Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2387 del 31/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/01/2017, (ud. 14/12/2016, dep.31/01/2017),  n. 2387

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARIENZO Rosa – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16280/2015 proposto da:

M.S., quale erede del Sig. C.D.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. ZANARDELLI 36, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE GIULIO ROMEO, rappresentata e difesa

dall’avvocato CARMEN BORGESE, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede

dell’AVVOCATIRA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati MAURO RICCI, EMANUELA

CAPANNOLO e CLEMENTINA PULLI, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 425/2015 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, emessa il 17/09/2014 e depositata il 27/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;

udito l’Avvocato Emanuela Capannolo, per l’I.N.P.S., che si riporta

ai motivi del controricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in Camera di consiglio del 14 dicembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 27 aprile 2015 la Corte di Appello di Reggio Calabria, – in riforma della decisione del Tribunale di Palmi che l’aveva rigettata – dichiarava il diritto di C.D. alla indennità di accompagnamento a decorrere dal dicembre 2012 e condannava l’INPS al pagamento dei ratei maturati di detta prestazione in favore di M.S., nella qualità di erede del C. deceduto nelle more del giudizio di secondo grado.

Ad avviso della Corte territoriale, le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio disposta in appello erano pienamente condivisibili e, quindi, il complesso morboso da cui il C. era affetto era divenuto di gravità tale da renderlo incapace di compiere autonomamente gli atti del vivere quotidiano a decorrere dal (OMISSIS) epoca in cui si era verificato un decadimento cognitivo determinato dalla malattia di Alzheimer.

Per la cassazione della decisione propone ricorso la M. affidato a due motivi.

L’INPS resiste con controricorso.

Con il primo motivo di ricorso si deduce omessa o insufficiente motivazione sui punti decisivi della controversia (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5) per non avere la Corte di merito tenuto conto dei rilievi critici mossi alla consulenza disposta in appello che non aveva valutato la documentazione prodotta dall’interessato.

Con il secondo motivo viene denunciata violazione e/o falsa applicazione della L. n. 508 del 1988, art. 1 e dell’art. 115 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) in quanto il giudice del gravame non aveva considerato che dalla documentazione agli atti il C. risultava affetto, già prima del (OMISSIS), da malattie così gravi da renderlo non autonomo nel compimento degli atti del vivere quotidiano.

Intrambi i motivi sono inammissibili sotto vari profili.

Il primo in quanto non presenta alcuno dei requisiti di ammissibilità richiesti dall’art. 360, comma 1, n. 5 così come novellato nella interpretazione fornitane dalle Sezioni unite di questa Corte (SU n. 8053 del 7 aprile 2014) finendo con il lamentare una motivazione insufficiente e l’omessa valutazione non di un fatto storico, bensì dei rilievi alla CTU espletata contenuti nelle note.

Entrambi lo sono per carenza del requisito della specificità. Ed infatti, la parte che addebita alla consulenza tecnica d’ufficio lacune di accertamento o errori di valutazione oppure si duole di erronei apprezzamenti contenuti in essa ha l’onere di trascrivere integralmente nel ricorso per cassazione almeno i passaggi salienti e non condivisi e di riportare, poi, il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito nel limitarsi a recepirla e nel trascurare completamente le critiche formulate in ordine agli accertamenti ed alle conclusioni del consulente d’ufficio. Le critiche mosse alla consulenza ed alla sentenza devono, pertanto, possedere un grado di specificità tale da consentire alla Corte di legittimità di apprezzarne la decisività direttamente in base al ricorso (v., ex multis, Cass. 4201/2010).

Infine in entrambi i motivi si fa un generico riferimento a documenti (certificazioni) che non sarebbero stati valutati correttamente dal giudice del gravame, omettendo non solo di trascriverne il contenuto ma anche di indicarli specificamente, precisando dove e quando erano stati prodotti in giudizio (ex multis: Cass. n. 48 del 03/01/2014; Cass. n. 17915 del 30/07/2010).

Per tutto quanto sopra considerato, si propone la declaratoria di inammissibilità del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

La M. ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., in cui si dissente dal contenuto della sopra riportata relazione evidenziando che: quanto al primo motivo, lo stesso avrebbe i requisiti di ammissibilità previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come novellato e nella interpretazione fornitane dalle Sezioni Unite di questa Corte; quanto al secondo, sarebbe autosufficiente essendo stati riportati nel ricorso i passi salienti della CTU censurata ed indicato quando e dove i documenti pretermessi dal consulente erano stati prodotti.

Il Collegio ritiene che le censure mosse alla relazione non ne scalfiscano il contenuto nè con riferimento al primo motivo che, effettivamente finisce con il lamentare un vizio di motivazione insufficiente, nè quanto al secondo non risultando trascritti nel motivo i passi salienti della CTU censurata. Quanto ai documenti effettivamente nel corpo del motivo non risulta indicato dove e quando gli stessi sono stati prodotti, indicazione questa che, tuttavia, è rinvenibile nella parte in “fatto” del ricorso anche se non ne viene trascritto il contenuto.

Alla luce di quanto esposto il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico della ricorrente e vengono liquidate in favore dell’INPS nella misura di cui al dispositivo.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent. n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 100,00, per esborsi, Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017

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