Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23874 del 15/11/2011

Cassazione civile sez. II, 15/11/2011, (ud. 12/10/2011, dep. 15/11/2011), n.23874

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.L. (C.F.: (OMISSIS)) e LATTE 2002 S.C.R.L.

(P.I.: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentati e difesi dall’Avv. Tonachella Amedeo in virtù

di procura speciale a margine del ricorso ed elettivamente

domiciliati presso il suo studio in Roma, viale di Villa Grazioli, n.

5;

– ricorrenti –

contro

REGIONE LOMBARDIA (P.I.: (OMISSIS)), in persona del Presidente

pro tempore della Giunta Regionale, rappresentata e difesa, in virtù

di mandato in calce alla copia del ricorso notificata, dagli Avv.ti

Forloni Antonella, Sabrina Gallonetto e Federico Tedeschini ed

elettivamente domiciliata presso lo studio del terzo, in Roma, Largo

Messico, n. 7;

– controricorrente –

Avverso la sentenza del Tribunale di Verona n. 761/2005, depositata

l’8 aprile 2005;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 12

ottobre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

udito l’Avv. Fabio Lorenzoni, per delega, nell’interesse della

controricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso con riferimento alla violazione attinente

alla trattenuta del prelievo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso formulato ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 22 la Ditta latte 2002 s.c.a.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore P.L., e quest’ultimo in proprio proponevano opposizione dinanzi al Tribunale di Verona avverso l’ordinanza n. 4477 del 19 marzo 2003, con la quale la Regione Lombardia aveva ingiunto loro (la prima quale obbligata in solido) il pagamento della sanzione di Euro 56.500,00, per la violazione della L. n. 468 del 1992, art. 5, commi 2 e 3, in relazione alla mancata trattenuta del prelievo supplementare ad alcuni produttori che avevano superato la quota individuale prevista per la campagna 2000/2002, nonchè per violazione della L. n. 468 del 1992, art. 11, comma 4, in relazione alla non corretta contabilizzazione dei dati di cui all’art. 7 paragr. 1 del Reg. CE n. 536 del 1993 . Nella costituzione della convenuta Regione Lombardia, il Tribunale adito, con sentenza n. 761 del 2005 (depositata l’8 aprile 2005), in parziale accoglimento del ricorso, riduceva la sanzione di cui ai punti a, b, c e d dell’ordinanza-ingiunzione opposta (relativi alla violazione della L. n. 468 del 1992, art. 11, comma 4, in relazione alla non corretta contabilizzazione dei dati di cui all’art. 7 paragr. 1 del Reg. CE n. 536 del 1993) a complessivi Euro 5.000,00, invariato il resto, dichiarando compensate per intero le spese del giudizio.

A sostegno dell’adottata sentenza il suddetto Tribunale rilevava, innanzitutto, l’infondatezza dell’eccezione pregiudiziale attinente alla supposta invalidità della notificazione del verbale di accertamento e, nel merito, ravvisava l’avvenuta configurazione delle violazioni ascritte agli opponenti, provvedendo soltanto alla riduzione della sanzione irrogata nei termini precedentemente riportati rispetto alla violazione della L. n. 468 del 1992, art. 11, comma 4.

Nei confronti della suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il sig. P.L., in proprio e quale legale rappresentante della Latte 2002 s.c.r.l., basato su nove complessi motivi, al quale ha resistito con controricorso l’intimata Regione Lombardia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con i primo motivo il ricorrente (nella duplice qualità) ha denunciato l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5) e, comunque, la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 14 per il mancato accoglimento dell’eccezione di estinzione dell’obbligazione per notifica dell’accertamento della violazione oltre i termini previsti (art. 360 c.p.c., n. 3).

1.1. Rileva il collegio che il motivo – al di là della sua genericità – è infondato avendo il giudice veneto accertato, con motivazione essenzialmente sufficiente, che il verbale di contestazione era stato tempestivamente notificato nel prescritto termine di legge, dovendosi tener conto che la data dell’accertamento (relativo alla campagna (lattiero-casearia 2000/2001) si sarebbe dovuta far risalire al 13 settembre 2002, poichè in tale data erano stati completati i necessari controlli ed era stata, quindi, definita ed ultimata l’attività complessiva di accertamento dalla quale far decorrere il termine per la notificazione dell’inerente verbale.

2. Con il secondo motivo il P. (sempre nella doppia qualità) ha dedotto l’omessa od insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5) e, comunque, la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, artt. 2 e 14 per nullità del verbale di accertamento (per supposta mancata indicazione del trasgressore e del coobbligato in solido e per omessa indicazione dei soggetti nei confronti dei quali era stato effettuato l’accertamento) e, comunque, per omessa e/o nullità della notifica dello stesso (siccome eseguita da soggetto diverso da quello che aveva effettuato l’accertamento e per l’avvenuta comunicazione in un’unica copia del verbale stesso).

2.1. Anche questa doglianza non è meritevole di accoglimento.

Infatti, con motivazione altrettanto logica ed adeguata, il giudicante veronese ha dato conto di aver accertato in fatto che il processo verbale di accertamento era dotato delle caratteristiche idonee per farne desumere la sua autenticità e che la notificazione dello stesso era avvenuta proprio a cura del funzionario che aveva accertato l’infrazione (ovvero di B.G., corrispondente ad uno dei due agenti accertatori e sottoscrittori del relativo verbale di contestazione). Analogamente, lo stesso giudice Veneto ha dato conto, in modo altrettanto bastevole sul piano motivazionale, della sufficiente indicazione nel verbale di contestazione sia del trasgressore (ovvero del legale rappresentante della società P.L.) che della persona giuridica obbligata in solido coincidente con la Ditta Latte 2000 s.c.a.r.l..

3. Con il terzo motivo il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per omessa od insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5) e, comunque, per violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 18 per l’avvenuta notifica di copia informe e non conforme all’originale dell’ordinanza-ingiunzione (peraltro indicante la sua consistenza in quattro fogli mentre quella pervenuta ad essi ricorrenti constava di sette fogli).

3.1. Il motivo si prospetta inammissibile per carenza di interesse perchè i ricorrenti, attraverso la notificazione dell’ordinanza- ingiunzione, sono stati comunque posti nelle condizioni di proporre tempestivamente l’opposizione in sede giurisdizionale senza che le loro difese siano risultate limitate o inficiate. In proposito si evidenzia che la giurisprudenza di questa Corte (v., ad es., Cass. n. 4593 del 2010) ha statuito che qualora il contravventore, venuto in qualsiasi modo a conoscenza dell’ordinanza-ingiunzione (anche, come nella specie, attraverso una consegna informale ed incompleta dell’atto), intenda impugnarla ed abbia realizzato questo suo diritto senza subire menomazioni del suo diritto di difesa, non è ravvisabile un interesse a censurare la mancanza o l’invalidità della notificazione.

4. Con il quarto motivo il P. ha denunciato la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, artt. 2, 3 e 14 unitamente all’omessa od insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), avuto riguardo all’aspetto che, nella fattispecie, la Regione Lombardia non aveva propriamente contestato la non corretta contabilizzazione delle quote prevista dall’art. 7 del Regolamento CE n. 536 del 1993, ma altre presunte omissioni che non erano pertinenti alla specifica materia delle quote latte.

4.1. Questo motivo è fondato nei limiti che seguono.

Innanzitutto, si osserva che il giudice di primo grado, nell’interpretare il disposto della L. n. 468 del 1992, art. 11, comma 4, ha statuito che la sanzione ivi prevista colpisce gli obblighi nel loro complesso contemplati, e non i singoli adempimenti cui l’acquirente è tenuto ai fini di una corretta contabilizzazione, così provvedendo a riunificare la sanzione di cui ai punti a), b), e) e d) dell’ordinanza-impugnata e a ridurla in complessivi Euro 5.000,00. Tuttavia, pur a fronte della contestazione – contenuta nell’atto di opposizione (e reiterata con il ricorso proposto nella presente sede) – della genericità delle fattispecie indicate nel verbale di accertamento e della loro non corrispondenza alle violazioni invece richiamate nell’ordinanza-ingiunzione irrogata, il giudicante veronese, nella sentenza impugnata, con motivazione del tutto superficiale (e non confortata, perciò, da un percorso argomentativo ispirato a criteri di adeguatezza e logicità in rapporto alle doglianze sottoposte al suo vaglio) ha dato per scontata l’attribuzione agli odierni ricorrenti della condotta riconducibile alla non corretta contabilizzazione delle quote prevista dall’art. 7 del Regolamento CE n. 536 del 1993 (v. pagg. 9- 10 della sentenza). Invero, il predetto giudicante non ha dato conto della specificità delle singole infrazioni e del necessario ragionamento relativo alla loro ascrivibilità (invero contestata dagli opponenti) alla suddetta violazione, non risultando certamente sufficiente – in dipendenza delle complessive ed articolate doglianze formulate dagli stessi opponenti – il mero richiamo alla riscontrata elencazione dei comportamenti sanzionati e delle norme violate nell’ordinanza-ingiunzione. Alla stregua di tanto si ritiene che sussista il prospettato vizio motivazionale della sentenza impugnata (dedotto alle pagg. 25-30 del ricorso), che impone la cassazione della stessa con rinvio al fine di una rivalutazione sufficientemente argomentata delle complessive censure mosse sul punto dagli attuali ricorrenti ed originari opponenti.

5. Con il quinto motivo il ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, artt. 1 e 4 e dei Regg.

CE nn. 3950/1992 (in particolare dell’art. 2, paragr. 2) e 536/1993 e, comunque, l’omessa od insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5); con la stessa doglianza il P. ha prospettato la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 1 che sancisce anche nella materia delle sanzioni amministrative i principi di legalità, irretroattività e divieto di applicazione analogica, e, comunque, l’omessa od insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5).

6. Con il sesto motivo il ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, paragr. 2, del Reg. CE n. 3950/1992, secondo l’interpretazione della Corte di Giustizia CEE in sentenza del 29 aprile 1999 in causa C-288/97 tra Consorzio Caseifici Altopiano di Asiago c. Regione Veneto e mancata applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 4 (art. 360 c.p.c., n. 3), in uno all’omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5).

6.1. I due motivi da ultimo riportati, che possono essere trattati congiuntamente siccome strettamente connessi (in quanto riguardano, in effetti, la confutazione della ritenuta sanzionabilità dell’omessa effettuazione della trattenuta del prelievo supplementare nei confronti dei produttori), sono fondati e vanno, perciò, accolti.

Al riguardo, basta evidenziare che le Sezioni unite di questa Corte – sulla premessa che la Corte di giustizia aveva affermato, con la sentenza del 29 aprile 1999, che l’art. 2, n. 2, del regolamento del Consiglio CE n. 3950 del 1992 avrebbe dovuto essere interpretato nel senso che, pur avendo gli acquirenti la facoltà di trattenere il prelievo supplementare sul prezzo del latte e dei prodotti lattiero- caseari, tale disposizione, prevedendo una facoltà, non imponeva, tuttavia, alcun obbligo agli acquirenti – hanno statuito (superando il pregresso difforme orientamento di cui alla sentenza n. 1236 del 2002, presa in considerazione nella decisione impugnata), con la sentenza n. 26434 del 12 dicembre 2006 (pienamente condivisa da questo collegio), che la L. n. 468 del 1992, artt. 5 e 11 ove traducono detta facoltà in un obbligo e ne sanzionano l’inosservanza con l’applicazione di una pena pecuniaria, non sono compatibili con la norma comunitaria, nell’interpretazione vincolante resa dalla Corte di giustizia con la richiamata decisione, e vanno, pertanto, disapplicati (in tal senso v., da ultimo, ad es., Cass. n. 6551 e n. 11642 del 2010). Peraltro, con la stessa sentenza, le Sezioni unite hanno chiarito che la ritenuta incompatibilità, d’altra parte, non viene meno in virtù del fatto che l’ordinamento interno consente all’acquirente, in alternativa alla trattenuta, di convenire con il fornitore la costituzione di equipollenti forme di garanzia del creditore (ai sensi del D.M. 25 ottobre 1995, art. 1), dal momento che l’introduzione di una siffatta modalità alternativa di adempimento non incide sulla sussistenza dell’obbligazione e, quindi, non evita la perdita della facoltatività della trattenuta, voluta dall’anzidetta norma comunitaria come libera opzione dell’acquirente stesso (rimanendo irrilevanti le disposizioni eventualmente previste con altre fonti di tipo secondario).

7. In virtù dell’accoglimento dei motivi quinto e sesto possono ritenersi assorbiti gli ulteriori motivi articolati in ricorso (ivi compreso l’ultimo, riguardante la denuncia della supposta incostituzionalità della L. n. 468 del 1992, art. 5, commi 3, e art. 11, comma 2), perchè, appunto, superati in dipendenza della ravvisata fondatezza della questione centrale risolta dalla Sezioni unite con la richiamata sentenza.

8. In definitiva, previo rigetto dei primi tre motivi del ricorso ed in accoglimento dei quarto, del quinto e del sesto (con conseguente assorbimento degli altri), la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio al Tribunale di Verona, in composizione monocratica, in persona di altro giudicante, il quale, quanto ai motivi quinto e sesto, si conformerà al principio di diritto precedentemente enunciato (sub 6.1.). Lo stesso giudice di rinvio provvederà anche sulle spese della presente fase di legittimità.

PQM

La Corte rigetta i primi tre motivi del ricorso; accoglie il quarto, il quinto e il sesto motivo, dichiarando l’assorbimento degli altri;

cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Verona, in composizione monocratica, in persona di altro giudicante.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 12 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2011

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