Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23917 del 03/09/2021

Cassazione civile sez. I, 03/09/2021, (ud. 15/04/2021, dep. 03/09/2021), n.23917

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15784/2020 proposto da:

E.O., elettivamente domiciliato in Roma, viale G. Mazzini n.

6, presso lo studio dell’avvocato Manuela Agnitelli, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (C.F. (OMISSIS)) in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12,

presso la sede dell’Avvocatura Generale dello Stato, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– intimato costituito –

contro

Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione

Internazionale di Verona Sez. di Padova;

– intimato –

avverso la sentenza n. 5389/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 29/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/04/2021 dalla Consigliera VELLA Paola.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. il cittadino nigeriano E.O., proveniente da Benin City, propone quattro motivi di ricorso per la cassazione della sentenza del 29.11.2019 con cui la Corte d’Appello di Venezia ha rigettato il suo appello contro l’ordinanza del Tribunale di Venezia, che gli aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale o umanitaria, ritenendo non credibile che egli avesse lasciato il proprio Paese per il timore di essere ucciso, come il proprio fratello gemello, dalla setta degli Ogboni, nella quale si era rifiutato di entrare dopo la morte del padre, che vi apparteneva;

2. il Ministero intimato ha depositato un “atto di costituzione” per l’eventuale partecipazione alla pubblica udienza, mentre la intimata Commissione territoriale non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

2.1. il primo motivo denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 11, nonché “carenza e lacunosità della motivazione, per avere la Corte di appello di Venezia rigettato la richiesta dello status di rifugiato “non riuscendo ad individuare persecuzioni per tendenze o stili di vita” e ritenendo non credibile il ricorrente”;

2.2. il secondo mezzo lamentala violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. c) e art. 3, comma 3, lett. a); artt. 2, 3, 5, 8 e 9 CEDU; D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis (ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), “dal momento che il rigetto della protezione sussidiaria è stato emesso senza alcuna valutazione sulla sussistenza del danno grave. Difetto di istruttoria”;

2.3. il terzo motivo prospetta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 3, lett. a) e b); 3 e 7 CEDU (ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), “dal momento che il rigetto del riconoscimento della protezione sussidiaria è stato emesso (anche) sulla base di un giudizio prognostico, futuro (e incerto) e non “sullo stato effettivo ed attuale del Paese d’origine”, ritenendo che in Nigeria non vi fosse un pericolo generalizzato”;

2.4. il quarto mezzo si duole della violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 comma 6, e 19, comma 1; D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 comma 3, lett. c) e comma 4, nonché “illogica, contraddittoria e apparente motivazione, per avere la Corte di Appello di Venezia rigettato la richiesta di protezione umanitaria senza operare un esame specifico e attuale della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente, con riferimento al paese di origine” (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5);

3. tutti i motivi sono affetti da plurime ragioni di inammissibilità;

3.1. innanzitutto essi veicolano genericamente e confusamente vizi eterogenei sulle varie forme di protezione invocata, in contrasto col principio di tassatività dei mezzi di ricorso per cassazione e con l’orientamento di questa Corte per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure (ex plurimis, Cass. 26790/2018, 11222/2018, 2954/2018, 27458/2017, 16657/2017, 19133/2016).

3.2. in secondo luogo, le censure motivazionali non sono conformi ai canoni del novellato art. 360 c.p.c., n. 5), che onerano il ricorrente di indicare – nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti, nonché la sua “decisività” (ex multis Cass. Sez. U, 8053/2014; Cass. 19987/2017, 27415/2018, 6735/2020);

3.3. non sussiste nemmeno la contestata apparenza, contraddittorietà e o illogicità della motivazione, posto, per un verso, che la corte del merito ha esposto le ragioni del proprio convincimento in ordine all’inattendibilità del ricorrente (evidenziando, a pag. 7, l’incoerenza del suo racconto sotto il profilo logico e cronologico) e tenuto conto, per l’altro, che, dopo la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) (ad opera del D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012), “l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce – con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza” – nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”” (Cass. Sez. U, 8053/2014; Sez. U, 33017/2018);

3.4. le ulteriori censure attengono a valutazioni di merito e come tali si sottraggono al sindacato di legittimità (Cass. 11863/2018, 29404/2017, 16056/2016);

4. il ricorso va in ultima analisi dichiarato inammissibile poiché, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, mira, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici o delle risultanze probatorie operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U, 34476/2019);

5. L’assenza di difese degli intimati esclude una pronuncia sulle spese del presente giudizio;

6. sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019 e 4315/2020).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2021

 

 

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