Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23915 del 03/09/2021

Cassazione civile sez. I, 03/09/2021, (ud. 15/04/2021, dep. 03/09/2021), n.23915

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16517/2020 proposto da:

N.W., elettivamente domiciliato in Roma Via Tirone n. 11-13,

presso lo studio dell’avvocato Daniela Bianchi che lo rappresenta e

difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno; Commissione Territoriale per il

riconoscimento della Protezione Internazionale di Roma;

– intimati –

avverso la sentenza n. 7450/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/04/2021 dal Consigliere VELLA Paola.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. il cittadino nigeriano N.W., nato a (OMISSIS) e trasferitosi nel (OMISSIS) (River State), ricorre con quattro motivi per la cassazione della sentenza del 2.12.2019 con cui la Corte d’Appello di Roma ha rigettato il suo appello avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma che gli aveva negato il riconoscimento della protezione sussidiaria e umanitaria, rilevando: che non era credibile che l’appellante avesse lasciato il proprio paese per timore delle persecuzioni del gruppo “(OMISSIS)” di cui aveva fatto parte e che, dopo la sua fuoriuscita, aveva ucciso il fratello e rapito il padre, minacciandolo di morte se egli non fosse rientrato; che l’Abia e il River State non versano in una situazione di violenza indiscriminata determinata da conflitto armato; che non erano stati allegati specifici profili di vulnerabilità del richiedente, né questi aveva dedotto, a sostegno della domanda di protezione umanitaria, di aver subito violenze o traumi in Nigeria o durante il suo percorso migratorio attraverso la Libia;

2. le parti intimate non hanno svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

2.1.il primo motivo denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e il difetto assoluto di motivazione e l’omesso esame di fatti decisivi (art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5) con riguardo al diniego della protezione umanitaria;

2.2. il secondo mezzo lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), nonché la motivazione apparente (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4), in riferimento al diniego della protezione sussidiaria;

2.3. il terzo prospetta la nullità della sentenza o del procedimento per violazione degli artt. 702-quater, 115 e 116 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4), per il mancato rinnovo dell’audizione in sede di appello;

2.4. il quarto mezzo si duole del mancato esercizio del dovere di cooperazione istruttoria officiosa D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8, (art. 360 c.p.c., nn. 3 e/o 4), sempre in riferimento al mancato rinnovo dell’interrogatorio libero dell’appellante e al mancato esame del certificato medico allegato a supporto della protezione umanitaria;

3. tutti i motivi sono affetti da plurime ragioni di inammissibilità;

3.1. in particolare il primo, ma anche il terzo e il quarto, veicolano genericamente e confusamente vizi eterogenei sulle varie forme di protezione invocata, in contrasto col principio di tassatività dei mezzi di ricorso per cassazione e con l’orientamento di questa Corte per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure (ex plurimis, Cass. 26790/2018, 11222/2018, 2954/2018, 27458/2017, 16657/2017, 19133/2016).

3.2. in secondo luogo, le censure motivazionali non sono conformi ai canoni del novellato art. 360 c.p.c., n. 5), che onerano il ricorrente di indicare – nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti, nonché la sua “decisività” (ex multis Cass. Sez. U, 8053/2014; Cass. 19987/2017, 27415/2018, 6735/2020);

3.3. neppure ricorre il vizio, genericamente denunciato nel primo e nel secondo motivo, di omessa o apparente motivazione, posto, per un verso, che la corte d’appello ha ampiamente esposto le ragioni del proprio convincimento in ordine all’inattendibilità del ricorrente (evidenziando, alla pag. 5 della sentenza, l’incoerenza e la vaghezza del suo racconto, specie con riguardo all’attività di un gruppo di cui affermava di aver fatto parte) ed ha espressamente accertato la mancata allegazione di specifici profili di vulnerabilità del richiedente, e tenuto conto, per l’altro, che, dopo la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) (ad opera del D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012), “l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce – con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza” – nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”” (Cass. Sez. U, 8053/2014; Sez. U, 33017/2018);

3.4. il terzo e il quarto motivo difettano di specificità, specie tenendo conto che si tratta di un giudizio in fase di appello, dunque preceduto dall’audizione e dall’acquisizione di tutte le informazioni necessarie già nella fase di primo grado; al riguardo questa Corte ha precisato che “nel procedimento, in grado di appello, relativo a una domanda di protezione internazionale, non è ravvisabile una violazione processuale, sanzionabile a pena di nullità, nell’omessa audizione personale del richiedente, poiché l’obbligo di sentire le parti, desumibile dal rinvio operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 13, al precedente comma 10 (testo previgente al D.Lgs. n. 150 del 2011), non si configura come un incombente automatico e doveroso, ma come un diritto della parte di richiedere l’interrogatorio personale, cui si collega il potere officioso del giudice di valutarne la specifica rilevanza, ben potendo il giudice del gravame respingere la domanda di protezione internazionale, che risulti manifestamente infondata, sulla sola base degli elementi di prova desumibili dal fascicolo di causa e di quelli emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa” (Cass. 8931/2020, 14600/2019, 3003/2018);

3.5. per il resto, si tratta di censure meritali, sottratte al sindacato di legittimità (Cass. 11863/2018, 29404/2017, 16056/2016);

4. il ricorso va in ultima analisi dichiarato inammissibile poiché, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, mira, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici o delle risultanze probatorie operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U, 34476/2019);

5.sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019 e 4315/2020).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2021

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