Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 239 del 10/01/2017

Cassazione civile, sez. III, 10/01/2017, (ud. 14/09/2016, dep.10/01/2017),  n. 239

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12235-2014 proposto da:

J.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. P. DA

PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA CONTALDI,

rappresentato e difeso dall’avvocato DANIELA CONSOLI giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1717/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 07/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/09/2016 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;

udito l’Avvocato SABINA LORENZELLI per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Firenze, con sentenza depositata il 7 novembre 2013, ha confermato la decisione di primo grado che, in relazione ad un incidente in cui ha riportato lesioni J.V., all’epoca dei fatti minore, investito mentre attraversava repentinamente una strada dall’autovettura condotta e di proprietà di B.L., assicurata con la Fondiaria sai S.p.A, ha attribuito la responsabilità dell’incidente nella misura del 20% a carico di B.L. e del rimanente 80% a carico del pedone,liquidando i danni in corrispondenza della responsabilità accertata.

Avverso questa decisione propone ricorso J.V. con due motivi. Non presentano difese gli intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1227 c.c.

Sostiene il ricorrente che impropriamente il giudice di merito ha fatto riferimento all’art. 1227 c.c., poichè dalle circostanze di tempo e di luogo ìn cui è avvenuto l’incidente non emerge alcuna concorrente responsabilità del minore,ma l’esclusiva responsabilità del conducente del veicolo il cui comportamento da solo è stata causa determinante dell’evento.

Erroneamente la Corte ha ritenuto che il mancato rallentamento dell’auto alla vista dei bambini, che in gruppo attraversavano la strada correndo, non costituisse comportamento determinante in via esclusiva della responsabilità del conducente.

2. Con il secondo motivo si denunzia violazione dell’art. 2054 c.c. con riferimento all’art. 141 C.d.S., commi 1 e 4 e dell’art. 342 Reg. att. C.d.S..

Sostiene il ricorrente che le risultanze istruttorie univocamente danno atto che il signor B. alla guida del veicolo investitore avrebbe potuto evitare l’impatto con il bambino pedone, se solo avesse fermato o rallentato l’andamento della vettura non appena avvistato il primo gruppo di bambini che attraversava il viale. Infatti il veicolo condotto dal B. procedeva lungo un viale rettilineo ad una velocità di 50/ 60 kmh quando, con 50 m di anticipo, il conducente aveva avvistato due gruppi di bambini che attraversavano di corsa il viale.

Risulta dagli atti che la semi carreggiate misurano circa 10 m ciascuno. La Corte d’appello,assunti predetti dati ai sensi e per gli effetti degli artt. 2700 e 2735 c.c. avrebbe dovuto trarre le legali conseguenze in termini di responsabilità esclusiva del B..

Il ricorrente sostiene che, con evidente erroneità e illogicità della motivazione, la Corte d’appello ha attribuito la preponderante responsabilità del sinistro ad un soggetto dal quale, per definizione, non può pretendersi una condotta ed una diligenza analoga a quella di un adulto e ciò pur a fronte di elementi certi gravi e concordanti di negligenza da parte del B., che sono univoci nel dimostrare rafforzare la responsabilità esclusiva o certamente preponderante del conducente dell’autovettura.

3. I due motivi si esaminano congiuntamente per la stretta connessione logico-giuridica che li lega e sono inammissibili.

Infatti solo apparentemente il ricorrente denunzia vizi di violazione di legge, mentre nella sostanza contesta le valutazioni di merito effettuate dalla Corte d’appello.

La rivalutazione delle risultanze probatorie per giungere ad un accertamento del fatto diverso da quello motivatamente fatto proprio dai giudici di merito era inammissibile nella vigenza della precedente formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 ed ancor più oggi, nella vigenza del nuovo art. 360 c.p.c., n. 5.

Si ricorda che la sentenza impugnata è stata depositata il 7/11/2013 e di conseguenza alla stessa si applica la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014. I motivi formulati non rispettano la nuova previsione del vizio di motivazione denunciabile in sede di legittimità, ma si sostanziano in un riesame di tutti gli elementi istruttori di cui si chiede una inammissibile rivalutazione a questa Corte. per giungere all’affermazione della responsabilità esclusiva o preponderante del conducente del veicolo.

Nulla per le spese stante l’assenza degli intimati.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Nulla spese.

Rilevato dagli atti che il processo risulta esente, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2017

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