vanno compensate integralmente tra le parti le spese del giudizio di merito. Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

Accoglie il primo morivo del ricorso, assorbilo il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, il ricorso introduttivo dei contribuenti; dichiara integralmente compensati tra le parti le spese del giudizio di merito; condanna la controricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.000,00, a titolo di compensi, oltre rimborso forfetario, spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2016

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