Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23877 del 15/11/2011

Cassazione civile sez. II, 15/11/2011, (ud. 12/10/2011, dep. 15/11/2011), n.23877

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

LA TAVOLERA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro-tempore,

e V.R., rappresentati e difesi dagli Avv.ti

Inserviente Enrico e Mario Contaldi in virtù di procura speciale a

margine del ricorso ed elettivamente domiciliati presso lo studio del

secondo, in Roma, via Pierluigi da Palestina, n. 63;

– ricorrenti –

contro

PROVINCIA DI CUNEO, in persona del Presidente pro tempore della

Giunta Provinciale, rappresentata e difesa, in virtù di mandato a

margine del controricorso, dall’Avv. Caravita Beniamino ed

elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, v. di Porta

Pinciana, n. 6;

– controricorrente –

Avverso la sentenza del Tribunale di Saluzzo n. 418/2005, depositata

il 25 ottobre 2005 e notificata il 15 novembre 2005;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 12

ottobre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

uditi gli Avv.ti Paolo Botassio, per delega, nell’interesse dei

ricorrenti e Sara Fiorucci, per delega, nell’interesse della

controricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso formulato ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 22 depositato il 13 giugno 2005, la s.r.l. Tavolera, in persona del legale rappresentante V.R., e quest’ultimo in proprio proponevano opposizione dinanzi al Tribunale di Saluzzo avverso l’ordinanza n. 48 del 2 maggio 2005 con la quale la Provincia di Cuneo aveva ingiunto loro (la prima quale obbligata in solido) il pagamento della sanzione di Euro 351.697,31 per violazione della L. n. 119 del 2003, art. 5, commi 1 e 2, e art. 10, commi 27 e 31, avendo la ditta acquirente omesso di versare all’AGEA, entro il 1 marzo 2004, il prelievo supplementare dovuto per i mesi fino a dicembre 2003 per il periodo di produzione lattiera 2003-2204.

Nella costituzione della convenuta Provincia di Cuneo, il Tribunale adito, con sentenza n. 418 del 2005 (depositata il 25 ottobre 2005), respingeva l’opposizione e dichiarava interamente compensate le spese del giudizio.

A sostegno dell’adottata sentenza il suddetto Tribunale rilevava l’infondatezza nel merito di tutte le doglianze degli opponenti, ravvisando la corretta configurazione delle violazioni amministrative loro ascritte. In particolare, con riferimento alla lamentata violazione della L. n. 119 del 2003, art. 5, comma 2, il Tribunale piemontese, premessa la non condivisibilità della tesi dell’assimilabilità della posizione del primo acquirente in ordine al versamento del prelievo supplementare di cui si tratta a quella del datore di lavoro rispetto alle ritenute previdenziali, osservava che l’accordo stipulato tra la Cooperativa ed i suoi produttori era irrilevante, non essendo opponitele alla P.A. la posticipazione dell’adempimento di un obbligo previsto dalla legge, ed elusivo della disciplina legale del prelievo supplementare. In ordine alla supposta violazione del citato art. 5 in punto qualificazione della sanzione amministrativa riteneva che, poichè la limitazione del massimo edittale della sanzione stessa per la violazione in questione era intervenuta dopo la commissione della violazione medesima, essa era da considerarsi inapplicabile al caso esaminato. Quanto alla denunciata violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3 il Tribunale di Saluzzo riteneva che il provvedimento fosse motivato in modo completo o, comunque, sufficiente.

Nei confronti della suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione la Tavolera s.r.l. e V.R., in proprio, basato su due motivi, al quale ha resistito con controricorso l’intimata Provincia di Cuneo. I difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno dedotto la violazione e falsa applicazione della L. n. 119 del 2003, art. 5, comma 2, nonchè dell’art. 1322 c.c., unitamente all’erroneità, contraddittorietà ed insufficienza della motivazione circa un punto decisivo della controversia. A sostegno di tale doglianza i ricorrenti hanno inteso far rilevare che l’acquirente è configurato dalla normativa in vigore come il soggetto che ha l’incombenza di versare, per conto dei produttori conferenti, gli importi ad essi stessi trattenuti a titolo di prelievo supplementare nel corso della campagna lattiera, e, dunque, ha veste di sostituto d’imposta, il quale, all’atto del pagamento del corrispettivo spettante al produttore, deve operare una ritenuta alla fonte sull’importo pattuito, ed effettuare il pagamento in favore dell’amministrazione statale in nome e per conto altrui, in forza di un rapporto nel quale assume la qualità di delegato “ex lege” al versamento del prelievo. Nella specie, la s.r.l. Tavolera aveva stipulato con i propri conferenti, nell’ambito della autonomia negoziale di cui all’art. 1322 c.c., singoli contratti con i quali si prevedeva espressamente che il pagamento delle forniture effettuate in esubero alla quota assegnata nel periodo 2003-2004, sarebbe stato eseguito entro il termine del 30 settembre 2004. Pertanto, in esecuzione di tali contratti, la suddetta società non aveva provveduto al saldo delle fatture emesse mensilmente dalle aziende agricole conferenti per il latte fornito fuori quota, attendendo la scadenza concordata per il pagamento di tale merce, e non aveva, quindi, potuto procedere al versamento anticipato del prelievo supplementare a favore dell’AGEA entro le date del 30 marzo, 30 aprile e 30 maggio 2004, non avendo ancora, a tali date, trattenuto le somme necessarie, onde sarebbe stato possibile effettuare la ritenuta solo all’atto del pagamento del corrispettivo della merce, poichè era in quel momento che la somma gravata da ritenuta sarebbe entrata nella materiale disponibilità del sostituto, d’imposta, debitore verso l’Erario: sicchè l’obbligo per la società di effettuare la trattenuta del prelievo e, quindi, di versare il prelievo medesimo all’AGEA era sorto, nella specie, solo il 30 settembre 2004, e cioè nel momento in cui essa avrebbe dovuto effettuare il pagamento del latte fornito dai soci.

1.1. La censura, così come complessivamente svolta, non è meritevole di accoglimento. Essa, in effetti, riproduce sostanzialmente il motivo di opposizione all’ordinanza ingiunzione di pagamento emessa a carico della stessa s.r.l. Tavolera già rigettato dal Tribunale di Saluzzo, il quale ha osservato che l’acquirente non può sottrarsi all’obbligo di versamento deducendo di non avere ancora corrisposto il prezzo al produttore, poichè, nell’attuale sistema delle quote latte, una volta superato il quantitativo di riferimento individuale (QRI), cioè il limite assegnato a ciascun produttore, questi non ha più diritto ad alcun compenso, mentre l’acquirente ha l’obbligo giuridico di versare la percentuale di legge all’AGEA. Il giudice di merito ha, poi, rilevato che l’accordo tra privati che, come nella specie, preveda il pagamento del latte fuori quota venduto dal produttore solo ad una certa data successiva a quella prevista dalla legge non sarebbe opponibile alla P.A. che contesti la violazione della disciplina legale del prelievo supplementare. Orbene, rileva il collegio che la conclusione, adeguatamente motivata, cui è pervenuto il Tribunale di Saluzzo meriti adesione.

In proposito si osserva che il D.L. n. 49 del 2003, art. 5, comma 2, convertito nella L. n. 119 del 2003, prevede il versamento all’AGEA, da parte degli acquirenti, degli importi trattenuti a titolo di prelievo supplementare sul latte conferito in eccesso rispetto alla quota individuale assegnata al singolo produttore. Sulla scorta di tale presupposto si deve, anzitutto, escludere la configurabilità, ipotizzata dai ricorrenti (i quali fondano su di essa la propria tesi difensiva), di una assimilazione tra la posizione del datore di lavoro, sostituto d’imposta con riguardo alle ritenute previdenziali, e quella del primo acquirente di latte con riferimento alla trattenuta dell’importo corrispondente alle consegne eccedenti la quota individuale consentita al singolo produttore: ed infatti, come esattamente rilevato nel controricorso, mentre il datore di lavoro è tenuto ad applicare la ritenuta, che contribuisce a formare la retribuzione, su tutti i compensi corrisposti al lavoratore, il corrispettivo del latte prodotto nei limiti della quota assegnata al singolo produttore spetta totalmente a quest’ultimo e le consegne fuori quota costituiscono un corrispettivo destinato esclusivamente all’AGEA. Da ciò si desume (cfr., in tal senso, anche Cass. n. 8763 del 2010) che mentre il datore di lavoro, in caso di mancato pagamento della retribuzione, non è tenuto al versamento delle trattenute, per il primo acquirente del latte non esiste alcuna connessione tra il pagamento del corrispettivo al produttore e l’obbligo di versamento all’AGEA del prelievo supplementare, cui egli è tenuto per legge a prescindere dalla scadenza contrattuale eventualmente prevista per il pagamento: anche perchè, come correttamente rilevato dal giudice di merito, il conferimento di latte in esubero – in relazione al quale è imposto il versamento all’AGEA della percentuale di legge – non da luogo a corrispettivo a favore del produttore.

Per completezza si rileva, inoltre, che sulla questione non può attribuirsi, in contrario, alcun rilievo alla statuizione contenuta nella sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 26434 del 2006, secondo la quale l’art. 2, n. 2, del regolamento del Consiglio CE n. 3950 del 1992 deve essere interpretato, alla luce della sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee del 29 aprile, nel senso che, pur avendo gli acquirenti la facoltà di trattenere il prelievo supplementare sul prezzo del latte e dei prodotti lattiero- caseari, tuttavia tale disposizione non impone alcun obbligo in tal senso agli acquirenti medesimi. La richiamata pronuncia non esclude, infatti, l’obbligo del versamento, ma solo quello della trattenuta che eventualmente lo precede (in senso conforme v., da ultimo, Cass. n. 9477 del 2011).

2. Con il secondo motivo i ricorrenti hanno denunciato la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 18, comma 2 e della L. n. 241 del 1990, art. 3 avuto riguardo alla supposta omessa esplicitazione delle ragioni del mancato accoglimento delle tesi difensive degli opponenti nell’ordinanza-ingiunzione oggetto di opposizione in sede giurisdizionale.

2.1. Anche quest’ultima censura si prospetta infondata e deve, essere, respinta. Infatti, in proposito, si ritiene del tutto condivisibile l’impostazione giuridica (supportata da un adeguato percorso motivazionale) alla quale ha posto riferimento la sentenza impugnata che ha ravvisato correttamente la sufficienza del contenuto dell’ordinanza-ingiunzione opposta, nella quale sono, per un verso, richiamati il contenuto dei verbale di accertamento e tutti gli atti successivi, e, per l’altro, il carattere pacifico del mancato versamento all’AGEA del prelievo supplementare dovuto, che integra la violazione contestata.

Del resto, con riferimento alla motivazione dell’ordinanza sanzionatoria sia la dottrina che la giurisprudenza di questa Corte (v., tra le tante, Cass. n. 20882 del 2005; Cass. n. 10757 del 2008 e Cass. n. 20189 del 2008) hanno sostenuto la legittimità della rappresentazione dei motivi anche per relationem, ovvero con richiamo ad altri atti del procedimento già regolarmente portati a conoscenza degli interessati, dai quali si possa ricavare in modo sufficiente l’indicazione delle ragioni giustificative del provvedimento. In particolare, viene costantemente affermato che il contenuto dell’obbligo, specificamente imposto dalla L. n. 689 del 1981, art. 18, comma 2 di motivare il provvedimento con cui si applica la sanzione amministrativa, va individuato in funzione dello scopo della motivazione stessa, che è quello di consentire all’ingiunto la tutela dei suoi diritti. Pertanto, il suddetto obbligo deve considerarsi soddisfatto quando dall’ingiunzione risulti la violazione addebitata, in modo che l’ingiunto possa far valere le sue ragioni ed il giudice esercitare il controllo giurisdizionale, con la conseguenza che è perfettamente ammissibile la motivazione per relationem mediante il richiamo di altri atti individuati con precisione e che siano nella sfera di conoscibilità legale dell’interessato (v., ad es., Cass. n. 6529 del 1998 e Cass. n. 7186 del 2000).

Sotto altra angolazione la stessa giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 8520 del 2001 e Cass. n. 519 del 2005) ha sottolineato che, in tema di sanzioni amministrative, il provvedimento con cui l’autorità amministrativa, disattendendo le deduzioni del trasgressore, irroghi a quest’ultimo una sanzione amministrativa censurabile, da parte del giudice dell’opposizione, sotto il profilo del vizio motivazionale, nel solo caso in cui l’ordinanza prefettizia risulti del tutto priva di motivazione (ovvero corredata di motivazione soltanto apparente), e non anche nell’ipotesi in cui la stessa risulti insufficiente, atteso che l’eventuale giudizio di inadeguatezza motivazionale si collega ad una valutazione di merito che non compete al giudice ordinario, oggetto dell’opposizione essendo non il provvedimento della P.A., ma il rapporto sanzionatorio. Sul punto, recentemente, le Sezioni unite di questa Corte (v. sentenza n. 1786 del 2010) hanno, infatti, affermato che In tema di opposizione ad ordinanza ingiunzione per l’irrogazione di sanzioni amministrative – emessa in esito al ricorso facoltativo al Prefetto ai sensi del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 204 ovvero a conclusione del procedimento amministrativo L. 24 novembre 1981, n. 689, ex art. 18 – i vizi di motivazione in ordine alle difese presentate dall’interessato in sede amministrativa non comportano la nullità del provvedimento, e quindi l’insussistenza del diritto di credito derivante dalla violazione commessa, in quanto il giudizio di opposizione non ha ad oggetto l’atto, ma il rapporto, con conseguente cognizione piena del giudice, che potrà (e dovrà) valutare le deduzioni difensive proposte in sede amministrativa (eventualmente non esaminate o non motivatamente respinte), in quanto riproposte nei motivi di opposizione, decidendo su di esse con pienezza di poteri, sia che le stesse investano questioni di diritto che di fatto.

3. In definitiva, il ricorso deve essere integralmente rigettato, con la conseguente condanna dei ricorrenti, in via fra loro solidale, al pagamento delle spese dei presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in via fra loro solidale, al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 12 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2011

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