Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 239 del 09/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 239 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 6960-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

FALLIMENTO EDILMEC SRL in persona del Curatore pro
tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA

TRIONFALE 5697,
BATTISTA

presso lo studio dell’avvocato

DOMENICO,

rappresentato

e

difeso

dall’avvocato BERARDI GIOVANNI giusta delega a

Data pubblicazione: 09/01/2014

margine;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 135/2005 della COMM.TRIB.REG.
di BARI, depositata il 12/01/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/11/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

.

RITENUTO IN FATTO.
1. A seguito di processo verbale di constatazione emesso
dalla Guardia di Finanza di Bari in data 9.3.92 l’Ufficio notificava alla Edilmec s.r.1.,

in data
18.12.92, un avviso di rettifica, ai fini IVA per l’anno
di imposta 1987, con il quale l’Amministrazione finanziaria recuperava a tassazione l’imposta indebitamente deemessa dalla società 2 EMME BI s.r.1., per prestazioni di
servizi di assistenza tecnica per montaggio impianti, e
ritenuta dall’Ufficio relativa ad operazioni soggettivamente inesistenti.
2. L’atto impositivo veniva impugnato dalla contribuente
dinanzi alla CTP di Bari, che accoglieva il ricorso.
L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate alla CTR
della Puglia veniva, altresì, rigettato con sentenza n.
135/11/05, depositata il 12.1.06.
2.1. Con tale decisione, il giudice di seconde cure riteneva che il reale perfezionamento dell’operazione di prestazione di servizi, di cui alla fattura in contestazione, desumibile dall’emissione e dall’incasso di un assegno bancario, a favore della società 2 EMME BI s.r.1.,
dovesse escludere il carattere fittizio dell’operazione e
comunque la partecipazione della contribuente all’ eventuale accordo evasivo posto in essere da terzi.
3. Per la cassazione della sentenza n. 135/11/05 ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate affidato a due motivi, ai quali la curatela dell’intimata (fallita nelle
more) ha replicato con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con i due motivi di ricorso – che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione degli
artt. 54 d.P.R. 633/72, 2698 c.c., in relazione all’art.
360 n. 3 c.p.c., nonché l’insufficiente e illogica motivazione, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.
1.1. Si duole, invero, la ricorrente del fatto che la CTR
abbia del tutto erroneamente fatto carico all’ Ammini-

tratta su una fattura per l’importo di £. 143.000.000,

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strazione finanziaria dell’onere di provare l’inesistenza
soggettiva dell’operazione in contestazione, laddove tale
dimostrazione sarebbe stata ampiamente fornita mediante
rinvio alle dettagliate ed esaustive risultanze del processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza.
1.2. La motivazione dell’impugnata sentenza sarebbe, dipoi, del tutto carente – a parere della ricorrente – ladgli elementi indiziari e presuntivi desumibili dal menzionato processo verbale di constatazione, avrebbe – di
contro – valorizzato le circostanze, di per sé affatto
significative, dell’avvenuto pagamento della fattura contestata mediante assegno bancario incassato dal legale
rappresentante della 2 EMME BI s.r.l.
2. Le censure sono fondate.
2.1. Va osservato, infatti, che, in tema di IVA, la nozione di “fattura inesistente” va riferita non soltanto
all’ipotesi di mancanza assoluta dell’operazione fatturata sul piano fattuale, ma anche ad ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale, ivi compresa l’ipotesi di “inesistenza soggettiva”, che ricorre quando, pur risultando i beni o il servizio reso entrati nella disponibilità patrimoniale
dell’impresa cui le fatture sono rilasciate, venga accertato che uno o entrambi i soggetti del rapporto siano
falsi (Cass. 23074/12; 8132/11).
In siffatta ipotesi, pertanto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 19, 21, co. 7, e 26, co. 3, del d.P.R.
n. 633/72, è – in linea di principio – precluso al cessionario dei beni, così come al committente del servizio,
il diritto alla detrazione o alla variazione dell’imposta
nel caso di emissione di fatture per operazioni inesistenti anche solo sotto il profilo soggettivo. Ed infatti, pur essendo i beni o il servizio effettivamente entrati nella disponibilità dell’impresa utilizzatrice, la
falsa indicazione di almeno uno dei soggetti del rapporto
determina l’evasione del tributo relativo alla diversa

dove la CTR, senza prendere in adeguata considerazione

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operazione, effettivamente realizzata tra altri soggetti
(Cass. 6378/06; 18907/11; 23074/12).
2.2. Ne discende che il committente-cessionario, al quale
sia contestata, sulla base di elementi presuntivi forniti
dall’amministrazione (gravata del relativo onere della
prova), la detrazione dell’IVA versata in rivalsa al soggetto, diverso dall’effettivo cedente-prestatore, che ha
nella sola ipotesi in cui possa provare, ai sensi
dell’art. 2697, co. 2, c.c., che non sapeva o non poteva
sapere di partecipare ad un’operazione fraudolenta. Il
cessionario, in particolare, ha l’onere di dimostrare almeno, anche in via alternativa, di non essersi trovato
nella situazione giuridica oggettiva di conoscibilità
delle operazioni pregresse intercorse tra il cedente ed
il fatturante in ordine al bene ceduto, oppure, nonostante il possesso della capacità cognitiva adeguata all’attività professionale svolta in occasione dell’operazione
contestata, di non essere stato in grado di abbandonare
lo stato di ignoranza sul carattere fraudolento delle
operazioni degli altri soggetti collegati all’operazione
(Cass. 8132/11; 23074/12).
2.3. Tali affermazioni di principio – operate in più occasioni da questa Corte – trovano, peraltro, adeguato riscontro anche nella giurisprudenza comunitaria in materia. In tal senso, la Corte di Giustizia europea ha, difatti, più volte affermato che il beneficio della detrazione non è accordabile, sia per il diritto comunitario
che per il diritto interno che ad esso si uniforma, qualora sia dimostrato che lo stesso beneficio è invocato
dal contribuente fraudolentemente o abusivamente. Secondo
la Corte europea, invero, il diritto alla detrazione,
previsto dagli artt. 167 e ss. della direttiva 2006/112
(e prima ancora della VI Direttiva n. 388/77), e costituente parte integrante del meccanismo di traslazione
dell’imposta proprio dell’IVA in ambito comunitario, può
essere negato solo quando risulti dimostrato da parte
dell’amministrazione finanziaria, “alla luce di elementi

emesso la fattura, ha il diritto di detrarre l’imposta

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oggettivi”, che il soggetto passivo al quale siano stati
forniti i beni o i servizi, posti a fondamento del diritto alla detrazione, “sapeva o avrebbe dovuto sapere che
tale operazione si iscriveva in un’evasione commessa dal
fornitore o da un altro operatore a monte”. E’ di tutta
evidenza, infatti, che in tale evenienza il soggetto che
intende fruire della detrazione deve essere considerato,
evasione”, laddove di certo non lo sarebbe colui che
ignorasse – senza sua colpa – che il fornitore effettivo
della merce o dei servizi ricevuti non era il fatturante,
ma un altro soggetto. Ma è chiaro che l’onere di provare
tale circostanze liberatoria – a fronte degli elementi
dimostrativi forniti dall’ Amministrazione – non può che
cedere a carico del contribuente (v. C. Giust., 6.7.06,
C- 439/04; C. Giust. CE, 21.2.06, C – 255/02; C. Giust.,
21.6.12, C – 80/11).
2.4. A tal fine, per le ragioni suesposte, circa l’ effetto di evasione di imposta che comunque si produce in
conseguenza di tale operazione, non è – tuttavia – sufficiente dedurre, da parte del contribuente, che la merce
sia stata consegnata e la fattura, IVA compresa, sia stata effettivamente pagata. E ciò anche in considerazione
del fatto che la provenienza della merce stessa da soggetto diverso da quello figurante sulle fatture, non è
una circostanza indifferente ai fini dell’IVA.
Per un verso, infatti, la qualità del venditore può incidere sulla misura dell’aliquota e, per conseguenza,
sull’entità dell’imposta legittimamente detraibile
dall’acquirente; per altro verso, il diritto alla detrazione non sorge comunque per il solo fatto dell’avvenuta
corresponsione dell’imposta formalmente indicata in fattura, richiedendosi, altresì, – come dianzi detto – che
siffatto pagamento dell’IVA al soggetto interposto non si
traduca in una condotta agevolativa della frode fiscale
posta in essere dai soggetti a monte del cessionario o
committente (Cass. 29467/08; 735/10).

ai fini della direttiva IVA, come “partecipante a tale

2.5. Tutto ciò premesso, pertanto, è evidente che, nel
caso di specie, non giova affatto alla contribuente – al
contrario di quanto erroneamente ritenuto dal giudice di
appello – dedurre l’avvenuto pagamento delle fatture (mediante un assegno incassato dal legale rappresentante
della Edilmec s.r.1.) e l’effettivo ricevimento del servizio, a fronte di elementi di forte spessore indiziario
finanziaria, e fondati sul processo verbale di constatazione emesso dalla Guardia di Finanza.
2.5.1. A tal fine, va – difatti – innanzitutto considerato che, in tema di accertamento dell’IVA, ai sensi
dell’art. 56 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento può essere
assolto anche mediante rinvio ad altri atti conosciuti o
conoscibili da parte del contribuente, ed in particolare
al verbale redatto dalla Guardia di finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria. Ne consegue che, in
caso d’impugnazione dell’atto impositivo, il giudice di
merito deve accertare, motivando adeguatamente sul punto,
se detto verbale sia stato posto nella sfera di conoscenza del contribuente, tenendo presente che tale presupposto deve considerarsi “in re ipsa” quando il riferimento
attiene a verbali di ispezione o verifica redatti alla
presenza del contribuente, o a lui comunicati o notificati nei modi di legge (Cass. 6232/03, 2462/07, 7360/11).
Ebbene, nel caso di specie, è del tutto incontroverso in
giudizio che il suddetto processo verbale era stato notificato o consegnato alla società contribuente. Per il che
la motivazione dell’atto impositivo, fondata sulle risultanze dell’atto prodromico all’accertamento deve ritenersi pienamente legittima.
2.5.2. Va rilevato, inoltre, che gli elementi probatori
che l’Amministrazione ha desunto dal predetto processo
verbale di constatazione – del tutto pacifici tra le parti, tanto da essere stati indicati anche dalla stessa resistente nel controricorso – si concretano nei seguenti
dati di fatto: 1) la carta intestata alla prestatrice del

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e presuntivo, forniti in giudizio dall’ Amministrazione

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servizio Emme BI s.r.l. era la stessa utilizzata per altre fatture, ed il numero era il medesimo adoperato per
altra fattura; 2) il pagamento dell’intero importo del
servizio era bensì avvenuto con assegno, ma il titolo di
pagamento era stato incassato dall’amministratore della
EMME BI s.r.l. e versato sul proprio conto personale (v.
controricorso p. 5), anziché su quello della ditta, e non
fattura emessa dall’apparente prestatrice del servizio;
3) non vi erano rapporti commerciali abituali tra le due
società, come riferito dal curatore della Edilmec s.r.l.
alla Guardia di Finanza; 4) l’immediatezza del rapporto
prestatore-fatturante – committente, induceva ragionevolmente ad escludere l’ignoranza incolpevole di quest’ ultimo circa l’avvenuto versamento dell’IVA a soggetto non
legittimato alla rivalsa, né assoggettato all’obbligo del
pagamento dell’imposta (Cass. 6229/13).
2.6. Orbene, nel caso concreto, a fronte di tali significativi elementi offerti dall’Amministrazione finanziaria,
incombeva sulla contribuente – contrariamente a quanto
affermato dalla CTR – l’onere di provare di non essere
stata a conoscenza del carattere fraudolento
dell’operazione, che – dietro l’apparente prestazione di
un servizio – dissimulava un intento evasivo, dovendosi
altrimenti legittimamente negare, da parte dell’Ufficio,
il diritto alla detrazione dell’IVA versata (cfr. Cass.
6229/13).
Senonchè, la resistente si è limitata ad eccepire in giudizio l’avvenuto pagamento del servizio, a suo dire, ricevuto dalla 2 EMMA BI s.r.1., circostanza questa – di
per sé – del tutto irrilevante, come dianzi detto, poiché
perfettamente in linea con il modello di evasione di imposta costituito dalla fatturazione per operazione inesistente, senza neppure dedurre di non essere stata on grado di venire a conoscenza di tale finalità evasiva perseguita da terzi. Per il che, a giudizio della Corte, la
difesa articolata dalla medesima non si palesa in grado

era stato registrato in contabilità, al pari della stessa

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di inficiare la fondatezza dell’accertamento espletato
dall’Amministrazione finanziaria.
2.7. Per le ragioni esposte, dunque, il ricorso proposto
dall’Agenzia delle Entrate non può che essere accolto.
3. L’accoglimento del ricorso principale comporta la cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio ad altra sezione della CTR della Puglia, che dovrà procedere a nuovo
indiziari e presuntivi suindicati, forniti in giudizio
dall’Amministrazione a supporto della dedotta inesistenza
dell’operazione in discussione nel presente giudizio, ed
attenendosi ai principi di diritto suesposti.
4. Il giudice del rinvio provvederà, altresì, alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, che provvederà alla liquidazione anche
delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 25.11.2013.

esame della controversia, tenendo conto degli elementi

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