Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23904 del 22/10/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 23904 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: MACIOCE LUIGI

Cdc 24.09.2013

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20098 del R.G. anno 2012

em 4

eL

proposto da:
Stentella Nanda — Fattore Mirella — Fattore Maurizio,

domiciliati in

ROMA, via Lutezia 8 presso l’avv. Giampiero Laurino con l’avv.
Antonio Campagnola che li rappresentano e difendono per procura in
ricorrenti –

calce al ricorso
contro

Comune di Monterotondo, dom.to in Roma via C.Fracassini 18 presso
l’avv. Roberto Venettoni che lo rappresenta e difende per procura
controricorrente –

speciale a margine del controricorso

avverso la sentenza 1102 in data 5.3.2012 della Corte di Appello di
Roma ; udita la relazione della causa svolta nella c.d.c del 24.09.2013
dal Cons.Luigi MACIOCE; presente il P.M., in persona del Sost.Proc.
Gen. Dott. Lucio Capasso che ha concluso come da relazione.
RILEVA
Il Collegio che il relatore designato nella relazione depositata ex art. 380
bis c.p.c. ha ricostruito la vicenda nel senso di cui appresso.
Con citazione del 13.5.1997 i signori Stentella-Fattore, proprietari di
un’area in Monterotondo nel possesso di mq. 724 della quale il Comune
si era immesso il 7.9.1984, sull’assunto che l’opera fosse stata realizzata
con la edificazione e delimitazione di un parco pubblico senza che fosse
stato adottato decreto di esproprio, convennero l’Ente innanzi al Tribu-

I

aux,

Data pubblicazione: 22/10/2013

nale di Roma per il risarcimento dei danni correlati alla occupazione acquisitiva del 7.9.1989. Il Tribunale nel 2003 determinò il risarcimento da
accessione invertita in C 43.549. La Corte di Roma, innanzi alla quale il
Comune di Monterotondo aveva proposto appello, con sentenza deliberata il 15.4.2010 e depositata il 5.3.2012, ha determinato il ristoro nel minor importo di C 8.490 (rivalutato all’attualità) oltre interessi dall’illecito
al saldo. La Corte ha affermato in motivazione che l’area né nel 1984 né
nel 1989 era edificabile, che ciò emergeva dallo strumento urbanistico

del calcolo del valore, che pertanto stante la favorevole ubicazione il
valore andava aumentato del 50% e si perveniva a lire 16.500 a mq nel
2001 (al totale relativo andava poi sommato il valore del pozzo insistente nell’area). Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso
gli interessati con atto del 18.7.2012 cui ha opposto difese il Comune
con controricorso 5.10.2012.
Il relatore ha concluso proponendo accogliersi il ricorso.
OSSERVA
Il ricorso sviluppa duplice censura: da un canto la sentenza avrebbe
ignorato, applicando i VAM, la sentenza n. 181 del 10.6.1981 della Corte
Costituzionale in tal guisa mancando di applicare il valore venale quale
unico parametro di ragguaglio; dall’altro canto la Corte avrebbe ignorato
che il PRG del 1982 indicato dal CTU e qualificante con previsione preordinata all’esproprio la zona in G parchi pubblici era decaduto dopo cinque anni ex art. 2 legge 1187/1968 sì chè si imponeva l’applicazione
dell’art. 4 u.c. della legge 10 del 1977. Il controricorso sul primo profilo
osserva che la quantificazione era stata sostanzialmente “personalizzata”
avendo la Corte adottato correttivi del VAM e sul secondo profilo rileva
che il PRG era conformativo sì che non istituiva vincolo scadente al quinquennio ed in ogni caso, quand’anche si fosse dovuto applicare il modestissimo indice 0,03 mc/mq, nondimeno la stima della Corte si palesava
congrua.
Colgono nel segno le censure del ricorso avendo la Corte di merito
applicato non già il valore reale dei suoli ma il criterio del VAM alla incompatibile fattispecie di risarcimento di un danno da fattispecie illecita
(nella quale la ablazione si registra per il noto effetto di “abbandono” a
parte actoris) e vieppiù facendo ricorso al parametro di cui all’art. 16
legge 865/1971 dichiarato incostituzionale da C.C. 181/2011, se pur
temperato dall’aumento del 50% per valore di posizione. Tale valore, si
rammenta, doveva essere, ed oggi andrà determinato, alla stregua del
valore venale pieno di cui all’art. 39 della legge 2359 del 1865, come più

2

vigente, che pertanto andava fatto capo ai VAM quale base di partenza

volte ribadito, anche di recente, da questa Corte (Cass. 25718, 21386,
19938 del 2011, 20758 e 11276 del 2012),

alla stregua del se-

Al fine di determinare la giusta indennità per i terreni non edificabili deve
essere applicata la regola che, applicata al caso di specie, impone di tener conto delle obbiettíve ed intrinseche caratteristiche ed attitudini
dell’area in relazione alle utilizzazioni autorizzate dagli strumenti di pianificazione del territorio, pertanto consentendo al proprietario interessato dalla espropriazione sostanziale, di dimostrare, se del caso attraverso indagini tecniche, che il valore agricolo correlato alla presenza del
PRG sia mutato e/o aumentato in conseguenza di una diversa destinazione del bene egualmente compatibile con la sua ormai accertata non
edificatorietà, e, quindi,che il suo fondo, suscettibile di sfruttamento ulteriore e diverso da quello agricolo, pur senza raggiungere i livelli
dell’edificatorietà,abbia un’effettiva e documentata valutazione di mercato che rispecchia queste possibilità di utilizzazioni intermedie tra
l’agricola e l’edificatoria (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti ecc.), utilizzazioni beninteso assentite dalla normativa vigente anche con il conseguimento delle opportune
autorizzazioni amministrative”.
La questione della natura edificabile, per affermata decadenza del
vincolo a zona G portata dal PRG 1982 del quale il ricorso afferma la natura lenticolare, è priva di alcuna ricevibilità in questa sede: a parte, infatti, la scarsa rilevanza della questione (posto che la edificabilità riveniente dalla suddetta natura sarebbe solo quella minima di cui all’art. 4
u.c. legge 10/1977, come esattamente osserva il Comune in controricorso), certo è che non è consentito introdurre in sede di legittimità il tema
della natura pre-espropriativa del PRG solo affermandola e quindi senza
addurre in modo autosufficiente quali esatte indicazioni fossero scaturite
dalla CTU per condurre alla qualificazione lenticolare della destinazione.
Resta dunque accertata la natura non edificabile dell’area ma resta
aperta la valutazione del valore alla luce del sopra rammentato principio
di diritto, fermo restando che la attuale indeterminatezza di tale valore
non consente neanche di considerare plausibile l’eventuale “disinteresse” al ricorso della parte istante (adombrato dal Comune). Si tratta infatti di una valutazione che nulla consente (ed autorizza) di formulare in
questa sede.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le
spese, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso nella c.d.c. della Ses Sezione Civile il 24.09.2013.

guente principio:

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