Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23904 del 23/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 23/11/2016, (ud. 06/10/2016, dep. 23/11/2016), n.23904

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 756/2015 proposto da:

AGENZIA DELLA ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DIA PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CARMINE

PAUDICE, giusto mandato a margine del contoricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4667/47/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI, emessa l’11/04/2014 e depositata il 15/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA VELLA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue.

1. In fattispecie relativa a cartella di pagamento per Irap 2006, con unico motivo l’Agenzia delle Entrate deduce la “Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3; violazione e/o falsa applicazione art. 2967 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non avere la C.T.R. dato il giusto rilievo ai compensi erogati a terzi per prestazioni afferenti l’attività professionale svolta dal contribuente (ingegnere), indici del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, e per non aver applicato il principio per cui grava sul contribuente l’onere della prova dell’assenza del requisito medesimo.

2. Il controricorrente eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per tardività ex art. 325 c.p.c., avendo egli proceduto alla notifica della sentenza d’appello – a mezzo PEC – in data 22/5/2014, sicchè il termine per la sua impugnazione sarebbe scaduto il 23/7/2014, mentre la notifica del ricorso per cassazione risulta avviata in data 23/12/2014, entro il cd. termine lungo per impugnare.

3. Nel merito, contesta anche la fondatezza della censura, per aver debitamente assolto l’onere di dimostrare l’occasionalità dei compensi erogati a terzi nell’anno in contestazione (v. pag. 4 controricorso), producendo le relative quattro fatture, ammontanti complessivamente ad Euro 74.596,00, a fronte di ben più consistenti ricavi (per Euro 1.000.397,00) derivanti dalla “partecipazione a commissioni di collaudo di opere ingegneristiche, a commissioni aggiudicatrici di gare d’appalto”, nonchè dall’attività di “C.T.U.” e di “direttore dei lavori”, attività tutte “in cui è richiesta alla competenza della materia ma non un’organizzazione propria di mezzi e di persone per il suo espletamento”.

5. Va preliminarmente respinta l’eccezione di tardività del ricorso, stante l’invalidità della notifica della sentenza d’appello effettuata a mezzo PEC in data 22/5/2014, e ciò ai sensi del D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, art. 16, comma 1 (per cui le disposizioni del Regolamento per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma della L. 16 gennaio 2003, art. 27, “non si applicano dell’uso egli strumenti informatici o telematici nel processo tributario”), in quanto le nuove disposizioni di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16 bis, comma 3 (per cui “le notificazioni tra parti e i depositi presso la competente Commissione tributaria possono avvenire in via telematica secondo le disposizioni contenute nel D.M. Economia e Finanze 23 dicembre 2013, n. 163 e dei relativi decreti di attuazione”) trovavano applicazione – dal 1 dicembre 2015 – solo per i ricorsi dinanzi alle Commissioni tributarie di Umbria e Toscana (v. Cass. sez. 6-5, ord. n. 17941/16).

6. Nel merito, il ricorso va comunque respinto, poichè la censura proposta, sotto la veste formale di una contestazione in diritto, mira sostanzialmente ad ottenere una rivisitazione del merito del giudizio – con riguardo all’accertata insussistenza di un’autonoma organizzazione rilevante ai fini Irap – che però non è consentita in questa sede (Cass. s.u. n. 9451/16), spettando in via esclusiva al giudice di merito la selezione degli elementi del suo convincimento, come da granitico orientamento di questa Corte ex plurimis, Cass. s.u. n. 7931/13, Cass. nn. 12264/14, 26860/11, 962/15, 3396/15, 14233/15).

7. Nel caso di specie, la motivazione del giudice d’appello risulta congrua, avendo i giudici regionali descritto l’attività professionale svolta dal contribuente ed evidenziato la natura delle collaborazioni da lui ricevute, disattendendone la ricostruzione della C.T.P. in termini di “fittizietà” e “riconducibilità” a rapporti di lavoro dipendente – in quanto “assolutamente astratta, legata a generiche presunzioni e smentita dalle qualità professionali dei prestatori d’opera” – e concludendo per la mancanza di elementi idonei a far ritenere sussistente “una struttura organizzata che rappresenti un valore aggiunto rispetto all’affinità intellettuale particolarmente qualificata fornita dal professionista”, quale “docente di Tecnica delle Costruzioni presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Napoli”.

8. Al rigetto del ricorso non fa seguito la condanna alle spese, poichè l’intervento definitivamente chiarificatore delle Sezioni Unite di questa Corte è sopravvenuto nel corso del giudizio di legittimità.

9. Non ricorrono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, in quanto per la ricorrente amministrazione pubblica opera il meccanismo della prenotazione a debito delle spese (cfr. Cass. S.U. n. 9338/14; conf. Cass. sez. 6-L, n. 1778/16 e 6-T n. 18893/16).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate le spese del giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2016

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