Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23912 del 29/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 29/10/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 29/10/2020), n.23912

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16890-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

STUDIO “AVV. PI.AT.” ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE TRA GLI

AVVOCATI PI.PA., P.P., P.F.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 10278/24/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 23/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

CAPRIOLI MAURA.

 

Fatto

Considerato che:

Con la sentenza n. 10278/2018 la CTR della Campania rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la pronuncia della CTP di Napoli con cui era stato accolto il ricorso di Pi.Pa., P.P. e Pi.Fr.Pa. in proprio e quali legali rappresentanti dell’Associazione professionale “Studio avv. Pi.At. avente ad oggetto la liquidazione della sanzione per presunta omessa regolarizzazione di acquisti senza fattura. Rilevava che, a seguito della decisione n. 228 del 2014, doveva ritenersi modificato il regime delle presunzioni legali a favore dell’Erario non potendosi sostenere che i prelievi ingiustificati dai conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale.

Osservava che la contestazione sollevata dall’Ufficio era stata fondata sulla circostanza che i prelievi bancari fossero serviti per l’acquisto di beni e servizi strumentali non regolarizzati con fattura senza tenere conto che detta contestazione non era supportata da nessun riscontro oggettivo o da nessuna specifica indicazione di quali beni o servizi fossero stati acquistati con i prelievi e non regolarizzati con fattura.

Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

Gli intimati non si sono costituiti.

Diritto

Ritenuto che:

Con un unico motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2 e del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Sostiene infatti che la Corte Costituzionale ha inteso escludere con la sentenza nr 228/2014 l’operatività della presunzione legale basata sugli accertamenti bancari nei confronti dei lavoratori autonomi solo esclusivamente ai prelevamenti.

Osserva che a seguito di tale decisione è intervenuto il legislatore che con D.L. n. 193 del 2016 convertito con modificazione in L. n. 225 del 2016 ha apportato modifiche esclusivamente al versante delle imposte sui redditi mentre ai fini Iva il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2 sarebbe rimasto invariato. Afferma pertanto che si continua ad utilizzare il previgente modulo che impone al contribuente la dimostrazione di avere tenuto conto dei prelevamenti nelle scritture contabili e in dichiarazione o della loro estraneità dal campo delle operazioni imponibili.

Il motivo è infondato.

Premesso che la C.T.R., con accertamento in fatto non censurabile in questa sede di legittimità, ha qualificato il contribuente, in base alle caratteristiche della sua attività, lavoratore autonomo, le censure sono infondate alla luce della sentenza 24 settembre 2014, n. 228, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, qualificando la presunzione posta dalla citata norma “lesiva del principio di ragionevolezza nonchè della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare

che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari da

un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito”. In conseguenza della predetta pronuncia, pertanto, “non è più proponibile l’equiparazione logica tra attività d’impresa e attività professionale fatta, ai fini della presunzione posta dall’art. 32, dalla giurisprudenza di legittimità per le annualità anteriori” (Cass. n. 23041 del 2015), essendo definitivamente venuta meno la presunzione di imputazione dei prelevamenti operati sui conti correnti bancari ai ricavi conseguiti nella propria attività dal lavoratore autonomo o dal professionista intellettuale, che la citata disposizione poneva, spostandosi, quindi, sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provare che i prelevamenti ingiustificati dal conto corrente bancario e non annotati nelle scritture contabili, siano stati utilizzati dal libero professionista per acquisti inerenti alla produzione del reddito, conseguendone dei ricavi (v. Cass. n. 23041 del 11/11/2015, n. 12781 del 21/06/2016; Cass. nr 32257/2018; Cass. 2019 nr 34095; 34281).

La declaratoria di illegittimità costituzionale del citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, che come correttamente ha affermato la CTR,è applicabile anche alla normativa Iva ha conseguentemente escluso dall’imponibile di tutti gli importi derivanti, come nella specie, da operazioni di prelievo dai conti correnti bancari.

Grava, dunque, sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provare che i prelevamenti ingiustificati dal conto corrente bancario e non annotati nelle scritture contabili, siano stati utilizzati dal libero professionista per acquisti inerenti alla produzione del reddito, conseguendone dei ricavi, non potendosi fare ricorso della presunzione invocata.

Nel caso di specie il giudice di appello ha correttamente ritenuto che era onere dell’Amministrazione, attore in senso sostanziale, indicare i beni e servizi che sarebbero stati acquistati con i prelievi non regolarizzati da fattura.

La Commissione regionale non è incorsa in alcuna delle violazioni denunciate ritenendo operante nei confronti della ricorrente la presunzione semplice con riguardo ai prelevamenti conformandosi ai sopra enunciati principi.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va rigettato.

Nessuna determinazione in punto spese stante la mancata costituzione della parte intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2020

 

 

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