Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23892 del 29/10/2020

Cassazione civile sez. I, 29/10/2020, (ud. 13/10/2020, dep. 29/10/2020), n.23892

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26070/2018 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliato in Roma, presso la CANCELLERIA

civile della CORTE SUPREMA di CASSAZIONE, e rappresentato e difeso

dall’avvocato Luca Froldi, in forza di procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. cronol. 9343/2018, del Tribunale di ANCONA,

depositato il 20/7/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/10/2020 da Dott. IOFRIDA GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Ancona, con decreto n. cronol. 9343/2018, ha respinto la richiesta di A.M., cittadino del (OMISSIS), a seguito di diniego da parte della competente Commissione territoriale, di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria e per ragioni umanitarie.

In particolare, i giudici d’appello hanno rilevato che: la vicenda personale narrata dal medesimo anche ove credibile non conteneva alcun riferimento a minacce specifiche e mirate rivolte al richiedente; quanto alla richiesta di protezione sussidiaria, il Bangladesh non era interessato da situazione di violenza indiscriminata (come si evinceva dai siti UNHCR ed EASO 2017); non ricorrevano le condizioni per la concessione del permesso per ragioni umanitarie, non emergendo ragioni di particolare vulnerabilità dello straniero nè ragioni di salute (atteso che la polidattilia, di cui il richiedente era affetto, non evidenziava gravi difficoltà o ostacoli nella vita quotidiana) nè un serio percorso di integrazione in Italia.

Avverso il suddetto decreto, A.M. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno (che resiste con controricorso).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, per avere il Tribunale omesso ogni attività istruttoria, al fine di verificare la veridicità dei fatti esposti dal richiedente in sede di audizione dinanzi alla Commissione territoriale, senza ascoltare nuovamente il richiedente; con il secondo motivo, si denuncia poi la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), dovendo ritenersi che la situazione politico-sociale del Paese di provenienza sia mutata repentinamente e che sussista un comprovato stato di instabilità del Paese di provenienza.

2. La prima censura è inammissibile.

Il Tribunale ha ritenuto del tutto generico il rischio allegato, sia ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato sia ai fini della protezione sussidiaria, valutato anche il contesto attuale del paese d’origine, o umanitaria.

Vero che nella materia in oggetto il giudice ha il dovere di cooperare nell’accertamento dei fatti rilevanti, compiendo un’attività istruttoria ufficiosa, essendo necessario temperare l’asimmetria derivante dalla posizione delle parti (Cass. 13 dicembre 2016, n. 25534); ma il giudice merito ha attivato il potere di indagine nel senso indicato, indicando le fonti specifiche consultate in ordine alla situazione del Paese di provenienza.

Inoltre, l’attenuazione del principio dispositivo in cui la cooperazione istruttoria consiste si colloca non sul versante dell’allegazione, ma esclusivamente su quello della prova, dovendo, anzi, l’allegazione essere adeguatamente circostanziata, cosicchè solo quando colui che richieda il riconoscimento della protezione internazionale abbia adempiuto all’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto sorge il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, ed in quali limiti, nel Paese straniero di origine dell’istante si registrino i fenomeni tali da giustificare l’accoglimento della domanda (Cass. 17069/2018; Cass. 29358/2018).

In ogni caso, la censura attinente alla mancata attivazione dei poteri officiosi del giudice investito della domanda di protezione risulta essere assolutamente generica e, per conseguenza, priva di decisività: il ricorrente manca di indicare quali siano le informazioni che, in concreto, avrebbero potuto determinare l’accoglimento del proprio ricorso, limitandosi ad affermare che nel suo Paese esiste un clima di violenza indifferenziata e di insicurezza socio politica, neppure indicando fonti di conoscenza.

In tema di protezione internazionale, il ricorrente per cassazione che intenda denunciare in sede di legittimità la violazione del dovere di cooperazione istruttoria da parte del giudice di merito non deve limitarsi a dedurre l’astratta violazione di legge, ma ha l’onere di allegare l’esistenza e di indicare gli estremi delle COI che, secondo la sua prospettazione, ove fossero state esaminate dal giudice di merito avrebbero dovuto ragionevolmente condurre ad un diverso esito del giudizio. La mancanza di tale allegazione impedisce alla Corte di valutare la rilevanza e decisività della censura, rendendola inammissibile (Cass. 22210/20).

Quanto poi alla mancata audizione, la doglianza è del pari del tutto generica, difettando anche l’indicazione in ricorso delle circostanze e nuove allegazioni necessitanti di approfondimento istruttorio.

3. La seconda censura è inammissibile.

Nel decreto impugnato, il Tribunale ha rilevato motivatamente che la situazione del Paese non è interessata da violenza diffusa ed indiscriminata.

Il ricorrente, senza neppure addurre quale sarebbe la violazione di legge posta in essere dal giudice di merito (rispetto al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c)), si limita ad indicare provvedimenti di merito di altri uffici giudiziari che avrebbero deciso diversamente, dai quali dovrebbe asseritamente emergere una diversa e ben più grave situazione in Bangladesh.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.100,00, a titolo di compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2020

 

 

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