Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23907 del 11/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 11/10/2017, (ud. 20/09/2017, dep.11/10/2017),  n. 23907

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 229/2015 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA – C.F. (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.S., elettivamente domiciliato in ROMA piazza Cavour

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’avvocato ALESSIO ARIOTTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 535/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 19/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 20/09/2017 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

con la sentenza impugnata la Corte di appello di Torino ha rigettato l’appello proposto dal Ministero della Istruzione, Università e Ricerca contro la sentenza del Tribunale che, in accoglimento della domanda proposta da C.S., aveva condannato il Ministero a pagare alla parte ricorrente le differenze retributive conseguenti all’accertamento del suo diritto alla progressione stipendiale nella stessa misura attribuita ai docenti di ruolo;

la Corte territoriale ha ritenuto che la domanda del ricorrente, assunto come docente con una pluralità di contratti a termine succedutisi senza soluzione di continuità, fosse fondata alla luce del principio di non discriminazione tra lavoratori di cui all’art. 4 dell’Accordo Quadro attuato con Direttiva 1999/70/CE (oltre che con il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6) il quale consente un trattamento differenziato tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato sulla base di ragioni oggettive, che non possono essere ravvisate nella mera circostanza che un impiego sia qualificato di ruolo in base all’ordinamento interno e presenti alcuni aspetti caratterizzanti il pubblico impiego; per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;

la parte intimata ha resistito con controricorso;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. con l’unico motivo il MIUR denuncia la violazione dell’Accordo quadro CES, UNICE e CEE del 18/3/1999, recepito con Direttiva 1999-70-CE; del D.Lgs n. 297 del 1994, art. 526; D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 6; D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 9, comma 18, convertito in legge con modif. dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, art. 1, comma 2; L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4; L. n. 312 del 1980, art. 53;

1.1. deduce, in sintesi, – l’inapplicabilità del D.Lgs. n. 368 del 2001, sui contratti a tempo determinato ai rapporti di lavoro nel settore scolastico, come ribadito dal D.L. n. 70 del 2011, art. 9, comma 18,; – le peculiarità delle esigenze del settore scolastico, che ai sensi della clausola n. 5 dell’Accordo quadro giustificano per ragioni obiettive le deroghe al principio di non discriminazione; – l’insussistenza di una normativa che riconosca ai lavoratori a tempo determinato gli scatti collegati con l’anzianità di servizio previsti per i lavoratori a tempo indeterminato e ciò sulla base delle norme del C.C.N.L. 2006-2009 Comparto scuola, a norma del quale deve escludersi il diritto per il periodo pre-ruolo di supplenza a scatti retributivi e la ricostruzione di carriera può essere chiesta solo dal personale di ruolo ad avvenuto superamento del periodo di prova, con effetti decorrenti dalla conferma il ruolo;

2. il motivo, nella sua intera articolazione, è infondato;

è opportuno premettere che, come risulta dalla sentenza impugnata, la condanna dell’amministrazione convenuta ha avuto ad oggetto le differenze stipendiali maturate dal docente in applicazione del principio di non discriminazione;

2.1. il motivo nella parte in cui insiste sulla legittimità dei contratti a termine, sulla specialità del sistema di reclutamento scolastico, sulla esistenza di ragioni oggettive legate alla necessità di assicurare la continuità didattica, sovrappone e confonde il principio di non discriminazione, previsto dalla clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (concluso il 18 marzo 1999 fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale – CES, CEEP e UNICE – e recepito dalla Direttiva 99/70/CE), con il divieto di abuso della reiterazione del contratto a termine, oggetto della disciplina dettata dalla clausola 5 dello stesso Accordo;

2.2. il motivo è infondato, in quanto la sentenza impugnata, nel riconoscere l’anzianità di servizio ai fini retributivi, si pone in linea con il principio di diritto recentemente affermato da questa Corte con le sentenze nn. 22558 e 23868 del 2016, con le quali si è statuito che “nel settore scolastico, la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicchè vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato”;

2.3. a dette conclusioni, ribadite da ultimo da Cass. ord. 12/7/2017, n. 17168, la Corte è pervenuta valorizzando i principi affermati dalla Corte di Giustizia quanto alla interpretazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro ed evidenziando che l’obbligo posto a carico degli Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo determinato “condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato “comparabile”, sussiste a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto;

2.4. il ricorso del MIUR non prospetta argomenti che possano indurre a disattendere detto orientamento, al quale va data continuità, poichè le ragioni indicate a fondamento del principio affermato, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., sono integralmente condivise dal Collegio;

2.5. inconferente è il richiamo alla L. n. 312 del 1980, art. 53 – peraltro citato solo in rubrica e non ulteriormente illustrato nel ricorso – dal momento che le differenze retributive sono state riconosciute dal giudice di merito sulla base del principio di parità di trattamento tra lavoratori assunti a tempo determinato e lavoratori con contratto a tempo indeterminato ed in forza della progressione stipendiale collegata all’anzianità di servizio;

3. in conclusione, il ricorso va respinto;

4. la novità e la complessità della questione, diversamente risolta dalle Corti territoriali e solo di recente composta dall’intervento di questa Corte, giustificano la compensazione delle spese del giudizio di legittimità;

5. non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. 1778/2016).

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2017

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