Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23918 del 03/09/2021

Cassazione civile sez. I, 03/09/2021, (ud. 27/04/2021, dep. 03/09/2021), n.23918

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 17140-2020 r.g. proposto da:

C.W., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’avvocato

Cristiano Bertoncini, presso il cui studio è elettivamente

domiciliato in Guardiagrele, Chieti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di L’Aquila, depositato in data

9.4.2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/4/2021 dal Consigliere Dott. Amatore Roberto.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. Con il decreto impugnato il Tribunale di L’Aquila ha respinto la domanda di protezione internazionale ed umanitaria avanzata da C.W., cittadino del Gambia, confermando, pertanto, il provvedimento di diniego emesso dalla locale commissione territoriale.

Il tribunale ha ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, sub il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto del richiedente, che aveva riferito di essere stato costretto a fuggire dal suo paese perché il fratello, che era un militare, aveva avuto problemi “con lo Stato”, e perché comunque non ricorrevano i presupposti applicativi delle invocate tutele; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito al Gambia collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, perché il ricorrente non aveva dedotto fatti ulteriori e diversi da quelli posti a fondamento delle domande di protezione maggiore, non aveva allegato profili di sua vulnerabilità collegati alla possibile deprivazione dei suoi diritti fondamentali (non rientrando fra questi la prospettata situazione di difficoltà economica in caso di rimpatrio) e aveva prodotto documentazione (un contratto di lavoro a tempo determinato per un mese e mezzo; un contratto di tirocinio di sei mesi) che non dimostrava il suo effettivo radicamento nel tessuto economico e sociale italiano.

2. Il decreto, pubblicato il 9.4.2020, è stato impugnato da C.W. con ricorso per cassazione affidato a due motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di motivazione apparente con conseguente nullità della sentenza ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in quanto il tribunale non avrebbe preso posizione sul fenomeno della rappresaglia politica in Gambia, posto a fondamento della domanda di protezione internazionale.

1.1 Il motivo è inammissibile, sia perché non investe la prima della due rationes decidendi poste a fondamento del rigetto delle domande di protezione maggiore, costituita dalla ritenuta non credibilità del racconto, sia perché prospetta, sotto l’errato profilo del vizio processuale di motivazione apparente, un vizio di motivazione (ovvero l’omesso esame del fenomeno della rappresaglia in Gambia) senza specificare se, e in quali esatti termini, tale fatto sarebbe stato allegato nel corso del giudizio di merito e senza illustrarne la decisività.

2. Con il secondo mezzo, che deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 36, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, il ricorrente lamenta il rigetto della domanda di protezione umanitaria. Deduce che il Gambia è paese caratterizzato da povertà ed assenza di opportunità lavorative, teatro di continui scontri e proteste, divenute anche violente, che non consente condizioni di vita dignitose e che, a fronte del percorso di integrazione da lui intrapreso, il ritorno in patria lo esporrebbe ad un serio pregiudizio e lo porrebbe in una situazione di vulnerabilità.

2.1 Anche questo motivo è inammissibile, in quanto contesta in via totalmente generica l’accertamento del tribunale in ordine al difetto di allegazione di specifici profili di vulnerabilità del richiedente ed alla mancata dimostrazione del suo radicamento in Italia, ed è sostanzialmente volto a sollecitare un nuovo giudizio di comparazione, difforme da quello compiuto dal giudice del merito – sindacabile da questa Corte solo nei ristretti limiti del vizio (neanche denunciato) di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – sulla scorta di una generale rappresentazione della situazione politico-economica del Gambia (alla cui stregua il permesso di soggiorno per motivi umanitari dovrebbe essere rilasciato a chiunque provenga dal Paese), senza indicare in qual modo essa si rifletta sulla sfera soggettiva del ricorrente sino al punto da precludergli l’esercizio dei diritti fondamentali.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660/2019.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2021

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