Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2390 del 04/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2390 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: TRICOMI IRENE

ORDINANZA
sul ricorso 23845-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587
in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati TRIOLO VINCENZO,
CORETTI ANTONIETTA, DE ROSE EMANUELE, STUMPO VINCENZO, giusta
procura in calce al ricorso;

– ricorrente contro
DEL GROSSO NICOLA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA APPIA NUOVA
251, presso lo studio dell’avvocato SARACINO MARIA, rappresentato e difeso
dall’avvocato MERCURIO MAZZE’, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente 1

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Data pubblicazione: 04/02/2014

avverso la sentenza n. 5002/2010 della CORTE D’APPELLO di BARI del 4.10.2010,
depositata il 7/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/11/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. IRENE TRICOMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato Antonietta Coretti che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI che si

riporta alla relazione scritta.

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FATTO E DIRITTO
Atteso che e’ stata depositata relazione del seguente contenuto.
«Il consigliere relatore osserva quanto segue.
1.La Corte d’Appello di Bari, con la sentenza n. 23845 del 2011, oggetto del
presente ricorso per cassazione, accoglieva l’impugnazione proposta da Del Grosso
Nicola avverso la sentenza del giudice del lavoro che aveva rigettato la domanda volta
all’accertamento del diritto alla riliquidazione dell’indennità di disoccupazione
agricola sulla base della retribuzione giornaliera fissata dalla contrattazione collettiva
integrata della Provincia di appartenenza, anziché in base al salario medio
convenzionale rilevato nell’anno 1995 e non più incrementato negli anni successivi.
1.1.Preliminarmente, la Corte d’Appello, affermava che non poteva trovare
applicazione, nella fattispecie in esame, la decadenza di cui all’art. 47 del dPR n. 639
del 30 aprile 1970, come interpretato dall’art. 6 del d.l. n. 103/91 convertito nella 1 n.
166/91.
2. Per la cassazione della suddetta sentenza ricorre l’INPS prospettando tre
motivi di ricorso. Resiste con controricorso l’intimato.
3. Con il primo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 47, comma 3,
del dPR n. 639 del 1970 e successive modifiche, affermando l’applicabilità nel caso in
esame della decadenza così disciplinata.
3.1. Il motivo è manifestamente infondato in ragione dei principi di diritto
affermati da questa Corte con la sentenza n. 7245 del 2012, che ha affermato, con
argomentazioni che si condividono, l’ inapplicabilità del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639,
art. 47 prima delle integrazioni apportate del d.l. n. 98 del 2011, art. 38, al caso di
richiesta di riliquidazione di prestazioni previdenziali solo parzialmente riconosciute e
liquidate dall’ente previdenziale.
4. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione
dell’art. 18, comma 18, del d.l. n. 98 del 2011, convertito nella legge n. 111/2011.
5. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione degli artt. 44, 49 e 53,
del CCNL operai agricoli e florovivaisti del 1998 in relazione al d.lgs. n. 314 del 1997,
art. 6 comma 4 lett. a), nonché in relazione agli artt. 1362 e 2120 cod. civ., ed alla legge
n.297 del 1982, art. 4, commi 10 e 11.
L’INPS, con i suddetti secondo e terzo motivo di ricorso, censura la sentenza
per avere incluso nella retribuzione da prendere a base per la liquidazione dell’indennità
di disoccupazione, anche la voce denominata “quota di TFR”, la quale invece non
dovrebbe esserlo, per avere – contrariamente a quanto affermato la Corte territoriale effettiva natura di retribuzione differita.
6. I suddetti motivi sono manifestamente fondati.
Confermando quanto già ritenuto con la sentenza 9 maggio 2007 n. 10546,
secondo cui ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura,
la nozione di retribuzione – definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da
porre a confronto con il salario medio convenzionale ex art. 4 d.lgs. 16 aprile 97 n.
146 – non è comprensiva del trattamento di fine rapporto, questa Corte ha
ulteriormente affermato che “sulla base del suddetto principio, la voce denominata
quota di t.f.r. dai contratti collettivi vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va
esclusa dal computo della indennità di disoccupazione, in considerazione della
volontà espressa dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere in forza della
disposizione di cui al d.l. 14 giugno 96 n. 318, art. 3, conv. dalla 1. 29 luglio 96, n.
402, a norma del quale, agli effetti previdenziali, [la retribuzione dovuta in base
agli accordi collettivi, non può essere individuata in difformità rispetto a quanto
definito negli accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura
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diversa rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna
illegittima alterazione degli istituti legali da parte dell’autonomia collettiva” (v.,
ord. n. 18516 del 2011 e numerose altre conformi).
Tale orientamento giurisprudenziale è stato confermato dal legislatore, il
quale con norma interpretativa contenuta nell’art. 18, comma 18, del d.l. 6.07.11
n. 98, convertito dalla legge n. 111 del 2011, prevede che “1 art. 4 del decreto
legislativo 16 aprile 1997 n. 146, e l’articolo 01, comma 5, del decreto- legge 10
gennaio 2006 n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006 n. 81,
si interpretano nel senso che la retribuzione, utile per il calcolo delle prestazioni
temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato, non è comprensiva
della voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla
contrattazione collettiva” (citata Cass., ord. n. 18516 del 2011, Cass. n. 200 del 5
gennaio 2011, id n. 11152 del 20 maggio 2011, n. 17832 del 30 agosto 2011, n. 7118
del 10 maggio 2012 e numerose altre conformi).
7.11 ricorso è, dunque, manifestamente fondato, con riguardo al secondo e al
terzo motivo di ricorso e deve essere accolto in ordine agli stessi.
8. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art.
384, c. 1, cpc può provvedersi nel merito e rigettarsi la domanda iniziale con
riferimento alla inclusione del T.F.R. nella base di calcolo dell’indennità di
disoccupazione».
Il Collegio condivide e fa proprie le considerazioni svolte nella relazione (cfr.
Cass. n. 200 del 5 gennaio 2011, id n. 11152 del 2011, n. 17832 del 2011, n. 7118 del
2012 e numerose altre conformi), considerato, da un lato, che le Sezioni Unite di questa
Corte, con la sentenza n. 12720 del 2009, componendo un contrasto di giurisprudenza
insorto nell’ambito della sezione lavoro, hanno affermato che “la decadenza di cui al
d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 – come interpretato dal d.l. 29 marzo 1991, n. 103,
art. 6, convertito, con modificazioni, nella legge 10 giugno 1991, n. 166 – non può
trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere
non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sé considerata, ma
solo l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello
dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di
calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una
componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello
della ordinaria prescrizione decennale”, dall’altro, che, confermando quanto già
ritenuto con la sentenza n. 10546 del 2007, secondo cui ai fini della liquidazione
delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione – definita
dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario
medio convenzionale ex art. 4 d.lgs. 16.4.97 n. 146 – non è comprensiva del
trattamento di fine rapporto, questa Corte ha ulteriormente affermato che “sulla
base del suddetto principio, la voce denominata quota di t.f.r. dai contratti collettivi
vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della indennità
di disoccupazione, in considerazione della volontà espressa dalle parti stipulanti,
che è vietato disattendere in forza della disposizione di cui al d.l. 14.6.96 n. 318,
art. 3, conv. dalla legge 29.7.96, n. 402, a norma del quale, agli effetti
previdenziali, [la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non può essere
individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi. Dovendo
escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto a quella indicata dalle parti
stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli istituti legali da
parte dell’autonomia collettiva” (v. Cass. n. 202 del 2011, ord. n. 18516 del 2011
e numerose altre conformi).
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Il Pres’dente

Tale orientamento giurisprudenziale è stato confermato dal legislatore, il
quale, con norma interpretativa contenuta nell’art. 18, comma 18, del d.l. 6.07.11
n. 98, convertito dalla legge n. 111 del 2011, prevede che “1 art. 4 del decreto
legislativo 16 aprile 1997 n. 146, e l’articolo 01, comma 5, del decreto- legge 10
gennaio 2006 n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006 n. 81,
si interpretano nel senso che la retribuzione, utile per il calcolo delle prestazioni
temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato, non è comprensiva
della voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla
contrattazione collettiva” (Cass., ord. n. 18516 del 2011).
Pertanto, il ricorso dell’I.N.P.S. va accolto con riguardo al secondo e al terzo
motivo e la sentenza della Corte di appello di Bari va cassata nella parte impugnata.
Il primo motivo di ricorso deve essere rigettato attesa l’ inapplicabilità dell’art.
47 del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, prima delle integrazioni apportate dell’art. 38 del
D.L. n. 98 del 2011, al caso di richiesta di riliquidazione di prestazioni previdenziali
solo parzialmente riconosciute e liquidate dall’ente previdenziale.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa
nel merito, col rigetto della domanda iniziale con riferimento alla inclusione del T.F.R.
nella base di calcolo dell’indennità di disoccupazione.
L’esito complessivo della lite e la considerazione relativa alla sopravvenienza
della norma di legge interpretativa citata consigliano l’integrale compensazione tra le
parti delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso e accoglie il secondo ed il terzo
motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel
merito rigetta la domanda di inclusione della quota TFR nella base di calcolo della
indennità di disoccupazione per il settore agricoltura. Compensa le spese dell’intero
processo.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2013

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