Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23920 del 22/10/2013
Civile Sent. Sez. 3 Num. 23920 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: D’AMICO PAOLO
SENTENZA
sul ricorso 31416-2007 proposto da:
TASSINARI
MARIA
TSSMRA50S49A944S,
elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso
lo studio dell’avvocato MANCINI ANDREA, rappresentata
e difesa dall’avvocato CARPEGGIANI GIANLUIGI giusta
delega in atti;
– ricorrente –
2013
contro
1671
PARMEGGIANI VALTER;
– intimato –
avverso
la
sentenza n.
1203/2006 della CORTE
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Data pubblicazione: 22/10/2013
D’APPELLO di BOLOGNA,
depositata il 05/02/2007,
R.G.N. 1482/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/09/2013 dal Consigliere Dott. PAOLO
D’AMICO;
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso;
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udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Svolgimento del processo
Valter Parmeggiani, proprietario e locatore di un
appartamento, convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di
Ferrara la conduttrice Maria Tassinari per sentir convalidare
la licenza per finita locazione contestualmente intimatale per
La convenuta si oppose alla convalida assumendo di non
aver ricevuto la disdetta del contratto che il locatore
asseriva di averle trasmesso con lettera raccomandata del 19
febbraio 2003, sicché il contratto, stipulato in data 20
novembre 1995, si era tacitamente rinnovato alla scadenza del
19 novembre 2003 ed aveva efficacia fino al 19 novembre 2007.
Deduceva in particolare la Tassinari che la busta
raccomandata pervenutale era vuota e non conteneva alcuna
disdetta.
Disposto il mutamento del rito, il Tribunale, dichiarò
che il rapporto di locazione si era risolto, per finita
locazione, il 19 novembre 2003 e condannò la convenuta al
rilascio dell’immobile entro il 30 settembre 2005, nonché alla
rifusione delle spese processuali.
Osservò il Tribunale che la convenuta non aveva provato
che la busta raccomandata, spedita dall’avvocato del locatore
e contenente la comunicazione della disdetta fosse in realtà
vuota.
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la data del 19 novembre 2003.
La prova testimoniale dedotta sul punto dalla Tassinari
(che aveva indicato quale testimone il figlio) non fu ammessa.
Il Tribunale ritenne infatti che se la convenuta avesse
ricevuto una busta vuota proveniente da uno studio legale
avrebbe scritto immediatamente, a sua volta al mittente.
La Corte d’appello ha rigettato il gravame.
Propone ricorso per cassazione Maria Tassinari con due
motivi.
Parte intimata non svolge attività difensiva.
Motivi della decisione
Con il primo motivo parte ricorrente denuncia «Violazione
o falsa applicazione dell’art. 1335 c.c. (art. 360 n. 3 cpc).»
Espone il Tassinari che, secondo l’impugnata sentenza, si
rinvengono in giurisprudenza due orientamenti: l’uno per il
quale spetta al destinatario di una busta raccomandata l’onere
di dimostrare la mancanza del contenuto; l’altro per il quale
è onere del mittente, in caso di contestazione, provare il
reale contenuto della medesima busta.
Il primo orientamento applica la presunzione prevista
dall’art. 1335 c.c. pur qualificandola come presunzione
semplice che ammette la prova contraria; l’altro esclude il
valore presuntivo dell’invio di una busta raccomandata e
ritiene che sia onere del mittente dimostrare l’esistenza del
contenuto.
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Avverso tale sentenza ha proposto appello la Tassinari.
La Corte d’appello di Bologna ha aderito al primo
orientamento qualificandolo come maggioritario.
Parte ricorrente ritiene invece che, in presenza del
suddetto contrasto, sulla questione debbano pronunciarsi le
Sezioni Unite.
della presunzione ex art. 1335 c.c. all’invio della disdetta
di un contratto di locazione con busta raccomandata della
quale è confermato il ricevimento ma è contestata l’esistenza
del preteso contenuto.
Secondo la Tassinari è comunque “forzata” l’applicazione
dell’art. 1335 c.c. alla fattispecie
de qua,
in quanto tale
articolo si riferisce ai contenuti
(“proposta, accettazione,
revoca e ogni altra dichiarazione”)
senza esaminare il caso in
cui questi “contenuti” siano inseriti in una busta che non li
contenga. A questa stregua la presunzione di conoscenza vale
solo se si è certi che ciò che è giunto al destinatario sia
proprio il contenuto e quindi solo per la busta, talché il
richiamo all’art. 1335 c.c. sarebbe, nel caso in esame, fuori
luogo.
In conclusione, ad avviso della ricorrente, la suddetta
presunzione è inapplicabile se non si prova che i contenuti
siano giunti al destinatario. Soltanto nel caso di invio di un
“piego” raccomandato la prova del ricevimento dello stesso
comporta la prova del ricevimento del documento cartaceo che
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Il problema da risolvere è quello dell’applicabilità
lo ingloba, facendo parte del nucleo esterno dello stesso. In
caso di spedizione di questo tipo, quindi, il destinatario che
riceve quel numero di raccomandata non può contestarne il
contenuto perché contenente (busta) e contenuto (lettera) sono
un unico corpus.
egli, secondo la ricorrente, non potrà giovarsi di alcuna
presunzione ex art. 1335 c.c.
Sottolinea altresì la Tassinari che la legge 392/1978
tutela prevalentemente il conduttore della casa di abitazione
per cui spetta al locatore, nello spirito della norma,
dimostrare di aver fatto pervenire nei termini richiesti dalla
legge la sua comunicazione di disdetta al conduttore e non la
semplice busta.
Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia
«Insufficiente o contraddittoria motivazione sul fatto
controverso del mancato contenuto della busta raccomandata
ricevuta dalla conduttrice. Fatto decisivo per il giudizio
(art. 360 n. 5 cpc).»
Sostiene la Tassinari che la motivazione dell’impugnata
sentenza è «gravemente viziata_ illogica, insufficiente,
basata su illazioni e considerazioni qualunquistiche_
grandemente contraddittoria e giunge a presumere una
circostanza che risulta assolutamente diversa agli atti del
giudizio».
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Ove però il mittente non invii un “piego” raccomandato
Parte ricorrente critica in particolare sia la tesi,
sostenuta dall’impugnata sentenza, della inverosimiglianza del
fatto che un avvocato non si sia accorto di spedire una busta
priva di lettera; sia la tesi della inverosimiglianza del
fatto che madre e figlio non abbiano più parlato della
questione e che non l’abbiano portato all’attenzione
dell’avvocato della conduttrice o del mittente.
I due motivi, che per la loro stretta connessione devono
essere trattati congiuntamente, sono infondati .
Pur
in
presenza
di
talune
oscillazioni
nella
giurisprudenza di questa Corte, è ormai principio consolidato
che la lettera raccomandata – anche in mancanza dell’avviso di
ricevimento – costituisce prova certa della spedizione,
attestata dall’ufficio postale attraverso la ricevuta, da cui
consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti
circostanze della spedizione e dell’ordinaria regolarità del
servizio postale, di arrivo dell’atto al destinatario e di
conoscenza ex art. 1335 c.c. dello stesso; spetta di
conseguenza al destinatario l’onere di dimostrare di essersi
trovato senza sua colpa nell’impossibilità di acquisire la
conoscenza dell’atto (Cass., 8 agosto 2007, n. 17417).
Tale criterio risponde ad un’esigenza di certezza dei
traffici che sarebbe alterata ove si consentisse al ricevente
un plico normalmente contenente ed a tal fine normalmente
utilizzato, una missiva, di negare, puramente e semplicemente,
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.
l’esistenza del contenuto, e dunque della missiva, nella
raccomandata ricevuta.
Peraltro,
come
correttamente
sostiene
l’impugnata
sentenza, in tema di locazione di immobili ad uso abitativo, è
la legge stessa a prevedere che la disdetta debba essere
porre a carico del mittente l’onere della prova del contenuto
della raccomandata, avrebbe imposto la notificazione
dell’atto.
Parte ricorrente non ha dato alcuna prova che la busta
ricevuta era vuota, senza contare che in base al principio
generale di correttezza di cui all’art 1175 cc, ben avrebbe
potuto far presente alla controparte contrattuale una tale
anomala ed ingiustificabile ricezione, in alcun modo
spiegabile se non con un errore del mittente.
Orbene, invece, secondo la Corte d’appello «la prova
testimoniale assunta non è idonea a dimostrare che la
raccomandata inviata dal locatore non conteneva la disdetta_
sicché il contratto ha cessato i suoi effetti, per finita
locazione, alla data del 19/11/2003». Per di più il testimone
assunto si legge sempre in sentenza, era portatore di un
interesse proprio di fatto in quanto figlio della Tassinari,
cosicché non appare censurabile la Corte d’Appello di
Bologna, nell’ambito della sua discrezionalità, a vagliare con
rigore le sue dichiarazioni.
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comunicata con lettera raccomandata. Se la legge avesse inteso
In conclusione, per le ragioni che precedono, il ricorso
deve essere rigettato mentre in assenza di attività difensiva
di parte intimata nulla deve disporsi per le spese del
giudizio di cassazione.
P.Q.M.
del giudizio di cassazione.
Roma, 18 settembre 2013
La Corte rigetta il ricorso e nulla dispone per le spese