Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23888 del 11/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 11/10/2017, (ud. 21/06/2017, dep.11/10/2017),  n. 23888

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10682-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

Contro

D.R.M., elettivamente domiciliato in ROMA, V. GAETANO

DONIZETTI 7, presso lo studio dell’avvocato DANIELA GIAMPORTONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato ROSARIO DELL’OGLIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 51/2016 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 02/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/06/2017 dal Consigliere Dott. ESPOSITO LUCIA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Palermo, in parziale riforma della decisione del giudice di prime cure, ha annullato, limitatamente alle mensilità di marzo, aprile e maggio 2009, il provvedimento erariale concernente il recupero di somme attinenti a stipendi riscossi e non dovuti emesso da Agenzia delle Entrate nei confronti di D.R.M., dipendente dell’ente nei cui confronti era stata disposta la risoluzione del rapporto per inidoneità fisica;

che la Corte territoriale fondava la decisione sulla mancanza di prova dell’avvenuta corresponsione degli importi relativi alle mensilità di marzo, aprile e maggio 2009 chiesti in rimborso, non ritenendo a tal fine sufficiente il prospetto riassuntivo allegato dall’Agenzia;

che per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate sulla base di due motivi;

che il D.R. ha resistito con controricorso;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento agli artt. 2727,2728e 2729 c.c., osservando che per consolidata giurisprudenza di legittimità le buste paga e i prospetti paga redatti dal datore di lavoro costituiscono elementi presuntivi liberamente apprezzabili dal giudice e rispetto ai quali il lavoratore può fornire prova contraria, talchè erroneamente la Corte li aveva ritenuti irrilevanti;

che la censura è manifestamente infondata, posto che la Corte territoriale ha fatto riferimento alla produzione da parte dell’appellante di prospetti riassuntivi e non già di buste paga munite di quietanza, alle quali soltanto, per giurisprudenza consolidata, può essere attribuito sia pur limitato valore presuntivo (Cass. n. 13150 del 24/06/2016);

che con il secondo motivo la ricorrente deduce omessa motivazione su un punto decisivo della controversia oggetto di discussione tra le parti, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, osservando che la sentenza impugnata aveva omesso di motivare in ordine alle ragioni per le quali aveva ritenuto che l’amministrazione non avesse provato il proprio credito;

che anche tale censura è inammissibile, poichè non risultano denunciati vizi sussumibili nell’ambito dei limiti della doglianza enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte in relazione alla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (risultante dall’intervento della L. n. 134 del 2012), applicabile ratione temporis, assumendo rilevanza la “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, la “motivazione apparente”, il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e la “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, con esclusione del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830);

che, conclusivamente, il ricorso va rigettato, con regolamentazione delle spese secondo soccombenza.

PQM

 

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.900,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2017

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