Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2387 del 03/02/2021

Cassazione civile sez. III, 03/02/2021, (ud. 06/10/2020, dep. 03/02/2021), n.2387

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29620/2019 proposto da:

R.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANDREA DORIA,

64, presso lo studio dell’avvocato MAURO NOTARGIOVANNI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 5110/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/10/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. R.S., cittadino (OMISSIS), ricorre affidandosi ad un unico motivo per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva confermato la pronuncia del Tribunale di rigetto della domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, da lui avanzata in ragione del diniego opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato che dopo un lungo periodo trascorso in Russia, nel (OMISSIS) era rientrato in Ucraina per svolgere il servizio di leva che lo aveva portato in Turkmenistan; che successivamente, pur essendosi trasferito in (OMISSIS) per ragioni di lavoro, era ritornato in patria in quanto la sua casa era stata bombardata o incendiata e, sporta denuncia alla polizia, non aveva ottenuto alcuna tutela. In tale occasione, aveva scoperto che era in atto una massiccia campagna governativa di richiamo alle armi che riguardava anche cittadini della sua età (in quanto nel proprio paese la chiamata era normativamente prevista dai 18 ai 60 anni), ragione per cui era fuggito in Italia, chiedendo la protezione internazionale declinata nelle varie forme gradate, in ragione del trattamento punitivo riservato ai renitenti alla leva.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c.. comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con unico motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C), in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.

1.1. Lamenta, al riguardo, che la Corte territoriale aveva fondato il proprio convincimento – anche per la specifica fattispecie di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), riferita “al rischio di subire una minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale” – soltanto sulla presunta inattendibilità ed irrilevanza del racconto, omettendo del tutto di indicare le fonti ufficiali aggiornate sulle condizioni di insicurezza dell’Ucraina derivanti dalla guerra civile interna in atto, dal conflitto armato con la Russia e dalla instabilità complessiva del paese.

1.2. Assume, inoltre, in relazione alla medesima fattispecie, che la Corte aveva erroneamente affermato che la chiamata alle armi era un diritto assoluto dello Stato e che sottrarsi ad essa esulava dai presupposti della protezione invocata: ciò, senza affatto adempiere al dovere di cooperazione istruttoria prescritto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 5, secondo il quale tutte le decisioni in materia di protezione internazionale devono fondarsi su Country Origin Informations attendibili ed aggiornate sulla specifica vicenda dedotta, fonti che nel caso in esame non erano state affatto richiamate.

1.3. Il motivo è fondato.

1.4. Incontestata la statuizione sulla scarsa credibilità del racconto pronunciata dalla Corte territoriale, la censura si appunta sulla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C), in relazione al quale la valutazione concernete la credibilità del racconto non assume rilevanza dirimente.

1.5. Questa Corte, al riguardo, ha condivisibilmente affermato che:

a. “lo straniero che chieda il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non ha l’onere di presentare, tra gli elementi e i documenti necessari a motivare la domanda (art. 3, comma 1, D.Lgs. cit.), quelli che si riferiscono alla sua storia personale, salvo quanto sia indispensabile per verificare il Paese o la regione di provenienza, perchè, a differenza delle altre forme di protezione, in quest’ipotesi non rileva alcuna personalizzazione del rischio, sicchè, una volta che il richiedente abbia offerto gli elementi utili alla decisione, relativi alla situazione nello Stato o nella regione di origine, il giudice deve accertare anche d’ufficio se effettivamente in quel territorio la violenza indiscriminata in presenza di conflitto armato sia di intensità tale da far rischiare a chiunque vi si trovi di subire una minaccia grave alla vita o alla persona, senza che alcuna valutazione di non credibilità, che non riguardi l’indicazione dello Stato o regione di provenienza, possa essere di ostacolo a tale accertamento” (cfr. Cass. 13940/2020).

b. “l’onere di allegazione del richiedente la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), diversamente dalle ipotesi di protezione sussidiaria cd. “individualizzanti”, previste dall’art. 14, lett. a) e lett. b) del detto Decreto è limitato alla deduzione di una situazione oggettiva di generale violenza indiscriminata – dettata da un conflitto esterno o da instabilità per il solo fatto di rientrare nel paese di origine, disancorato dalla rappresentazione della propria vicenda individuale di esposizione al rischio persecutorio, sicchè, ove corretta mente allegata tale situazione, il giudice, in attuazione del proprio dovere di cooperazione istruttoria, è tenuto ad accertarne l’attualità con riferimento alla situazione oggettiva del paese di origine e, in particolare, dell’area di provenienza del richiedente” (cfr. Cass. 19224/2020);

c. “la protezione sussidiaria, disciplinata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ha come presupposto la presenza, nel Paese di origine, di una minaccia grave ed individuale alla persona, derivante da violenza indiscriminata in una situazione di conflitto armato, il cui accertamento, condotto d’ufficio dal giudice in adempimento dell’obbligo di cooperazione istruttoria, deve precedere, e non seguire, qualsiasi valutazione sulla credibilità del richiedente, salvo che il giudizio di non credibilità non riguardi le affermazioni circa lo Stato di provenienza le quali, ove risultassero false, renderebbero inutile tale accertamento” (cfr. Cass. 8819/2020).

1.6. Tanto premesso, si osserva che – pacifica la provenienza del ricorrente dall’Ucraina – la Corte territoriale ha omesso del tutto di verificare la sussistenza di una guerra civile interna o di un conflitto armato con la Russia, e non ha neanche accertato – rendendo sul punto una motivazione perplessa (cfr. pag. 3 quart’ultima riga della sentenza impugnata) – l’età per la quale era previsto l’obbligo di leva, nè il trattamento riservato ai renitenti alla chiamata alle armi, al fine di verificare se la reazione dello Stato potesse configurare un regime sanzionatorio ispirato alla violenza: si rileva infatti che la motivazione impugnata risulta meramente assertiva ed è del tutto priva di riferimenti a Country Origin Informations (C.O.I.) attendibili ed aggiornate sia sulle condizioni di instabilità e sulla eventuale sussistenza di conflitto ed interno ed internazionale in Ucraina, sia sulla normativa vigente in materia di servizio militare obbligatorio e sulla reazione dello Stato alla eventuale violazione dell’obbligo di leva.

1.7. Risulta pertanto inosservato il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e, conseguentemente, fondato il ricorso proposto.

2. La sentenza, pertanto, deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma che, in diversa composizione, dovrà riesaminare la controversia in relazione alla fattispecie in esame alla luce dei principi di diritto sopra evidenziati.

3. La Corte dovrà altresì decidere in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte;

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione per il riesame della controversia ed anche per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2021

 

 

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