Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23893 del 23/11/2016


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Cassazione civile sez. II, 23/11/2016, (ud. 14/07/2016, dep. 23/11/2016), n.23893

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23532-2012 proposto da:

D.W., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

VALLISNERI 11, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PACIFICI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PETER TAPPEINER;

– ricorrente –

contro

R.E., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F.

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ERNST RAUCH;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 140/2011 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI di

BOLZANO, depositata il 19/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/07/2016 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato CHIARA PACIFICI, con delega dell’Avvocato PETER

TAPPEINER difensore del ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento

del ricorso;

udito l’Avvocato CARLO ALBINI, con delega dell’Avvocato LUIGI MANZI

difensore del ricorrente, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

R.E. proponeva opposizione al decreto col quale il Tribunale di Bolzano, sez. distaccata di Silandro, gli aveva ingiunto di pagare all’arch. D.W. la somma di Euro 25.792,68, quale corrispettivo di un progetto preliminare relativo ad un edificio commerciale ed abitativo. A sostegno dell’opposizione deduceva di non aver mai incaricato detto professionista, ma solo di avergli chiesto la formulazione di un’offerta di prestazione.

Resistendo l’opposto, il quale in subordine domandava la condanna dell’opponente al pagamento del medesimo importo per responsabilità precontrattuale, il Tribunale revocava il decreto ingiuntivo e rigettava la domanda.

L’impugnazione proposta da D.W. era respinta dalla Corte d’appello di Trento, sez. distaccata di Bolzano, con sentenza n. 142/11. Riteneva la Corte territoriale che, indiscussa l’effettuazione delle prestazioni del cui pagamento si discuteva, occorreva stabilire se per esse fosse stato concordato un onorario.

Osservava, quindi, la Corte territoriale che l’onerosità era effetto naturale ma non essenziale del contratto d’opera e che la prova dell’onerosità delle prestazioni era a carico del libero professionista, non dandosi alcuna presunzione in merito. Escluso che, nello specifico, l’arch. D. avesse assolto tale onere probatorio, osservava, poi, che sebbene fossero confermati i contatti tra le parti, la consegna di documenti tecnici e il “presupposto” che l’attività di progettazione fosse stata chiesta al D. dal Rauch, mancava comunque la prova dell’esistenza di un rapporto contrattuale riguardante la progettazione preliminare verso corrispettivo, tenuto conto che per realizzare un preventivo era necessaria una progettazione preliminare.

Concludeva, infine, nel senso che “(i)ndipendentemente dalla valutazione delle prove del primo giudice, manca(va) quindi qualsiasi conferma riguardo ad un’obbligazione contrattuale di progettazione verso un corrispettivo da parte di R.E.”. Infine, confermava il giudizio d’inammissibilità, per novità, della domanda subordinata di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale proposta dal D..

La cassazione di tale sentenza è chiesta da quest’ultimo sulla base di tre motivi, cui ha fatto seguito il deposito di memoria.

Resiste con controricorso R.E..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 2233 c.c. e art. 35 Cost. Il contratto d’opera intellettuale, sostiene parte ricorrente, si presume oneroso e sinallagmatico, e dunque soggetto al principio di corrispettività, che ne integra la causa. Inoltre, anche in applicazione del principio costituzionale per cui il lavoro e tutelato in tutte le sue forme ed applicazioni (art. 35 Cost.), il compenso del professionista e da considerarsi quale diritto fondamentale della persona. Pertanto, la Corte territoriale, avendo accertato che la prestazione era stata eseguita, avrebbe dovuto riconoscere il relativo compenso secondo la liquidazione fattane dal Consiglio dell’Ordine degli architetti.

2. – Il secondo motivo lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 2229, 2233 e 2697 c.c., nonchè il difetto di motivazione su fatti controversi e decisivi. Parte ricorrente contesta l’esattezza dell’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui graverebbe sul libero professionista l’onere di provare il titolo oneroso della prestazione professionale svolta.

Essendo l’onerosità un effetto naturale di tale contratto, si determina una corrispondente presunzione furis tantum di onerosità, con l’effetto di riferire al committente l’onere della prova contraria.

3. – Il terzo mezzo d’annullamento espone la violazione dell’art. 112 c.p.c. e il difetto di motivazione circa la ritenuta novità della domanda subordinata di condanna di R.E. al pagamento della medesima somma a titolo di responsabilità precontrattuale, trattandosi di semplice emendati libelli.

4. – I primi due motivi, da esaminare congiuntamente per la loro complementarietà, sono fondati.

In talune pronunce di questa Corte si è affermata l’inesistenza di una presunzione di onerosità del contratto di prestazione d’opera intellettuale, nell’ambito, tuttavia, di questioni in cui era in gioco o l’alternativa tra Resistenza del contratto corrispondente e la prestazione resa per ragioni di carattere amicale (v. Cass. n. 2769/14) o la rispondenza dell’opera ad un diverso e atipico scambio economico (v. Cass. n. 5472/99).

Per contro, lì dove è stata chiamata a pronunciarsi ex professo sulla natura del contratto di cui all’art. 2230 c.c., questa Corte ha affermato, invece, che l’onerosità del contratto d’opera professionale, che in genere ne costituisce elemento normale, come risulta dall’art. 2233 c.c., non ne integra un elemento essenziale, nè può essere considerato un limite di ordine pubblico alla autonomia contrattuale delle parti, le quali, pertanto, ben possono prevedere espressamente la gratuità dello stesso, per i motivi più vari, come l’affectio o la benevolentia ovvero ragioni di ordine sociale o di convenienza, anche con riguardo ad un personale ed indiretto vantaggio (Cass. n. 21251/07, che da tale principio di diritto ha tratto che soltanto al di fuori di dette ipotesi il patto in deroga ai minimi della tariffa professionale sarebbe nego; in senso conforme, Cass. n. 7741/99).

In altra pronuncia si è fatta strada l’affermazione dell’onerosità del contratto d’opera professionale, quale espressione di un principio generale della materia, in base al quale il compenso costituisce elemento essenziale del contratto di cui all’art. 2230 c.c., che è di per se sinallagmatico, salvo il caso di rinuncia preventiva al compenso, allorchè le parti abbiano voluto un negozio a titolo gratuito, che deve essere pertanto provato e che non può, quindi, essere presunto (Cass. n. 8878/94).

Una risalente ma chiara sentenza afferma che l’art. 2222 c.c., nel definire la nozione del contratto d’opera. espressamente contempla la obbligazione del corrispettivo a carico del committente, confermando in tal modo che il rapporto di lavoro autonomo, non diversamente da quello di lavoro subordinato, rientra nella categoria dei negozi di scambio, a prestazioni corrispettive. Nel sistema della legge la prestazione dell’opera o del servizio in via autonoma deve normalmente ritenersi a titolo oneroso, donde l’ulteriore conseguenza che la mancata preventiva determinazione del compenso non importa che questo non sia dovuto, dovendo, sia pure in via presuntiva ammettersene la esistenza, salvo la possibilità della prova contraria. Le parti, nello svolgimento della libera autonomia dispositiva, ben possono stabilire che la prestazione dell’opera avvenga senza corrispettivo, ma il rapporto così concluso a titolo gratuito esorbita dalla figura tipica del contratto di opera. Pertanto, in considerazione del carattere eccezionale della prestazione di lavoro gratuita. deve ritenersi che, in difetto di una chiara e precisa dimostrazione della concorde determinazione consensuale delle parti rivolta ad escludere la obbligazione corrispettiva del compenso, la eventuale contestazione al riguardo vada risoluta in favore del prestatè di opera. secondo i principi della utile versione o dell’indebito arricchimento del committente. attesa la irripetibilità del lavoro eseguito (Cass. n. 331/63).

Il quadro di riferimento che ne emerge segnala, in sintesi, che nei casi in cui la Corte è stata chiamata a riconoscere cittadinanza alle prestazioni professionali gratuite, è risultata agevole l’argomentazione basata sull’assenza di una presunzione legale, sia pur relativa. di onerosità. Ma la coeva assenza di presunzioni dell’un segno e di quello opposto non si presta ad essere ribadita oltre e ad altri fini, perchè a livello di teoria generale del negozio la causa non può essere neutra ma, necessariamente, o gratuita od onerosa.

Ed allora occorre assicurare continuità all’orientamento che ravvisa la normale natura onerosa del contratto in parola, coerentemente alla causa di scambio che assiste tutte le fattispecie di lavoro autonomo, di cui la prestazione d’opera intellettuale è una species. Che poi l’onerosità non sia essenziale a tale tipologia di contratto, significa solo che se ne può ammettere anche una declinazione gratuita, senza che però tale affermazione reagisca sul riparto probatorio imponendo al professionista un onere ulteriore. Per esigere il pagamento, questi deve provare l’incarico e l’adempimento dell’obbligazione assunta, non anche la pattuizione di un corrispettivo, sia pure non determinato nel suo ammontare. E’ il committente, al contrario, che ha l’onere di provare l’eventuale accordo sulla gratuità della prestazione.

4.1. – Nel caso in esame la Corte distrettuale non ha nè accertato ne escluso l’incarico nei termini prospettati dall’attore, pur ritenendo indubbi i contatti tra le parti e il fatto che l’arch. Diet1 avesse svolto la prestazione progettuale preliminare di cui chiedeva il pagamento. Ma avendo erroneamente interpretato la non essenzialità del corrispettivo, la Corte altoatesina ha altrettanto erroneamente affermato che “la prova dell’onerosità delle prestazioni è a carico del libero professionista (…) poichè in merito non è data alcuna presunzione giuridica” (v. pag. 7 della sentenza impugnata). Di conseguenza, ritenuto che l’arch. D. non avesse assolto tale onere, ha concluso (facendo evidentemente ricorso al criterio della ragione più liquida) nel senso che “(i)ndipendentemente dalla valutazione delle prove del primo giudice, manca(va) quindi qualsiasi conferma riguardo ad un’obbligazione contrattuale di progettazione verso un corrispettivo da parte di R.E.” (v. pag. 8 della sentenza impugnata).

5. – L’accoglimento dei suddetti motivi assorbe l’esame della terza censura, che avendo ad oggetto la domanda di subordine suppone l’accertamento negativo di quella di tesi.

6. – La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte “appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, in diversa composizione, la quale nel riesaminare il merito si atterrà al seguente principio di diritto, che si enuncia ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1: “il contratto di prestazione d’opera intellettuale ha natura normalmente anche se non essenzialmente onerosa, al pari di ogni altra fattispecie di lavoro autonomo. Ne consegue che per esigere il pagamento il professionista deve provare l’incarico e l’adempimento dell’obbligazione assunta, non anche la pattuizione di un corrispettivo, mentre grava sul committente provare l’eventuale accordo sulla gratuità della prestazione”.

6.1. – Al giudice di rinvio è rimesso, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3, anche di provvedere sulle spese di cassazione nel contesto del più ampio regolamento delle spese di lite.

PQM

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per In spese di cassazione, alla Corte d’appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2016

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