Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23919 del 22/10/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 23919 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: D’AMICO PAOLO

SENTENZA

sul ricorso 30306-2007 proposto da:
DI GIOVANPAOLO ROBERTO DGVRRT62H01H501R, considerato
domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dagli avvocati TRALICCI GINA, GRECO SALVINO giusta
delega in atti;
– ricorrente –

2013
1664

contro

COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco On. WALTER
VELTRONI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
TEMPIO DI GIOVE 21, presso lo studio dell’avvocato

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Data pubblicazione: 22/10/2013

AVENATI FABRIZIO

(Avvocatura Comunale),

che lo

rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente non chè contro

SOCIETA’ COSTRUZIONI CIVILI S.R.L.;

avverso la sentenza n. 4247/2006 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/10/2006, R.G.N.
434/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/09/2013 dal Consigliere Dott. PAOLO
D’AMICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per l’accoglimento p.q.r..

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– intimata –

Svolgimento del processo

Roberto Di Giovanpaolo convenne in giudizio, dinanzi al
Tribunale di Roma, il Comune della stessa città esponendo che,
mentre era alla guida del proprio ciclomotore, era caduto e si
era ferito a causa di una buca presente sul manto stradale, non

Il Di Giovanpaolo chiese pertanto che il Comune di Roma
fosse condannato al risarcimento di tutti i danni da esso
istante subiti a causa del sinistro.
Il Comune si costituì chiedendo il rigetto della domanda
attrice e provvide a chiamare in causa l’appaltatore del
servizio di manutenzione delle strade al fine di ottenere la
condanna di quest’ultimo a manlevarlo dall’eventuale
obbligazione risarcitoria.
Il Tribunale accolse la domanda spiegata da Roberto Di
Giovanpaolo e, ritenuta la concorrente responsabilità del
Comune di Roma e della Società Costruzioni Civili, li condannò
in solido a risarcire i danni subiti dall’attore che liquidò in

e 15.165,14 oltre interessi legali.
Il Tribunale rigettò la domanda di manleva spiegata dal
Comune di Roma contro la suddetta società, ma pronunciandosi in
ordine ai rapporti interni fra tali parti, distribuì nella
misura del 50% per ciascuna la colpa del sinistro.
Propose appello il Comune di Roma lamentando che
erroneamente il Tribunale aveva ritenuto imprevedibile la buca
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visibile a causa di un foglio di giornale che la ricopriva.

a causa della quale il Di Giovanpaolo era caduto e che lo
stesso aveva male interpretato il contratto di appalto
stipulato tra esso Comune e la Società Costruzioni Civili.
La Corte d’Appello, in riforma della impugnata sentenza,
ha rigettato tutte le domande spiegate da Roberto Di

Resiste con controricorso il Comune di Roma.
Motivi della decisione

Con il ricorso Roberto Di Giovanpaolo denuncia «Violazione
o falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 n. 3
c.p.c. con riguardo agli artt. 2051 cc. 115 e 116 cpc – Vizio
di motivazione ex art. 360 n. 5 cpc – Motivazione apparente.»
Sostiene parte ricorrente che la motivazione
dell’impugnata sentenza si presenta in contrasto con il
principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato
di cui all’art. 112 c.p.c. ed è comunque insufficiente, avendo
omesso il Collegio di motivare correttamente sulla mancata
applicazione dell’art. 2051 c.c.
Afferma ancora il Di Giovanpaolo che, nel costituirsi in
appello, egli ha anzitutto chiesto di confermare la
responsabilità del Comune di Roma, sia in forza dell’art. 2043
c.c. che dell’art. 2051 c.c.
La Corte d’appello ha invece motivato l’impugnata
decisione solo con riferimento all’art. 2043 c.c. con
conseguente error in procedendo per cui sussiste il potere di
4

‘”T’-

Giovanpaolo che propone ricorso per cassazione.

questa Corte di cassazione di esaminare direttamente gli atti
di causa.
Il Di Giovanpaolo critica ancora l’impugnata sentenza
perché quest’ultima, al fine di escludere l’applicazione
dell’art. 2051 c.c., non poteva semplicemente fare ricorso a

condizioni di utilizzo del bene al fine di stabilire se fosse
possibile o meno un controllo della P.A. su di esso.
Secondo il ricorrente, stante la sua esplicita domanda in
sede di appello, era obbligo del giudice, prima di procedere
alla determinazione della responsabilità della P.A. in forza
esclusivamente dell’art. 2043 c.c., esaminare e motivare in
ordine alla “possibilità di custodia/controllo del bene da
parte del Comune e solo in caso di acclarata effettiva
impossibilità di custodia da parte della stessa P.A. con
riguardo alle condizioni di utilizzo/dimensioni della strada,
escludere l’applicazione dell’art. 2051 c.c. in favore
dell’art. 2043 c.c.
In altri termini, prosegue parte ricorrente, il Collegio
ha respinto la richiesta di risarcimento ai sensi dell’art.
2043 c.c., senza alcun riferimento alle concrete condizioni del
luogo in cui si è verificato il sinistro, al fine di
determinare l’effettiva possibilità di controllo da parte della
P.A. e pertanto l’applicabilità dell’art. 2051 c.c.

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principi generali ma avrebbe dovuto accertare in concreto le

Prosegue parte ricorrente che il Collegio ha omesso di
esaminare la domanda diretta all’applicazione dell’art. 2051
c.c. e che il diniego dell’applicazione del suddetto articolo
non è stato supportato da alcuna motivazione idonea ad indicare
come, in relazione all’estensione e all’uso del luogo in cui si
fosse impossibile per la P.A.

ogni controllo.
Il motivo è infondato.
È giurisprudenza consolidata di questa Corte che il
giudizio sulla pericolosità delle cose inerti non può
prescindere da un modello relazionale, per cui la cosa deve
essere vista nel suo normale interagire col contesto dato
talché una cosa inerte può definirsi pericolosa quando
determini un alto rischio di pregiudizio nel contesto di
normale interazione con la realtà circostante. Pertanto se il
contatto con la cosa provochi un danno per l’abnorme
comportamento del danneggiato, difetta il presupposto per
l’operare della presunzione di responsabilità di cui all’art.
2051 c.c., atteggiandosi in tal caso la cosa come mera
occasione e non come causa del danno (Cass., 4 novembre 2003,
n. 16527, in motivazione).
In particolare sostiene questa Corte che, in tema di danno
da insidia stradale, la concreta possibilità per l’utente
danneggiato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza
la situazione di pericolo occulto vale ad escludere la
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è verificato il sinistro de quo,

configurabilità dell’insidia e della conseguente responsabilità
della P.A. per difetto di manutenzione della strada pubblica,
dato che quanto più la situazione di pericolo è suscettibile di
essere prevista e superata attraverso l’adozione di normali
cautele da parte del danneggiato, tanto più incidente deve

medesimo nel dinamismo causale del danno, sino a rendere
possibile che detto comportamento interrompa il nesso
eziologico tra fatto ed evento dannoso (Cass., 16 maggio 2013,
n. 11946).
Facendo applicazione del suddetto criterio relazionale al
caso in esame deve rilevarsi come il ragazzo che guidava il
motorino fosse ben a conoscenza dell’esistenza di buche sulla
strada da lui percorsa per cui avrebbe dovuto tenere un
comportamento idoneo ad evitarle.
La Corte d’appello ha comunque affrontato sia il problema
dell’applicabilità dell’art. 2051 c.c. alla custodia esercitata
dagli enti pubblici territoriali sulle strade demaniali, sia
quello relativo al valore da attribuire alla non visibilità e
non prevedibilità dei dissesti del manto stradale.
Sotto quest’ultimo profilo, con accertamento di merito non
sindacabile in sede di legittimità in quanto congruamente
motivato, la Corte d’Appello ha rilevato che la buca in
corrispondenza della quale il Di Giovanpaolo è caduto era
ampiamente prevedibile e che tanto risulta sia dalle
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considerarsi l’efficienza del comportamento imprudente del

dichiarazioni rilasciate da quest’ultimo ai Vigili Urbani, sia
dal verbale degli stessi, sia da quanto dichiarato dal teste
Fabretti.
In conclusione nel caso in esame non opera la presunzione
di responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. in quanto, essendo

buche, ben avrebbe potuto evitarle. In seguito a tale
conoscenza gravava su di lui la prova della non visibilità e
non prevedibilità. Detto onere non è stato da lui adempiuto
(Cass., 26 aprile 2013, n. 10096).
Parte ricorrente formula altresì «Istanza di pronuncia
delle Sezioni Unite ex art. 374 c.p.c.»
Sostiene al riguardo il Di Giovanpaolo che esiste un
conflitto tra pronunce sulla questione relativa
all’applicabilità alla P.A. dell’art. 2051 c.c. e chiede
pertanto che questa Suprema Corte si pronunci sulla seguente
questione: «Se l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. nei
confronti della P.A. o del gestore non sia automaticamente
esclusa allorquando sia stato accertato in concreto sia che il
bene demaniale o patrimoniale da cui sia originato l’evento
dannoso risulti adibito ad un uso generale, sia che lo stesso
si presenti di notevole estensione e che tali caratteristiche
ricorrano entrambe.»
Alla luce della più recente giurisprudenza di questa Corte
il suddetto conflitto non sussiste in quanto si afferma ormai
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il conducente del motorino a conoscenza dell’esistenza di

costantemente che l’ente proprietario di una strada aperta al
pubblico transito si presume, ai sensi dell’art. 2051 c.c.,
responsabile dei sinistri riconducibili alle situazioni di
pericolo connesse in modo immanente alla struttura o alle
pertinenze della strada stessa, indipendentemente dalla sua

imprevedibiLL e non tempestivamente evitabile o segnalabile
(Cass., 12 aprile 2013, n. 8935; Cass., 18 ottobre 2001, n.
21508).
Per tutte le ragioni che precedono il ricorso deve essere
rigettato, con condanna di parte ricorrente alle spese del
giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente
alle spese del giudizio di cassazione che liquida in C 1.700,00
di cui C 1.500,00 per compensi.
Roma, 18 settembre 2013

estensione, salvo che dia la prova che l’evento dannoso era

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