Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23869 del 25/09/2019

Cassazione civile sez. trib., 25/09/2019, (ud. 09/04/2019, dep. 25/09/2019), n.23869

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. BERNAZZANI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16995-2014 proposto da:

B.R., domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato ITALO BEGOZZO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, DIREZIONE PROVINCIALE DI PADOVA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 42/2013 della COMM. TRIB. REG. del Veneto,

depositata il 20/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/04/2019 dal Consigliere Dott. PAOLO BERNAZZANI.

Fatto

RILEVATO

Che:

Il contribuente B.R. impugnava avanti alla CTP di Padova il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso ai fini Irap presentata in relazione agli anni di imposta dal 1998 al 2000, per complessivi Euro 4.957,99, sostenendo la non assoggettabilità alla predetta imposta della sua attività di procacciatore di affari nel settore ortofrutticolo, attesa la carenza di autonoma organizzazione.

Il ricorso veniva accolto dalla CTP, sulla base del rilievo che il contribuente non si era avvalso di personale dipendente nè di collaboratori esterni e che i beni strumentali afferenti all’attività esercitata erano riconducibili ad una sola autovettura.

A seguito di gravame dell’Ufficio, la CTR del Veneto, in riforma della sentenza di prime cure, rigettava la domanda introduttiva del contribuente, ritenendo la sussistenza del presupposto impositivo.

Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione il contribuente, che si concludeva con la sentenza n. 26455 del 25.11/30.12.2010, con cui la Corte in accoglimento del ricorso, cassava la sentenza impugnata e rinviava ad altra sezione della CTR del Veneto, in applicazione del principio di diritto secondo cui “In tema di IRAP, a norma del combinato disposto del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, comma 1, primo periodo ed art. art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, (nella versione vigente fino al 31 dicembre 2003) ed al medesimo D.P.R. (nella versione vigente dal 1 gennaio 2004), art. 53, comma 1, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo /’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui”.

La CTR del Veneto, in sede di rinvio, con sentenza n. 42/16/13 del 29.4/20.5.2013 accoglieva l’appello dell’Ufficio e, per l’effetto, dichiarava non dovuto il rimborso richiesto dal contribuente.

Avverso tale decisione, propone ricorso il contribuente sulla base di quattro motivi.

Resiste l’Agenzia con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo di gravame, il ricorrente deduce nullità della sentenza per motivazione apparente e contraddittoria ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

1.1. Il predetto vizio viene ravvisato, sotto il profilo della contraddittorietà della motivazione, in relazione all’affermazione della sentenza impugnata secondo cui il contribuente non risulta inserito in strutture organizzative riportabili ad altri soggetti, e che “va quindi ritenuto sussistente il requisito dell’autonomia”; così facendo, la CTR avrebbe ritenuto integrato il requisito dell’autonomia senza aver prima verificato l’esistenza di un’organizzazione riferibile al contribuente, che avrebbe potuto anche non sussistere; senza tale prioritaria verifica, dunque, non sarebbe stato possibile affermare l’esistenza dell’autonomia.

1.2. La decisione della CTR sarebbe, inoltre, caratterizzata da una motivazione apparente laddove, nel verificare l’esistenza dei requisiti dell’autonoma organizzazione, la stessa si è limitata ad analizzare i dati risultanti dal quadro RG della dichiarazione del contribuente (da cui emergevano componenti negative di reddito relative ad acquisti di materie prime, semilavorati e merci; spese per acquisto di servizi; quote di ammortamento per acquisti di beni strumentali), senza considerare le risultanze, indicative di elementi fattuali oggettivi, del registro beni ammortizzabili ed i modelli degli studi di settore per gli anni 1998, 1999 e 2000 allegati al ricorso introduttivo del giudizio di primo grado. In altri termini, la CTR avrebbe fatto integrale affidamento su elementi inidonei a determinare quantità e valore dei beni strumentali impiegati, trascurando nel contempo i dati più evidenti.

2. Il motivo, per come formulato in riferimento alla nullità della sentenza per radicale vizio motivazionale, è inammissibile.

2.1. Va premesso che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la stessa riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. In altri termini, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Ne consegue che il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto, come detto, alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e danno luogo a nullità della sentenza di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 – 01; Sez. 3, n. 23940 del 12/10/2017, Rv. 645828 – 01).

L’opera nomofilattica delle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 – 01; nello stesso senso, Sez. 6 – 5, n. 13977 del 23/05/2019, Rv. 654145 – 01) ha, altresì, chiarito che “la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture”.

2.2. Tanto premesso, le censure formulate dal ricorrente si pongono al di fuori dei limiti imposti al sindacato di legittimità, vincolato al controllo della conformità a diritto della decisione secondo il parametro invocato.

Invero, alla stregua degli evidenziati principi, gli elementi dedotti non sono tali, già nella loro astratta consistenza, da integrare il dedotto vizio di nullità della sentenza, posto che la stessa consente di estrapolare in modo oggettivo l’iter logico argomentativo seguito dal giudice di appello per la formazione del proprio convincimento, rendendo percepibile il fondamento della decisione; in tal senso, le censure in tema di apparenza della motivazione vanno, piuttosto, a censurare aspetti attinenti all’omesso valutazione di specifiche risultanze di fatto (punto riguardo al quale si rimanda alla trattazione del secondo motivo), o alla non adeguata valutazione delle risultanze probatorie, appartenenti ad una dimensione del tutto eccentrica rispetto a quella del vizio di nullità rilevante ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

2.3. A ciò si aggiunga, in senso convergente, l’insussistenza anche del denunciato profilo di contraddittorietà, avendo la CTR riferito espressamente il requisito dell’autonomia ad una precisa struttura organizzativa riferibile al contribuente, per giunta senza limitarsi a desumerla dalla semplice assenza di inserimento in un’organizzazione altrui.

3. Con il secondo motivo, si denuncia l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando l’omesso esame delle risultanze di fatto desumibili dal registro beni ammortizzabili e dai modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli studi di settore per gli anni 1998,1999 e 2000 allegati al ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, da cui emergevano le concrete caratteristiche dell’attività del contribuente: in particolare, il fatto che i beni strumentali nella disponibilità del contribuente stesso fossero costituiti unicamente da un’autovettura e da un telefono cellulare; che vi fosse una totale assenza di dipendenti e collaboratori, nonchè di unità locali destinate allo svolgimento dell’attività; infine, l’obiettiva entità delle spese per utenze telefoniche/fax, spese di pubblicità, propaganda e rappresentanza e consumi di carburante, acquisto di servizi, particolarmente contenuta.

3.1. Tali “fatti” erano stati oggetto di specifica attività probatoria (mediante la produzione nel giudizio della relativa documentazione) e discussione (come risulta dai richiami contenuti nel ricorso all’atto introduttivo del giudizio di primo grado e delle controdeduzioni in appello; va rilevato che, in ogni caso, la natura e l’entità dei beni strumentali in relazione al “minimum” richiesto per lo svolgimento dell’attività in esame costituiva uno dei presupposti essenziali ed ineludibili ai fini dell’accertamento, quindi era entrata a far parte del materiale su cui si era sviluppato il contraddittorio) e sono da considerarsi decisivi, in quanto certamente influenti sulla corretta decisione demandata alla CTR.

3.2. Ciò posto, va rilevato che, nella specie, deve trovare applicazione ratione temporis l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); per converso, il semplice mancato esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. (cfr. Sez. 2, n. 27415 del 29/10/2018.Rv. 651028 – 01; Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014 Rv. 629831 – 01).

In tale dimensione interpretativa, si è precisato che deve intendersi per “fatto” controverso in relazione al quale la motivazione si assume carente, non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c. (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo (Sez. 1, n. 17761 del 08/09/2016, Rv. 641174 – 01).

Nella specie, risulta che il ricorrente, nello sviluppo argomentativo del motivo di ricorso, ha espressamente dedotto la mancata considerazione di una serie di “circostanze di fatto” decisive che erano state oggetto di contraddittorio.

3.3. Tanto premesso, il motivo risulta, oltre che ammissibile, fondato.

Risulta, invero, evidente che, come emerge dalla decisione impugnata, la CTR ha preso in considerazione esclusivamente le risultanze costituite dall’entità dei costi per acquisti di materie prime e merci (per importi variabili da Lire 3.122.000 a Lire 5.605.000), di servizi (da Lire 3.100.000 a Lire 6.823.000 e le quote di ammortamento relative a beni strumentali (da Lire 4.697.000 a Lire 7.800.000).

La stessa CTR, invece, ha ignorato (non essendovi alcun elemento atto a dimostrare un loro esame con implicito rigetto della loro valenza dimostrativa) gli altri elementi fattuali sopra indicati, che il contribuente aveva offerto alla valutazione dei giudicanti al fine di identificare tipologia, quantità e valore dei beni strumentali e, per tale via, dimostrare la loro non eccedenza rispetto al minimo indispensabile per l’esercizio della propria attività lavorativa.

Ritiene, dunque, il Collegio che il motivo in esame debba esse accolto, pesto che i dati più sopra indicati costituiscano altrettanti elementi di fatto che, indipendentemente dalla loro classificazione quali fatti “primari” o “secondari”, erano di essenziale valutazione al fine di verificare il fondamento della pretesa impositiva.

3. Con il terzo motivo, si deduce nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per motivazione contraddittoria ed apparente nella parte relativa alla valutazione, operata dalla CTR, circa l’incidenza delle componenti negative di reddito. Lamenta, in particolare, il contribuente che la sentenza non avrebbe spiegato le ragioni della ritenuta “significativa incidenza” delle stesse.

Il motivo è inammissibile per le stesse ragioni enunciate trattando del primo motivo, che vanno qui richiamate: si tratta, invero, di censura che attiene più propriamente a censure di insufficienza motivazionale non deducibili ovvero alla valutazione del merito da parte della CTR, come tale non sindacabile nel giudizio di legittimità.

4. Il quarto motivo veicola la censura di nullità della sentenza per motivazione contraddittoria ed apparente circa il difetto di prova contraria che avrebbe dovuto essere fornita da parte del contribuente. Si deduce, in particolare, che la CTR ha affermato che nessuna prova contraria era stata fornita dal contribuente, senza prende in considerazione le risultanze fattuali desumibili del citato registro beni ammortizzabili e dei modelli studi di settore.

Il motivo è inammissibile, in quanto in parte si sovrappone agli elementi enunciati nel secondo motivo, peraltro riportandoli all’errato paradigma normativo dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per le medesime ragioni più sopra descritte, mentre in altra parte formula censure attinenti più propriamente ad una non più deducibile insufficienza motivazionale ovvero alla valutazione di merito da parte della CTR, come tale non sindacabile nel giudizio di legittimità.

5. In definitiva, dunque, deve essere accolto il secondo motivo di ricorso, mentre devono essere dichiarati inammissibili i restanti motivi. La sentenza impugnata deve essere, conseguentemente, cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla CTR del Veneto, in diversa composizione, alla quale si demanda altresì di provvedere in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso; dichiara inammissibili i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla CTR del Veneto, in diversa composizione, cui si demanda, altresì, di provvedere in ordine alle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 9 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2019

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