Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23869 del 11/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 11/10/2017, (ud. 27/06/2017, dep.11/10/2017),  n. 23869

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19205-2012 proposto da:

P.D., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato MARCO ANDRACCO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AZIENDA USL/(OMISSIS) IMPERIESE, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NICOLO’

TARTAGLIA 5, presso lo studio dell’avvocato SANDRA AROMOLO,

rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO SPOTORNO, giusta delega

in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 534/2012 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 17/05/2012 R.G.N. 903/2011.

Fatto

RILEVATO

1. che la Corte d’Appello di Genova, con la sentenza n. 534, depositata il 17 maggio 2012, pronunciando sull’appello proposto dall’Azienda USL n.1 Imperiese, nei confronti di P.D., in riforma della sentenza del Tribunale di Sanremo resa tra le parti, accoglieva l’appello e per l’effetto respingeva la domanda proposta in primo grado dall’appellato;

2. che il Tribunale aveva accolto, nei limiti della prescrizione, la domanda di P.D., medico dirigente alle dipendenze della USL n. (OMISSIS) Imperiese, diretta ad ottenere le differenze retributive conseguenti al dedotto svolgimento, sin dall’agosto 1993, di mansioni superiori di primario, posizione di livello 9, dirigente di secondo livello.

Il Tribunale fondava la decisione su alcuni documenti nei quali la USL indicava il P. come sostituto del primario e sul fatto che la resistente non aveva contestato tale circostanza, limitandosi ad eccepire il difetto del requisito della vacanza del posto di primario del reparto di pediatria del presidio ospedaliero di Sanremo di cui si trattava;

3. che la Corte d’Appello, a cui ricorreva l’Azienda, deducendo, tra l’altro che il Tribunale non aveva tenuto conto del fatto che dal 1 agosto 1998 la Divisione di pediatria dell’Ospedale di Sanremo era stata soppressa e sostituita dalla struttura semplice di neonatologia, con la soppressione del posto di primario, rilevava che la modifica intervenuta nel corso del rapporto del modello organizzativo dell’Ospedale di Sanremo, con la soppressione della divisione di pediatria, documentata in atti e non contestata dal lavoratore, aveva determinato necessariamente un ridimensionamento delle mansioni di fatto sino a quel momento svolte dal P., facendo venire meno il diritto alle pretese differenze retributive.

Rilevava il giudice di secondo grado che il valore professionale a cui era collegato il livello retributivo era dipendente, in modo determinante, anche dal modello organizzativo in riferimento al quale le mansioni vengono svolte.

In ragione della non applicabilità dell’art. 2103 c.c., il lavoratore non poteva continuare ad essere retribuito come primario se la posizione occupata dallo stesso era divenuta nel corso del rapporto quella propria di un dirigente medico di primo livello preposto ad una struttura semplice, inquadramento consono a quello suo proprio di appartenenza formale. Il diritto alla retribuzione superiore, riconosciuto anche a favore del dipendente pubblico, vale solo per il periodo di effettivo svolgimento di mansioni superiori;

4. che per la cassazione della sentenza di appello ricorre il P. prospettando sei motivi di ricorso;

5. che resiste con controricorso l’Azienda sanitaria;

7. che entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo di ricorso è dedotto il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (la documentazione in atti relativa alla soppressione della divisione di pediatria nel 1995 con conseguente modifica del modello organizzativo dell’Ospedale di Sanremo e la mancata contestazione in proposito da parte dell’odierno ricorrente: la modifica del modello organizzativo peraltro senza alcuna incidenza sull’importanza delle mansioni svolte dal ricorrente nel 1995);

1.1. che il motivo è inammissibile. Come si legge nella sentenza di appello, la deduzione da parte dell’Azienda della soppressione della divisione pediatrica dal 1 agosto 1998, con costituzione di struttura semplice e soppressione del posto di primario, costituiva oggetto di specifico motivo di appello dell’Azienda, in ordine al quale il P. non deduce, nè trascrive, l’eventuale difesa svolta in appello con la quale avrebbe effettuato contestazioni, limitandosi a richiamare note difensive svolte in primo grado, nonchè note della controparte (18 febbraio 2011) sempre relative al primo grado di giudizio (atteso che la sentenza del Tribunale di Sanremo n. 487 veniva emessa il 28 settembre 2011, come si legge a pag. 6 del ricorso).

Nè, nell’esposizione dei motivi svolge argomenti sulla mancanza di incidenza sull’importanza delle mansioni svolte, indicata in rubrica.

Peraltro, la Corte d’Appello, dopo aver richiamato il motivo di appello che deduceva l’intervenuta riorganizzazione dal 1° agosto 1998, ha rilevato come la stessa verificatasi nel corso del rapporto – soppressione della divisione di pediatria che riferisce documentata in atti e non contestata dall’appellato – escludeva la fondatezza della domanda attorea (che lo stesso attore delimita dal novembre 1998 all’aprile 2003, assumendo la pacifica prescrizione per il periodo antecedente, come già affermato dal Tribunale e non appellato dall’Azienda);

2. che con il secondo motivo di ricorso è dedotto il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Assume il ricorrente che la modifica del modello organizzativo aveva effetti esclusivamente formali, che non si erano riverberati sulle funzioni di fatto svolte da esso ricorrente.

Richiama quindi il contenuto del ricorso di primo grado in cui aveva indicato lo svolgimento di mansioni che erano quelle del primario – senza che ciò fosse contestato dalla controparte, che aveva svolto considerazioni di carattere formale – con il conseguente accoglimento della domanda da parte del Tribunale. Sullo svolgimento di tali mansioni non si riverberava la modifica organizzativa riferita alla sola denominazione della struttura, mentre il posto di primario veniva soppresso formalmente solo nel 2000;

3. che con il terzo motivo di ricorso è dedotto il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: la riorganizzazione della struttura sanitaria sanremese non aveva comportato modifiche sostanziali incidenti sulle mansioni svolte dal ricorrente. A sostegno di tale deduzione il P. richiama atti difensivi (note di controparte del 18 febbraio 2011), e documentazione (nota 7 luglio 2000 del direttore sanitario) prodotta nel giudizio di primo grado, da cui sarebbe emerso che esso ricorrente aveva avuto l’incarico di organizzare e gestire in piena autonomia l’unità operativa di pediatria dell’Ospedale di Sanremo, con svolgimento delle mansioni in modo analogo sia prima che dopo il luglio 2000;

4. che con il quarto motivo di ricorso è dedotto il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: inesistenza di un ridimensionamento delle mansioni del ricorrente a seguito dei provvedimenti di riorganizzazione, essendo le stesse rimaste immutate. Mancato rilievo di Cass., n. 3052 del 2009, richiamata dalla Corte d’Appello;

5. che i suddetti motivi secondo, terzo e quarto, devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione;

6. che gli stessi sono inammissibili innanzitutto perchè carenti in relazione a quanto prescritto dall’art. 366 c.p.c., atteso che nella specie tutta l’esposizione del motivo risulta generica, mancando l’individuazione di “fatti” controversi in senso tecnico nonchè l’evidenziazione del carattere decisivo degli stessi (intesa la stessa come idoneità del vizio denunciato, ove riconosciuto, a determinare senz’altro una diversa ricostruzione del fatto, non come idoneità a determinare la mera possibilità o probabilità di una ricostruzione diversa (v. tra le altre Cass. n. 22979 del 2004 e n. 3668 del 2013). Ciò, in particolare, considerando che la Corte d’Appello pone a fondamento della propria decisione la sussistenza di un atto di organizzazione, attraverso cui le amministrazioni pubbliche (come affermato da Cass., S.U. n. 3052 del 2009) definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici e i modi di conferimento della titolarità degli stessi.

Inoltre, occorre considerare che il motivo di ricorso per cassazione, con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio della motivazione, non può essere inteso a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non si può proporre con esso un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; in caso contrario, questo motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e, perciò, in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione (Cass., n. 9233 del 2006).

Nella fattispecie in esame, inoltre, il giudice del merito ha rigettato con motivazione congrua e logica, che si sottrae al vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, la domanda del P. in ragione della riorganizzazione operata dall’Azienda.

Questa Corte ha già affermato che in tema di pubblico impiego contrattualizzato, l’organizzazione, la consistenza e la variazione delle dotazioni organiche sono determinate in funzione dell’efficienza dell’Amministrazione, della razionalizzazione del costo del lavoro pubblico e della migliore utilizzazione delle risorse umane, in conformità ai principi espressi dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 1, comma 1, e art. 6, restando alla discrezionalità della P.A. la determinazione e revisione della pianta organica (Cass., n. 18191 del 2016).

Nel caso in esame, la motivazione della Corte d’Appello, peraltro non adeguatamente censurata nel prospettare in modo generico il carattere solo formale della riorganizzazione, pone in evidenza come la intervenuta riorganizzazione aziendale riduceva i compiti del dirigente e dava luogo alla soppressione del posto di primario, con conseguente ricaduta sull’esercizio da parte del ricorrente di mansioni svolte in precedenza dal primario;

7. che con il quinto motivo di ricorso è dedotto il vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 2729 c.c..

Assume il ricorrente che la presunzione operata dalla Corte d’Appello relativamente al fatto che il modello organizzativo scelto dall’Azienda sarebbe il frutto della valutazione circa l’importanza delle strutture coinvolte, non avrebbe le caratteristiche volute dall’art. 2729 c.c. di gravità, precisione e concordanza, ed è contraddetto dalla soppressione solo nel 2000 del posto di primario;

7.1. che il motivo non è fondato. Va osservato (Cass., n. 10320 del 2017) che in tema di organizzazione dello Stato, nel rispetto e in attuazione del precetto di cui all’art. 97 Cost., il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 1, dispone che le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, l’individuazione degli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi deve avvenire, sulla base dei principi generali dettati dalla legge, ad opera di atti organizzativi di natura pubblicistica, normativi e non.

Nella specie, la Corte d’Appello, ha posto in evidenza come dalla trasformazione, mediante atti di organizzazione, da struttura complessa a struttura semplice, discendeva il venir meno delle funzioni di primario, delle quali veniva prospettato l’esercizio da parte del ricorrente.

Dunque, la ratio decidendi non si fonda su presunzioni ma sulla corretta sussunzione giuridica della fattispecie, atteso che la qualifica di primario spetta a chi assume la direzione di una struttura complessa nella specie venuta mano in ragione degli atti organizzativi la cui adozione è rimessa alla pubblica amministrazione;

8. che con il sesto motivo di ricorso è dedotto, in via subordinata, il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: la soppressione del posto di dirigente livello 2^ (ex primario) è dell’agosto 2000, e solo da tale data potrebbe aver effetto il ridimensionamento delle mansioni primariati svolte dal ricorrente;

8.1. che il motivo non è fondato. Correttamente il giudice di secondo grado ha affermato che il valore professionale a cui è collegato il livello retributivo, dipende in modo determinante anche dal modello organizzativo in riferimento al quale le mansioni vengono svolte.

In ragione anche della non applicabilità dell’art. 2103 c.c., dunque, il lavoratore non poteva continuare ad essere retribuito come primario se la posizione occupata dallo stesso era divenuta nel corso del rapporto quella propria di un dirigente medico di primo livello preposto ad una struttura semplice, inquadramento consono a quello suo proprio di appartenenza formale;

9. che il ricorso deve essere rigettato, le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi,- Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 27 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2017

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