Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23878 del 15/11/2011

Cassazione civile sez. II, 15/11/2011, (ud. 24/06/2011, dep. 15/11/2011), n.23878

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21769/2009 proposto da:

PREFETTURA DI CAGLIARI in persona del Prefetto pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

T.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1718/2009 del TRIBUNALE di CAGLIARI,

depositata il 03/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARMELO

SGROI che ha concluso per l’inammissibilità e in subordine per

l’accoglimento del 1^ e del 2^ motivo del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Nel giugno 2008 T.C. veniva fermato in ora notturna dalla polstrada di Cagliari e risultava positivo al test alcolemico.

La prova, ripetuta a distanza di 20 minuti circa, dava esito di 1,51 mg la prima volta e 1,47 la seconda. I verbalizzanti contestavano la violazione di cui all’art. 186 lett. B. Il prefetto irrogava la sospensione cautelativa di un anno della patente ex art. 186 C.d.S., comma 9 (ricorso pag. 2).

Il giudice di pace respingeva l’opposizione proposta dal T., ma il tribunale di Cagliari accoglieva l’appello e annullava il provvedimento. Osservava che, per il principio del favor rei, doveva ritenersi che la violazione commessa fosse quella accertata con la seconda misurazione, come ritenuto dai verbalizzanti, restando così esclusa la misura della sospensione.

La Prefettura di Cagliari ricorre per cassazione con due motivi.

T. è rimasto intimato.

Il Collegio ha disposto che la sentenza sia redatta in forma semplificata.

Preliminarmente va rilevato che la notifica del ricorso è rituale, atteso che l’atto è stato ritirato da persona qualificatasi come incaricata al ritiro e che è stata successivamente emessa (il 7 ottobre 2009) raccomandata di comunicazione al destinatario, come si evince dal timbro, con numero di raccomandata, apposto sullo stesso avviso di ricevimento.

Con il primo motivo l’amministrazione lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2 c.p. e dell’art. 186 C.d.S., lett. B. Espone il seguente quesito: Dica la Suprema Corte se sia ammissibile l’applicazione in ambito civile del principio squisitamente penale del favor rei sul presupposto che la violazione commessa integri gli estremi del reato, con la conseguenza, come ritenuto dal tribunale, che la sospensione della patente poteva essere disposta solo a seguito dell’avvenuto accertamento del reato in sede penale o dell’esito della visita effettuata dalla Commissione medica competente ad accertare la sussistenza dei requisiti psico-fisici necessari per condurre autoveicoli.

La diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andava deciso era l’applicazione integrale dell’art. 186 C.d.S., lett. c).

Trattasi di quesito inammissibile perchè non formulato, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logico-giurìdica della questione, così da consentire al giudice di legittimità’ di enunciare una “regula iuris” che si dimostri calzante alla fattispecie. Manca infatti di una parte riassuntiva, contenente l’esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito, parte indispensabile per conferire al quesito l’indispensabile concretezza (SU 7433/09; Cass. 7197/09) e che renda il quesito suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata (SU 26020/08). Ne consegue l’inammissibilità della censura.

Anche il secondo motivo incorre in analoga problematica.

Vi si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 186 C.d.S., lett. B e C) e si formula il seguente quesito: “Dica la Suprema Corte se sia corretto applicare il solo art. 186 C.d.S., comma 2, lett. B e C), mentre in realtà, l’ordinanza prefettizia di sospensione della patente di guida è stata adottata in applicazione dell’art. 223 C.d.S., comma 3, norma espressamente richiamata nell’ordinanza medesima.

La diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andava deciso è l’applicazione dell’art. 223 C.d.S., comma 3, che dispone che nelle ipotesi quale quella in esame, l’agente o l’organo accertatore provvede all’immediato ritiro della patente ed il Prefetto – cui vengono trasmessi gli atti – dispone la sospensione della validità della patente di guida fino ad un massimo di un anno”.

Anche in questo caso si riscontra la mancanza di concretezza del quesito.

Si rileva comunque la non decisività della censura.

La sentenza fa leva sulla applicazione da parte del prefetto della lett. C) dell’art. 186, in luogo della lett. B) contestata dai verbalizzanti sulla scorta del secondo esame alcolemico.

Il motivo di ricorso solleva questione che non risulta trattata dalla sentenza impugnata, relativa all’irrogazione di provvedimento di sospensione su un diverso presupposto, in riferimento all’art. 223 C.d.S..

Tuttavia, per avere ingresso in sede di legittimità, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, era necessario in primo luogo riportare per esteso e testualmente il testo del provvedimento amministrativo opposto, al quale la Corte non ha accesso, trattandosi di censura attinente un vizio in iudicando e non un vizio in procedendo.

In secondo luogo parte ricorrente, per sfuggire al rilievo di novità della censura, doveva dedurre di aver sollevato la questione davanti al giudice di merito, al fine di far constare gli eventuali accertamenti di fatto sottesi all’applicabilità di detta norma.

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in mancanza di attività difensiva dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, 24 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2011

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