Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23895 del 29/10/2020

Cassazione civile sez. I, 29/10/2020, (ud. 13/10/2020, dep. 29/10/2020), n.23895

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6500/2019 proposto da:

E.O., elettivamente domiciliato in Roma presso la

CANCELLERIA civile della CORTE SUPREMA di CASSAZIONE e rappresentato

e difeso dall’avvocato Paolo Paciaroni, in forza di procura speciale

in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. cronol. 732/2019, del Tribunale di ANCONA,

depositato il 21/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/10/2020 da Dott. IOFRIDA GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Ancona, con decreto n. cronol. 732/2019, ha respinto la richiesta di E.O., cittadino della (OMISSIS), a seguito di diniego da parte della competente Commissione territoriale, di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria e per ragioni umanitarie.

In particolare, i giudici d’appello hanno rilevato che: la vicenda personale narrata dal medesimo (avere lasciato il Paese d’origine per sfuggire ad una maledizione), anche ove credibile, rifletteva una vicenda di vita privata e di giustizia comune e non implicava riferimenti ad atti persecutori ai sensi di legge; quanto alla richiesta di protezione sussidiaria, la Nigeria non era interessata da situazione di violenza indiscriminata (come si evinceva dai siti UNHCR ed EASO 2018, report Human Rights Watch, sito Africa Confidential ed Africa Intelligence); non ricorrevano le condizioni per la concessione del permesso per ragioni umanitarie, non emergendo ragioni di particolare vulnerabilità dello straniero (a Benin City vivevano ancora la moglie ed i figli del richiedente) nè ragioni gravi di salute o un serio percorso di integrazione in Italia.

Avverso il suddetto decreto, di E.O. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno (che si costituisce al solo fine di partecipare all’udienza pubblica di discussione).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, un vizio di nullità del decreto, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per ultrapetizione, avendo il Tribunale pronunciato sul diniego del riconoscimento dello status di rifugiato, in difetto di domanda del richiedente; b) con il secondo motivo, sia la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), sia l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo, non avendo il Tribunale rispettato l’obbligo di cooperazione istruttoria in ordine alla situazione politico-sociale del Paese di provenienza; c) con il terzo motivo, sempre in relazione alla protezione sussidiaria, sia la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 2 e art. 14, lett. b), sia l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo, non avendo il Tribunale accertato l’effettività della tutela offerta dalle forze dell’ordine in Nigeria ed in particolare nell’Edo State, pur affermando che il richiedente poteva attingere alla tutela offerta dal suo Paese; d) con il quarto motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11, comma 1, lett. c-ter, in relazione al diniego di protezione umanitaria.

2. Preliminarmente, il ricorso è inammissibile per difetto di valida procura speciale.

Secondo il principio costante affermato da questa Corte, “ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, sotto il profilo della sussistenza della procura speciale al difensore iscritto nell’apposito albo, richiesta dall’art. 365 c.p.c., è essenziale, da un lato, che la procura sia rilasciata in epoca anteriore alla notificazione del ricorso e, dall’altro, che essa investa il difensore espressamente del potere di proporre ricorso per cassazione contro una sentenza determinata e pronunciata necessariamente in epoca antecedente al rilascio della procura speciale” (Cass. 28 marzo 2006, n. 7084; ex multis, Cass. 21 novembre 2017, n. 27540; Cass. 4 aprile 2017, n. 8741; Cass. 17 marzo 2017, n. 7014).

Nella specie, nella procura a margine del ricorso, senza data, si parla genericamente di una delega a rappresentare e difendere “in ogni grado, ordine e fase del presente procedimento, del successivo procedimento esecutivo, di appello e/o di opposizione”, senza alcun riferimento al ricorso per cassazione.

Questa Corte ha inoltre, di recente, precisato (Cass. 2342/2020; conf. Cass. 1043/2020, con riferimento ad una procura apposta a margine del ricorso) che “in tema di protezione internazionale è inammissibile il ricorso per cassazione munito di una procura speciale alle liti (nella specie apposta su foglio separato e materialmente congiunto all’atto) priva della data di rilascio, nonchè della correlata certificazione da parte del difensore, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, non potendosi verificare il conferimento della stessa in epoca successiva alla comunicazione del decreto impugnato”. Invero, il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, quinto periodo, norma speciale, prescrive espressamente la certificazione, da parte del difensore, della “data del rilascio in suo favore”, quale imposta al fine di dar conto, a pena di inammissibilità del ricorso, del suo conferimento “in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato”.

Ne consegue che è inammissibile il ricorso nel quale la procura (nella specie, apposta in calce all’atto) non indica la data in cui essa è stata conferita, non assolvendo alla funzione certificatoria la sola autentica della firma, nè il citato requisito potendo discendere dalla mera inerenza all’atto steso a fianco o dalla sequenza notificatoria.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2020

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